Le catacombe di Roma

Presentiamo ai nostri lettori una breve storia delle catacombe di Roma, centrali nella nascita dell’archeologia cristiana.

Durante il I secolo i cristiani di Roma non ebbero propri cimiteri. Le sepolture avvenivano in cimiteri comuni, accanto ai pagani. Così San Pietro fu sepolto nella necropoli del Colle Vaticano e San Paolo in quella di Via Ostiense. I cristiani che potevano disporre di proprietà private, invece, usarono farsi seppellire in tombe di famiglia. Fu solo dopo il II secolo che sepolcreti in fondi di famiglie nobili furono da costoro messi a disposizione dei cristiani più poveri. Ebbe così inizio lo scavo sotterraneo delle catacombe.

Cresciuto il numero dei cristiani, durante il III secolo la Chiesa di Roma venne in possesso di alcune catacombe, è il caso di quelle note col nome di Catacombe di San Callisto. Col pontefice San Fabiano, poi martire, Roma fu suddivisa in 7 regioni ecclesiastiche ed è probabile che ad ognuna di esse fu assegnata una catacomba.

Intorno al IV secolo, con Papa Damaso, si diffuse l’uso di innalzare chiese o piccole basiliche sulle tombe dei santi più venerati. Durante il suo pontificato, San Damaso provvide al restauro e all’esecuzione di numerosi lavori di ristrutturazione nelle catacombe romane. Per tale ragione, Pio XI, nel 1926, lo proclamò patrono dell’archeologia cristiana. Le catacombe divennero così dei veri e propri santuari dei martiri e numerosi pellegrini vi si recavano a visitarle. In molti erano quelli che chiedevano una sepoltura accanto alle tombe dei più noti santi.

Col sopraggiungere di tempi bui le cose cambiarono. Al principio del V secolo, infatti, il sacco di Alarico spinse i cristiani a fermare l’uso dello scavo. Si ripartì col seppellire i morti all’aperto. Caduto poi l’Impero, enormi danni, questi luoghi di sepoltura, li ricevettero dai Goti con l’assedio di Vitige (537-538), con l’assedio di Totila (545-546), egual cosa fecero anche i Longobardi con l’assedio di Astolgo del 735. Non potendo più assicurare alle catacombe un’adeguata difesa e non disponendo di risorse per il continuo restauro, i Papi avviarono nell’VIII secolo, il trasferimento delle reliquie dei martiri e dei santi all’interno della città.

Terminate le traslazioni dei corpi dei martiri, le catacombe furono definitivamente abbandonate e ci si dimenticò persino la loro ubicazione topografica. Dal Medioevo tutte le catacombe caddero nell’oblio.

Una prima riscoperta si ebbe con l’agostiniano Onofrio Panvinio che, nel 1568, elencò 43 cimiteri  poi con un archeologo di origine maltese, Antonio Bosio, che riuscì a rintracciare altre catacombe aggiungendo delle notizie ancora però estremamente confuse. Gli archeologi che lo seguirono caddero negli stessi errori, anzi, ignorando le traslazioni dei martiri, erano convinti che i corpi dei santi fossero ancora sepolti nelle catacombe e si lanciarono in identificazioni affrettate di sepolture. Migliaia di tombe furono aperte ed iniziarono a circolare false reliquie. Solo nell’Ottocento le cose cambiarono. Il gesuita Giuseppe Marchi avviò uno studio sistematico delle catacombe secondo precisi criteri valutativi; il suo allievo Giovanni Battista de Rossi riuscì a fare sensazionali scoperte e riordinò tutta la topografia di Antonio Bosio correggendone gli errori.

Pio IX, riconoscendo l’importanza di questi studi, fondò la Pontificia Commissione di Archeologia Sacra; il secolo dopo, nel 1925, Pio XI diede vita al Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana.

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

Bibiografia: L. Hertling, E. Kirschbaum, Le catacombe romane e i loro martiri

C. Pavia, Guida delle catacombe romane

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