L’elezione del Papa e le rivolte di Viterbo
Alla morte di Clemente IV, nel 1268, i Cardinali riuniti a Viterbo non si mostrarono affatto solerti nel designare il suo successore, potere che attribuiva loro una bolla di Papa Nicola II. Per indurli a procedere all’elezione d’un nuovo pontefice in tempi rapidi, giunsero in città Filippo, re di Francia, e Carlo, re di Napoli, ma a poco valse perché i Cardinali continuarono a trovare motivi di divisione.
La situazione degenerò gravemente quando, in una chiesa parrocchiale, durante la celebrazione eucaristica tenuta dal Vicario Generale dell’Imperatore in Toscana, Guido da Montefeltro, fu ucciso a colpi di spada Enrico, fratello di Edoardo, re d’Inghilterra. I gravi tumulti che seguirono fecero temere ai Cardinali per la propria incolumità e molti di essi pensarono di abbandonare la città.
Fu allora che il popolo di Viterbo, per accelerare la scelta del collegio elettorale, chiuse le porte cittadine. Consigliati da San Bonaventura e sotto la scorta del podestà Alberto di Montebono e del capitano delle milizie Ranieri Gatti, relegarono cum clave i Cardinali nel Palazzo Episcopale.
Neppure questo bastò a convincere gli ecclesiastici a superare le ragioni che li dividevano in fazioni in lotta ed i viterbesi giunsero addirittura a scoprire il tetto del Palazzo, riducendo gli elettori al freddo e lasciandoli letteralmente a pane e acqua. Così finalmente fu eletto papà Tebaldo Visconti di Piacenza, semplice Arcidiacono di Liegi che in quel tempo era in Siria. Il Sacro Collegio gli inviò il Decreto d’elezione ed egli prese il nome di Gregorio X.
Questa risulta ancora oggi essere stata la più lunga elezione nella storia della Chiesa, duro ben tre anni. L’inusitata lunghezza di questa elezione, ed i fatti ad essa connessi, spinsero il nuovo pontefice a pubblicare la Costituzione apostolica Ubi Periculum, con la quale venivano indicate le precise regole per l’elezione dei nuovi papi.
A Gregorio X seguirono Innocenzo V ed Adriano V, che morì ad appena 40 giorni dalla sua elezione, giusto in tempo però per dichiarare sospesa la bolla con cui Gregorio X aveva imposto la clausura dei Cardinali in tempo d’elezione pontificale. A Viterbo tornarono allora i disordini, i cittadini rinchiusero i Cardinali nel Palazzo Vescovile denunciando come fasulla la sospensione della bolla di Adriano V.
Sottoposto nuovamente a reclusione il corpo cardinalizio si affrettò allora ad eleggere il nuovo pontefice che fu il Cardinale Giovan Pietro Ispano di Lisbona il quale prese il nome di Giovanni XXI.
Anche il nuovo pontefice però revocò la clausura ed alla sua morte trascorsero ben sei mesi senza elezione. In scene già viste, i viterbesi usarono la forza rinchiudendo i Cardinali nel pretorio della città e costringendoli all’elezione del nuovo papa: Giovanni Gaetano Orsini che prese il nome di Niccolò III.
Ancora una volta però, alla morte del pontefice, si registrarono lentezze burocratiche e disordini. Carlo d’Angiò intervenne indirettamente nel conclave facendo imprigionare cardinali riottosi alle sue indicazioni e Simon de Brion, suo favorito, fu eletto pontefice col nome di Martino IV. Questi, per conferire piena legittimità giuridica alla sua elezione, scagliò l’interdetto sulla città di Viterbo punendola per i tumulti.
Il problema della durata del Conclave era di estrema delicatezza perchè la lungaggine delle tempistiche era al contempo risultato e ragione delle interferenze del mondo politico, di re e famiglie aristocratiche che mettevano in atto ogni sorta di stratagemma per influenzare l’esito delle votazioni.
Alla morte di Martino IV, il 28 marzo 1285, si ebbe forse l’elezione pontificia più rapida della storia della Chiesa, il 2 aprile di quell’anno, dopo appena cinque giorni. Era Onorio IV che però morì dopo due anni lasciando il soglio pontificio vacante per ben undici mesi prima che i Cardinali riuscissero a mettersi d’accordo ed eleggere Nicolo IV. La questione delle tempistiche restava dunque apertissima e per l’elezione del successivo pontefice ci vollero più di due anni, parliamo dell’elezione di Celestino V. Fu lui che ripristinò la costituzione ed il suo successore, Bonifacio VIII, la inserì integralmente nel Sesto libro del Codice di Diritto Canonico.
Autore articolo: Angelo D’Ambra
Fonte: Gaetano Caretini, Brevi Notizie della città illustre di Viterbo
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