L’Indipendenza del Messico

L’indipendenza del Messico fu il culmine di un intricato processo storico, avvenuto ai primi dell’Ottocento.

La fase iniziale della Guerra d’Indipendenza del Messico corrisponde alla rivolta popolare guidata da Miguel Hidalgo.

Tra il 1810 ed il 1815, quando Napoleone Bonaparte governò la Spagna attraverso suo fratello Giuseppe, l’élite della Nuova Spagna percepì un forte disorientamento politico. Per alcuni – per lo più spagnoli, rappresentati dalla Real Audiencia de México – il potere in Nuova Spagna continuava a risiedere in Ferdinando VII, quindi la Nuova Spagna non doveva assorbire le riforme napoleoniche. Per gli altri – per lo più creoli rappresentati dall’Ayuntamiento di Città del Messico – la situazione era più complessa perché la natura del legame tra Spagna e Nuova Spagna era sì incarnata nel re ma in sua assenza risiedeva nel popolo. Questa tesi della sovranità popolare fu apertamente condannata dall’inquisitore Bernardo Prado y Obejero, ma raccolse i maggiori consensi in ambienti cittadini, creoli e borghesi imbevuti di istanze liberali e spesso coinvolti in logge massoniche. Il 19 luglio 1808, i membri dell’Ayuntamiento di Città del Messico proposero al viceré Iturrigaray la creazione di una giunta di governo che esercitasse la sovranità nella Nuova Spagna. Riscontrando l’interesse del vicerè alla proposta dei creoli, i suoi oppositori lo fecero arrestare. In risposta, esponenti della borghesia creola di Querétaro iniziarono a pianificare un colpo di stato (la conspirazione di Querétaro). Scoperti essi lanciarono una rivolta indipendentista guidata dal sacerdote creole Hidalgo. Gli eventi, conosciuti come il Grito de Dolores, ebbero come centro la città che porta proprio questo nome. Hidalgo durante una messa, nella domenica del 16 settembre del 1810, giorno celebrato ai nostri giorni come il Giorno dell’Indipendenza del Messico, in nome del re e della Vergine di Guadalupe, chiamò i fedeli alla lotta contro il nuovo viceré voluto dalla Real Audiencia de México accusandolo di progettare la vendita della Nuova Spagna ai francesi. Circa 50.000 persone marciarono su Città del Messico, presero la città di Guanajuato, vi consumarono una strage di possidenti spagnoli confiscandone le proprietà ed abolirono la leva per gli indigeni. Il 17 gennaio del 1811, però, presso il Ponte di Calderón, Hidalgo fu sconfitto dai realisti e giustiziato per altro tradimento. A quesa rivolta si unì quella di un altro sacerdote, José María Morelos, che si mosse nel Sud della Nuova Spagna, occupando Acapulco. Contava su di un esercito meglio organizzato e nel novembre del 1812 occupò Oaxaca, dove il generale Ignacio López Rayón scrisse gli Elementi costituzionali, il primo progetto di costituzione per la futura nazione messicana. Morelos proclamò l’indipendenza nel giugno del 1813, al Congresso di Anahuac, abolendo le caste e la schiavitù, ma dopo diverse battaglie vittoriose, fu fatto prigioniero nella Battaglia di Temalaca, processato e giustiziato nel 1815.

La seconda fase fu quella chiamata “Etapa de organización” perchè il movimento per l’indipendenza non solo portò avanti azioni militari ma si dotò anche di una strutturazione politica.

Nel 1815, la monarchia borbonica era tornata al potere in Spagna ma in Nuova Spagna i liberali continuarono a ribellarsi nonostante le amnistie del viceré Juan Ruiz de Apodaca, impugnando la richiesta di indipendenza con un numerosi piccoli eserciti sparsi nel paese senza un vero e proprio centro organizzatore. I rivoltosi erano contadini, comanche, apache lipiano, neri e meticci che però riuscirono a trovare simpatizzanti tra la classe media delle città, soprattutto avvocati che dettero un anima ideologica più marcata al movimento.

Uno dei più importanti eserciti fu quello dell’ex frate Servando Teresa de Mier, espulso dalla Nuova Spagna per aver sostenuto la bizzarra tesi che il cristianesimo esistesse in Mesoamerica prima degli spagnoli con Quetzalcoatl che in realtà sarebbe stato San Tommaso Apostolo. Questi tornò da Londra imbevuto di cultura liberale e massonica e, con l’appoggio dell’ufficiale spagnolo Francisco Xavier Mina e i finanziamenti ricevuti in Inghilterra e negli Stati Uniti, sbarcò a Soto la Marina, Tamaulipas, il 15 aprile del 1817, con quattrocento combattenti. Era la quarta fase, la “Etapa de Resistencia de la Independencia de México”. Tuttavia i sogni rivoluzionari si spensero con la rapida sconfitta dell’esercito di Mina sbaragliato dal maresciallo spagnolo Pascual Liñán. I rivoltosi occuparono Forte Sombrero il 4 agosto del 1817 e apparentemente sconfissero gli spagnoli, ma la lotta si riaccese ed il 15 agosto dovettero fuggire dal forte. Combatterono di nuovo contro a El Bajío e Los Altos de Jalisco, poi tornarono a rifugiarsi a Forte Sombrero dove furono tenuti sotto assedio per due mesi. Quando il forte fu conquistato dagli spagnoli, alcuni dei rivoltosi fuggirono ma furono attaccati al ranch El Venadito. Qui Mina fu catturato e poi fucilato l’11 novembre di quell’anno. Nel paese restava un unico vero esercito ribelle, quello di Vicente Guerrero, che più volte aveva rifiutato le offerte di grazia di Apodaca.

Nel biennio rivoluzionario 1820-1821, Ferdinando VII in Spagna concesse la costituzione, estesa dunque anche alle colonie. In Nuova Spagna ciò fece infuriare la chiesa e l’aristocrazia, anche per la perdita dei privilegi che il mutamento costituzionale comportava per loro. Così si apriva la quarta fase, la “Consumación”.

Si stima che oltre un milione di persone siano morte in Nuova Spagna dopo più di dieci anni di lotta, cioè un sesto della popolazione. Il regno oltretutto era alla bancarotta per le spese di guerra. Era diffusa una generale scontentezza anche nei ranghi dell’esercito per i bassi salari, nonchè gelosie per gli ufficiali spediti dalla Spagna. I settori conservatori della società tentarono di frenare il cambiamento costituzionale puntando su queste delicate condizioni sociali ed affidandosi al generale realista Agustín de Iturbide (la Conspiración de la Profesa organizzata dal prete Matías de Monteagudo). Mobilitato l’esercito, Iturbide marciò a Sud incontrando i liberali di Vicente Guerrero. Dopo alcune battaglie, i due raggiunsero un accordo firmando il Plan de Iguala che proclamava l’indipendenza della Nuova Spagna. L’ingegno di Iturbide riuscì così a concedere ai liberali l’agognata indipendenza e l’uguaglianza dei diritti, ma rimettendo i Borbone sul trono e lasciando intatta la confessionalità dello Stato. Fu Apodaca che invece si dichiarò fedele alla Spagna costituzionale ed inviò un esercito contro Iturbide e Guerrero. Le battaglie tra le due fazioni si conclusero con quella decisiva del 19 agosto del 1821 ad Azcapotzalco. Pochi giorni dopo, Iturbide si incontrò col generale spagnolo e costituzionalista Juan de O’Dojonú ed i due firmarono i Trattati di Córdoba con cui entrambi gli eserciti riconoscevano l’indipendenza dell’Impero messicano.

L’atto di indipendenza fu firmato a Città del Messico, il 28 settembre del 1821.

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

 

Bibliografia: A. Hernández Chávez, Storia del Messico; J. García Gómez, La Independencia de México; J. Zarate, La Guerra de Independencia; L. Villoro, La revolución de Independencia

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