La volpe del Delfinato

A parte gli appassionati di storia, quanti conoscono oggi il Duca di Lesdiguières, detto anche “la volpe del Delfinato”, o “il Corsaro delle Alpi”? Non crediamo molti. Eppure, François de Bonne de Lesdiguières, fu, per diversi anni, l’incubo peggiore di Carlo Emanuele I di Savoia.

Per capire l’importanza di questo personaggio, basta fare una capatina nella vicina città di Grenoble, dove troveremo ovunque vie, piazze, palazzi, e persino lo stadio, a lui intitolati. Ma, per chi non lo conosce, raccontiamo qualche cosa. Bisogna, innanzitutto, tornare al contesto storico, il Piemonte tra il ‘500 e il ‘600, confinante con una Francia in pieno caos, nel gorgo delle guerre religiose tra cattolici e protestanti, e della guerra civile per la successione al trono. A quei tempi, Carlo Emanuele I di Savoia, “Tèsta ‘d Feu”, famoso per la megalomania e le scelte avventate, pensò che avrebbe potuto approfittare cinicamente dei guai altrui, per il proprio tornaconto. Proclamandosi difensore dei cattolici contro gli ugonotti, oltre ad impadronirsi improvvisamente del Marchesato di Saluzzo (che Enrico II di Valois aveva annesso al suo reame nel 1549, dopo aver deposto l’ultimo marchese), invase la Provenza (arrivando fino a Marsiglia), ed entrò nel Delfinato.

Egli, sotto sotto, credeva che, in quel momento in cui gli aspiranti re lottavano tra loro, se avesse saputo giocare bene le sue carte dalla parte dei cattolici, e con l’appoggio militare della Spagna, avrebbe potuto diventare lui il re di Francia. Si era mosso abilmente, giungendo a farsi proclamare conte di Provenza dalla Lega Cattolica, ma le carte furono sparigliate da Enrico IV, che si convertì al cattolicesimo. Nonostante Carlo Emanuele avesse tentato di giustificare, davanti ai francesi, la sua azione sul Marchesato con il pretesto di impedire l’esportazione in Piemonte delle pericolose dottrine protestanti ad opera del capo del protestanti del Delfinato, François de Bonne de Lesdiguières, Enrico IV non apprezzò per nulla il suo comportamento e incaricò proprio il Lesdiguières di affrontarlo. Quest’ultimo (che, in gioventù, quando si trovava a Parigi per studiare, era divenuto amico di Enrico, quando questi era ancora Enrico di Navarra e non era ancora “le Vert Galant”) era un comandante militare fuori dal comune, amatissimo dai suoi soldati, maestro della guerra in montagna, che inflisse al Duca di Savoia una serie ininterrotta di rovesci militari.

Nato nel 1543, nelle Alte Alpi, figlio di un notaio, Lesdiguières era stato inviato appunto dal padre nella capitale, per compiere studi giuridici. Ma a Parigi, il suo temperamento, e la sua passione per le armi, presero il sopravvento: egli abbandonò gli studi ed entrò al servizio del barone Bertrand III Raimbault de Siriane, luogotenente generale del Delfinato. Di parte ugonotta, quando scoppiarono le guerre di religione, egli riuscì a scampare alla Notte di San Bartolomeo, e raggiunse le truppe del cugino Antoine Rambaud de Furmeyer, subentrandogli, alla morte, come capo delle milizie protestanti del Delfinato.

Lesdiguières, coraggioso ma anche molto abile, iniziò contro le truppe cattoliche un’ininterrotta guerriglia di logoramento, benché esse fossero molto superiori come numero e come armamento, impadronendosi via via delle città e delle fortezze in loro mano ai cattolici. Il Lesdiguières si rivelò un osso durissimo. Carlo Emanuele, assieme agli alleati spagnoli, entrò nel Delfinato e si diresse verso Grenoble, ma il 17 settembre 1591 il Lesdiguières, grazie alla superiore conoscenza del terreno e alla superiore mobilità delle sue truppe, gli inflisse una durissima sconfitta a Pontcharra, a una quarantina di chilometri da Grenoble. Visto l’andamento della guerra, Carlo Emanuele corse a Madrid per chiedere ulteriore aiuto al re di Spagna, ma al momento del ritorno, nel settembre 1592, il Lesdiguières, che aveva sbaragliato le ultime resistenze piemontesi in Provenza e in Savoia, era pronto a varcare il Monginevro. Carlo Emanuele allora iniziò, nel maggio 1593, una nuova campagna con l’aiuto di alcuni rinforzi spagnoli, ma il “Corsaro delle Alpi” impose al Duca una spossante battaglia di retroguardia, per sbarrare il passo all’invasione dell’intero ducato.

Oltre alla strategia nella guerra aperta, uno dei punti di forza del Lesdiguières erano i «chevaux légers», ossia delle pattuglie di incursori a cavallo che, instancabilmente, oltrepassavano la frontiera per compiere delle incursioni “corsare” nel territorio sabaudo, ed aprire altri fronti. Nel giugno 1593, Lesdiguières sconfisse a Salbertrand un contingente misto di truppe savoiarde, spagnole e napoletane che si erano impadronite il 23 maggio del Forte di Exilles, conquistato dal Lesdiguières stesso nel settembre del 1590 (nella battaglia perì anche il comandante spagnolo Rodrigue Alvarez de Toledo, che venne sepolto a Savoulx). In queste condizioni, fu tanto per Carlo Emanuele riuscire a recuperare (ottobre 1594) la piazza di Bricherasio e la rocca di Cavour, e ad ottenere infine nell’agosto 1595 una sospensione dei combattimenti, che egli sperava fosse il preludio di un accordo generale di pace. Come ultimo schiaffo, nel marzo del 1598 il Lesdiguières s’impadronì del Forte Barraux, che Carlo Emanuele I di Savoia stava facendo costruire da circa un anno per difendere l’ingresso in Savoia dal Gévaudan.

Comunque, nonostante la sospensione dei combattimenti, le questioni rimanevano irrisolte: Carlo Emanuele riteneva il Marchesato indispensabile, per avere una via di comunicazione naturale tra il Piemonte e la Contea di Nizza. Enrico IV offrì a Carlo Emanuele il Marchesato, in cambio della cessione della Bresse, che a quei tempi apparteneva ai Savoia. Carlo Emanuele chiese tre mesi di tempo per riflettere, ma in quei tre mesi, invece di riflettere, andò a chiedere l’aiuto degli spagnoli per attaccare la Francia. Passati i tre mesi, Carlo Emanuele rigettò l’offerta di Enrico IV, il quale invase immediatamente il Ducato di Savoia, prima ancora che arrivassero gli spagnoli in aiuto. La disparità di forze tra i due belligeranti era notevole ed a favore dei francesi.

I generali francesi, conquistarono immediatamente tutti i territori, accanto alla Borgogna, che i Savoia possedevano fin dal XIII secolo: come la Bresse, il Bugey e la contea di Gex. Il Lesdiguières, partito da Grenoble, nel medesimo giorno passò in serata l’Isère a Barraux, dirigendosi su Montmélian, che cadde il 16 agosto, conquistata dal genero del Lesdiguières, Carlo II di Créquy, mentre la cittadella fu posta sotto assedio e cadde ben tre mesi dopo. Il 21 agosto la città di Chambéry aprì le sue porte a re Enrico IV ed alle sue truppe comandate dal colonnello della guardia Louis Des Balbes de Berton de Crillon. Il 25 agosto il maresciallo Lesdiguières raggiunse Albertville ed iniziò l’assedio del castello di Conflans, posto a difesa della Tarantaise, alla confluenza fra l’Isère e l’Arc; la guarnigione si arrese due giorni dopo ed il 28 agosto si arresero anche i difensori del castello di Miolans. Il 10 settembre cadde anche il castello di Charbonnières, ad opera delle truppe del Créquy. Tra il 14 ed il 18 settembre il Lesdiguières completò la conquista della Savoia, arrivando a Saint-Jean-de-Maurienne.

Il 5 ottobre Enrico IV entrò trionfalmente ad Annecy. Tra il 7 e l’11 novembre un eterogeneo esercito savoiardo, forte di circa 20.000 uomini: 6000 piemontesi o savoiardi, 6000 italiani, 4000 spagnoli, 600 svizzeri e 50 compagnie di cavalleria formanti un corpo di 800 veterani e 4500 archibugieri a cavallo, attraversò dalla Valle d’Aosta il colle del Piccolo San Bernardo per entrare in Savoia ed attaccare i francesi nella Tarantaise. Iniziò una serie di combattimenti fra le avanguardie, disturbati dal cattivo tempo, portatore di nevicate. Il 16 novembre cadde in mano francese la cittadella di Montmélian. Insomma, la guerra in Savoia volgeva decisamente male, per Carlo Emanuele.

Enrico IV decise, che a questo punto, si dovesse portare l’attacco nel Marchesato. 1500 fanti e 200 cavalieri al comando del maresciallo d’Auriac entrarono nella valle Maira ed attaccarono la fortezza di Acceglio, che venne conquistata dopo un violento combattimento, e poi occuparono San Damiano Macra, Cartignano e Dronero. Qui invece, l’esercito ispano-sabaudo, al comando del marchese d’Este, contrastò vittoriosamente i francesi, e li costrinse alla ritirata al di là delle Alpi, anche perché rimasti privi di viveri. In Savoia, il 18 dicembre l’esercito savoiardo, a corto di viveri, si ritirò dopo aver perso 200 uomini e due avamposti. I francesi rioccuparono il territorio, ma furono bloccati dall’inverno: poiché, a quei tempi, in inverno (e con il maltempo) non si combatteva, le truppe si ritirarono su Montmelian ed Enrico IV rientrò a Parigi. Il 17 gennaio il trattato di Lione pose fine alla guerra, con Carlo Emanuele perdente e umiliato.

Ma, il Duca elaborò presto il lutto e, dopo qualche anno, cambiò bandiera: da nemico della Francia ed alleato della Spagna, divenne nemico della Spagna ed alleato della Francia. Infatti, tra Enrico IV e Carlo Emanuele venne stipulato, nel 1610, il segretissimo Trattato di Bruzolo, in base al quale Enrico IV avrebbe dovuto appoggiare, con il suo esercito, Carlo Emanuele, che sarebbe andato a conquistare il Ducato di Milano, allora in possesso della Corona di Spagna. Ma sapete, per colmo della beffa, chi si trovò di fronte Carlo Emanuele, al momento della firma del trattato, dall’altra parte del tavolo? Non Enrico IV, ma ancora una volta lui, il diabolico “renard du Dauphiné”, François de Bonne de Lesdiguières, questa volta nelle vesti di emissario del re di Francia.

 

 

 

Autore articolo: Paolo Benevelli

 

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