L’esercito di Alfonso d’Aragona

Le cronache della conquista del Regno di Napoli ben documentano come Alfonso il Magnanimo guidasse personalmente il grosso delle operazioni militari.
Il suo esercito era organizzato in lance, l’unità tattica e di combattimento protagonista del tardomedioevo che raccoglieva, attorno al singolo uomo d’armi, il cavaliere con armamento pesante, servitori ed altri combattenti, balestrieri o cavalieri con armamento leggero. Si trattava dunque di eserciti di cavalleria con una presenza assai ridotta di fanteria, balestrieri e spingardieri.

La nota scultura dell’Arco Trionfale di Castel Nuovo mostra questi uomini con dovizia di particolari. Vi si ammira un tipo di armatura molto comune nel tardo medioevo, l’armatura a piastre. Gli esperti individuano questo modello come di provenienza milanese. A differenza delle armature gotica e francese, quella milanese aveva una diversa consistenza. Durante il processo di forgiatura il ferro veniva riscaldato e raffreddato in acqua più volte attraverso un procedimento che finiva col modificare la struttura per renderla più compatta e resistente. In questo modo i fabbri italiani potevano realizzare un’armatura meno pesante ma più solida, meglio adatta per un combattimento in agilità. Secondo le sculture di Castel Nuovo, i cavalieri di Alfonso d’Aragona, almeno quelli che ebbe al suo seguito a Napoli, indossavano queste armature.

Nella scultura si notano anche alcuni significativi particolari come la protezione al gomito sinistro, più larga di quella al gomito destro, ciò serviva forse per meglio utilizzare lo scudo, ma l’elemento più interessante è indubbiamente l’elmo. Non tutti l’hanno e quelli che si vedono sono di due tipi, uno aperto che non interferisce né con la vista né col respiro, forse più moderno, e l’altro chiuso, con una visiera pieghevole e proiettata verso l’esterno, quasi a punta, in modo da permettere una respirazione meno faticosa. Altro aspetto che spicca è che non tutti hanno una armatura coperta, anzi, molti non mostrano protezioni alle gambe. E ciò è facile da comprendere.

Questa scultura, in definitiva, documenta un momento cruciale dell’arte militare, il passaggio dalla cavalleria medioevale a quella rinascimentale, con la trasformazione delle armature stesse, come conseguenza della nascita di eserciti permanenti cioè mantenuti dai principi in pianta stabile. In questo contesto, garantire un armatura a tutti risultava al principe di turno eccessivamente costoso, così si iniziò a ridurre le componenti e scomparve, come prima cosa, proprio la protezione alle gambe.

I combattenti a cavallo dell’esercito di Alfonso V erano dunque prevalentemente di cavalleria pesante, mentre le truppe di fanteria compaiono, in ogni scenario, sempre in minoranza. La formazione di questi eserciti permanenti di cavalleria deriva anche dal legame stabile dei nobili, capitani o uomini d’arme, al loro re, quindi è a tutti gli effetti un elemento di modernità. Tuttavia, considerazione a parte meriterebbe l’indagine sui fattori della vittoria: se si pensa che in Italia l’esercito del Magnanimo era numericamente superiore solo a quelli dello Stato pontificio e di Firenze, e di gran lunga inferiore a quelli di Venezia e Milano, si intuisce come i fattori di successo della sua spedizione furono molteplici e non esclusivamente militari.

 

 

Autore articolo e foto: Angelo D’Ambra

Fonte: J. Serrano, Formación de un ejército permanente en el siglo XV: la caballería de Alfonso el Magnánimo

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