Le Catacombe dei Santi Marcellino e Pietro

A partire dal III secolo d.C., la località “ad duas lauros”, cioè “tra i due allori”, fu utilizzata dai cristiani di Roma come luogo di sepoltura. Tale uso si avviò da più nuclei autonomi che nel tempo si espansero fino a fondersi. Sarebbero diventate le Catacombe dei Santi Marcellino e Pietro.

In quest’area, importantissima perchè prossima al cimitero degli “equites singulares Augusti”, corpo di cavalieri scelti per la protezione dell’imperatore, furono scavate lunghe gallerie nelle cui pareti si ricavarono loculi, talvolta ornati da un arco, e quindi dette arcosoli. Lungo i profondi corridoi si aprirono poi cubicoli, stanze sepolcrali riservate a famiglie, spesso decorate con preziosi affreschi.

La vastissima rete di gallerie sotterranee che ne nacque, si propaga su quattro livelli per un totale di ben 17 chilometri.

Dopo la vittoria su Massenzio, Costantino decretò lo scioglimento del corpo degli “equites” installando sul sito del loro cimitero un grandioso mausoleo eretto a sua madre, Santa Elena, cui si affiancava una piccola basilica oggi scomparsa. Il Mausoleo di Santa Elena è ancora oggi visibile proprio all’accesso alla catacombe.

Queste crebbero dunque per rinomanza ed ospitarono oltre 11.000 defunti ed i martiri degli imperatori Valenziano e Diocleziano, ovvero i santi Gorgonio, Tiburzio, i Quattro Coronati, i Trenta Martirti, i Quaranta Martiri, San Pietro esorcista e San Marcellino prete. Questi ultimi due santi dettero il nome alle catacombe.

Tra gli affreschi delle Catacombe dei Santi Marcellino e Pietro numerose sono le scene di banchetto raffiguranti le pratiche di refrigerium in memoria dei defunti. I due santi martiri invece sono rappresentati in uno dei più noti affreschi dell’arte cristiana, quello del Cubicolo dei Santi Eponimi. Nel soffitto di questo cubicolo appare raffigurato Cristo in tunica purpurea e seduto su un trono, affiancato dalle lettere apocalittiche alpha e omega e da San Pietro e San Paolo. Ai suoi piedi ci sono i martiri Pietro, Gorgonio, Marcellino e Tiburzio individuabili da didascalie. Le loro iconografie sono piuttosto generiche, vestono tunica e pallio e calzano sandali. San Tiburzio e San Gorgonio sono castani e imberbi, mentre San Pietro e San Marcellino hanno barba e capigliatura grigia.

Le più antiche notizie del loro martirio ci vengono da Papa Damaso. Un giudice aveva ordinato la loro uccisione in una selva affinchè i corpi rimanessero occultati, invece una devota matrona di nome Lucilla lì scoprì e li trasferì nella sua tomba. Eginardo, storico di Carlo Magno, ci tramanda poi che le loro reliquie sarebbero sate prelevate nel IX secolo e trasportate all’Abbazia di Seligenstadt in Germania.

La cripta in cui riposavano i martiri Pietro e Marcellino si presenta oggi in un aspetto spogllio di ornamenti. Essa è il risultato dei lavori di ampliamento voluti da Papa Damaso e poi da Papa Onorio I. ben visibile è il blocco di tufo nel quale furono scavati i due loculi sovrapposti che ospitarono i santi. Una grande iscrizione riporta: “O Marcellino del tuo sepolcro e insieme di Pietro / il carnefice parlò a me Damaso, quando ero fanciullo: / questi ordini gli diede il crudele tiranno, / di troncare a voi il collo in mezzo ai rovi / affinchè il vostro tumulo nessuno conoscere potesse. / Voi gioiosi con le vostre mani scavaste il sepolcro / raggiuanti di luce divina; e nascosti quindi giaceste nell’antro. / Poi, da voi santi avvertita, Lucilla / qui preferì le vostre santissime membra riporre”.

Dopo la traslazione delle reliquie dei martiri, le catacombe caddero nell’oblio mentre, più tardi, il Mausoleo di Santa Elena divenne “Torre Pignatara”, la torre di guardia che dà origine all’odierno toponimo romano. Fu riscoperta nel Cinquecento da Antonio Bosio, agente dell’Ordine di San Giovanni di Gerusalemme.

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

 

Bibliografia: R. Giuliani, Le Catacombe dei SS. Marcellino e Pietro

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