Le avventure di Luigi di Savoia

Navigatore, esploratore, scalatore, soldato, Luigi di Savoia ebbe come interesse costante nella sua vita viaggiare, conoscere, indagare. Nato in Spagna proprio quando suo padre Amedeo rinunciava a quel trono, a lunghe navigazioni alternò eccezionali imprese di alpinismo, si spinse in regioni vergini e combatté contro turchi ed austriaci, prima di legare la sua anima alla Somalia.

Fu fatto mozzo a sei anni, allievo onorario a dieci e poi effettivo nella Regia Accademia Navale di Livorno. Appena dodicenne era guardiamarina ed aveva partecipato a cinque campagne di navigazione, sulla fregata Vittorio Emanuele, e sull’Amerigo Vespucci aveva compiuto il suo primo periplo transoceanico. Nel 1892, incominciò a studiare l’alpinismo. Sentì forte il richiamo della montagna e salì sui fianchi del Monte Bianco, del Gran Paradiso, del Cervino, fino alle vette, superando l’orrore dei baratri. Dopo una nuova navigazione atlantica sulla Volturno. In settembre la nave fu inviata in Somalia per sedare dei disordini nella colonia e rimase a presidiare per un mese il porto di Mogadiscio, innamorandosi di quella terra a cui volle dedicare gli ultmi anni della sua vita. Nel 1894 tornò nei mari sconfinati sulla Cristoforo Colombo che compì la circumnavigazione del globo.

Il 31 luglio del 1897 pianto la bandiera italiana sul Sant’Elia, vetta, fino ad allora mai violata, dell’Alaska. Attirò l’attenzione del mondo. Erano accanto a lui, fin da quel giorno, compagni che gli furono sempre fedeli: Cagni, De Filippi, Gonella, Botta, Sella, Petigax, Croux, Pelissier e Maquignaz. Nell’estate 1898 scalò due delle cime delle Grandes Jorasses, che battezzò punta Margherita e punta Elena in onore, rispettivamente, della zia Margherita e della cognata Elena d’Orléans. Due anni dopo, insieme, salparono per il Polo Nord da Cristiania sulla Stella Polare, una vecchia baleniera norvegese. Fu un’impresa audace. La nave restò chiusa nelle strette del pack, la bufera la spinse contro enormi blocchi di ghiaccio che ne squarciarono il fianco ed il gruppo dovette svernare sotto la tenda approntate sulla banchisa deserta e patire il freddo polare. Luigi di Savoia conobbe il congelamento di una mano, ma non si fermò e la sua spedizione – con Cagni e Querini – raggiunse il grado più alto di latitudine che fosse stato fino ad allora toccato.

Nel 1901 tornò sui mari ed al comando della Liguria percorse quasi cinquantaquattromila miglia attraverso gli oceani e tagliando sei volte la linea dell’Equatore, risalendo nove fiumi e toccando centoquattordici porti, circumnavigando ancora il globo. Nel 1906 scalò il Ruwenzori e nel 1909 il K2. Quali fossero diventate le sue attitudini, la sua preparazione scientifica, quale la sua disciplina lo mostrò sul Vettor Pisani, nell’ambito della Guerra Italo-Turca, quando fu protagonista dello scontro della Preveza conclusosi con l’affondamento di due navi ottomane, la cattura di altre due e la messa in fuga nei Dardanelli delle unità superstiti. Giunse alla Grande Guerra confidando in uno scontro navale decisivo, in una Trafalgar che l’avrebbe visto come protagonista, invece gli austriaci restarono chiusi nei sicuri recessi delle loro sponde adriatiche. L’unica azione memorabile fu il salvataggio dell’esercito serbo. Poteva dirsi padrone del mare, ma, senza il combattimento sperato, il Duca d’Abruzzi rinunciò al suo incarico.

Dopo la vittoria, ormai cinquant’enne, condusse una prima missione tecnico-agricola in Somalia, vi tornò ancora e vi istituì la Società Agricola Italo-Somala ed un villaggio che prese il suo stesso nome, a circa novanta chilometri a nord di Mogadiscio. L’insediamento interessò tutte le sue energie. Vi si sperimentarono nuove tecniche di coltivazione e, in dieci anni di assiduo lavoro, una fiorente azienda sostituiva la boscaglia incolta. Nel 1926, la colonia comprendeva 16 villaggi, con 3.000 somali e 200 italiani, centocinquanta chilometri di strade e la ferrovia. La alimentavano le acque dello Uebi Scebeli, sfrut­tate con estesi lavori idrici e con una fitta rete di canali.

Lì in Africa risorgeva il suo carattere di esploratore. Dove nasceva l’Uebi Scebeli, il fiume che si snodava vicino al suo villaggio? Il Duca degli Abruzzi partì il 26 ottobre del 1928 con una nuova spedizione. Cento giorni di viaggio nel tremendo caldo somalo percorsi tutti fino alle sorgenti limpide del misterioso fiume. In quel lembo di terra che imparò ad amare e che lo rivide come esploratore e pioniere, volle vivere gli ultimi anni della sua esstenza. Si fece seppellire sulle sponde del fiume dell’Uebi Scebeli.

 

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

Fonte foto: dalla rete

Bibliografia: A. Tosti, Luigi di Savoia

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