L’Inquisizione Spagnola e gli interessi politici

I Re Cattolici, spronati dal domenicano Alonso de Hojeda che aveva scoperto che i conversos di Siviglia si riunivano clandestinamente per praticare i riti giudaici, chiesero a Roma di introdurre l’Inquisizione in Castiglia come già c’era in Aragona dal XIII secolo, affidata ai domenicani e dipendente direttamente dal pontefice. Fino ad allora, nel resto della Spagna, erano i vescovi e i loro tribunali ecclesiastici locali ad occuparsi dei crimini inerenti la fede. Così nacque l’Inquisizione Spagnola. Dietro certe pretese c’erano però degli interessi politici.

L’Inquisizione sarebbe dovuta servire a Ferdinando ed Isabella per rafforzare il loro potere ed, in effetti, con la bolla del 1° novembre 1478, il papa Sisto IV decise la nomina a inquisitori di due o tre ecclesiastici, ma attribuì ai sovrani di Aragona e Castiglia la loro nomina e destituzione.

Il 27 settembre 1480, a Medina del Campo, i domenicani Juan de San Martin e Miguel de Morillo furono nominati inquisitori e Juan Ruiz de Medina loro consigliere. Il mese dopo erano a Siviglia per combattere i conversos. Quello stesso anno i Re Cattolici, accanto ai consigli di Stato, Finanze, Castiglia ed Aragona, istituirono il Consiglio dell’Inquisizione, chiamto, dal 1483, Consejo de la Suprema y General Inquisicion.

Il 6 febbraio 1481 celebrarono il primo autodafé, atto di fede, durante il quale furono messe al rogo sei persone. Negli anni che seguirono furono nominati altri sette inquisitori, fra di essi il celebre Tomas de Torquemada, ed altri sedi di tribunali. Questi organismi erano un modo con cui la corona poteva reprimere le opposizioni ed anche il papa lo capì, così al 1482 risale una bolla in cui Sisto IV condannava la “sete di lucro” dell’Inquisizione, i giudizi sbrigativi e i maltrattamenti. Roma reclamò il controllo dell’istituzione da parte dei vescovi, ma Ferdinando riuscì a far ritornare il pontefice sulle proprie decisioni, ottenendo, il 17 ottobre 1483, ch tutta l’Inquisizione spagnola finisse sotto un’unica autorità, quella di Torquemada.

Non mancarono polemiche interne, quelle dei fueros d’Aragona, esautorati nei loro privilegi dal nuovo Inquisitore generale e quelle dei mercanti aragonesi che temevano una massiccia emigrazione dei conversos e dei loro soldi. Il centro di questa contestazione divenne Teruel che rifiutò l’ingresso a due inquisitori che dovevano istituirvi un tribunale. Ferdinando piegò la città al suo volere mobilitando le sue truppe. Era il febbraio dl 1485, il 15 settembre dello stesso anno, dei conversos assassinarono l’inquisitore Pedro Arbues de Epila nella cattedrale di Saragozza, mentre era inginocchiato davanti all’altare maggiore. Fu una mossa sbagliata. A quel punto anche i cristiani dei fueros e del commercio accettarono l’Inquisizione abbandonando i conversos.

Certe polemiche insorsero anche a Valencia. La città lamentò che gli inquisitori erano stranieri in virtù del fatto che i fueros prevedevano che solo i nativi della provincia potessero ricoprire incarichi pubblici e propose misure che si allontanavano da quelle consuete come l’annullamento della confisca automatica dei beni dei condannati, anche i brazos, gli ordini ecclesiastici si lamentarono perché la nuova istituzione avrebbe sottratto importanti rendite alla chiesa locale. I valenciani denunciarono i contrafueros commessi dal re che però insiste, ottenendo la sostituzione di Marcia Mercader, il vicario generale che si opponeva all’Inquisizione, facendolo sostituire con uno favorevole al Santo Uffizio e così il colpo di mano della corona ebbe luogo.

Morto Ferdinando, aragonesi, catalani e valenciani, coi conversos e poi anche le cortes di Castiglia, si appellarono a Leone X che ratificò le loro rivendicazioni, ma il nuovo sovrano, Carlo d’Asburgo, fece abortire a Roma la bolla in preparazione, sotto velate minacce.

La Suprema era, dunque, formalmente un tribunale ecclesiastico sottoposto all’autorità papale, ma in realtà Roma si vide togliere di mano ogni potere su di esso. A riprova di ciò si consideri il ruolo politico di molti degli inquisitori generali, per esempio Cisneros, Adriano di Utrecht, Diego Espinoza, Diego Sarmiento di Valladares, Larreategui… I consiglieri della Suprema, nominati dal re, si riunivano di mattina al lunedì, mercoledì e venerdì, mentre di pomeriggio al martedì, giovedì e sabato. Due membri del Consiglio di Castiglia assistevano regolarmente alle sessioni pomeridiane. C’era in effetti una palpabile identità tra stato e potere inquisitoriale.

Gli inquisitori elaboravano le istruzioni cui dovevano conformarsi i tribunali provinciali, per esempi con le cartas acordadas, controllavano le attività degli inquisitori provinciali, esaminavano i rapporti delle visite, giudicavano le cause in appello e spesso commutavano le pene di morte in pene detentive o ai lavori forzati a vita, arbitravano i casi di voto discorde e giudicavano i membri del Santo Uffizio riconosciuti colpevoli di delitti. Il potere della Suprema crebbe incessantemente fino al Settecento. I domenicani non vi ebbero mai una posizione predominante e, a parte Torquemada, pochi altri Grandi Inquisitori provenivano dall’Ordine dei Predicatori. In maggioranza gli inquisitori erano scelti tra i secolari, avevano spesso un eccellente formazione da giurista e sapevano che avrebbero un domani potuto sedere in uno dei Consigli di governo grazie all’esercizio momentaneo della carica inquisitoriale.

Intanto, dopo una prima fase di espansione dei tribunali, essi conobbero numerose soppressioni come conseguenza dell’estinzione dei giudeizzanti e continue ristrutturazioni dei distretti territoriali di competenza. La Castiglia, per esempio, nel 1495 contava sedici tribunali, ma alla morte di Isabella la Cattolica, nel 1504, ne contò sette. Nel 1513 un tribunale fu istituito anche a Napoli e nel 1520 in Galizia, ma in entrambi i luoghi la resistenza è tale che la corona fa retromarcia. La Galizia cedette nel 1572, Napoli mai.

Dalla valutazione dei dati ottenuti dai tribunali di Llerena, Logrono e Toledo risulta che i trequarti degli accusati erano uomini, ma in alcuni periodi la percentuale di donne incriminate crebbe, come dopo la rivolta dei moriscos di Granada, quando il 56% degli incriminati furono donne. Nel caso del crimine di bestemmia i coinvolti erano soprattutto uomini. Un quarto degli accusati apparteneva al ceto dei contadini, un altro quarto era costituito da artigiani e piccoli commercianti, l’8% da grandi commercianti e finanzieri, l’11% era formato dal clero.

In questi anni era centrale il “sistema delle visite”. Durante le visite gli inquisitori emettevano il grosso delle loro sentenze, tuttavia dal 1561 gli inquisitori in visita potevano occuparsi solo delle cause meno importanti, in modo da dare maggiore rilievo alla procedura rispetto all’azione immediata. D’altra parte questi spostamenti costavano e poteva accadere che una visita fruttasse meno di quanto era stato speso.

Dal regno di Filippo V però l’Inquisizione cambiò. Non sembrava più rispondere alle necessità della politica. L’introduzione del modello amministrativo francese tolse rilevanza agli ecclesiastici nei pubblici affari ed aprì lo Stato ad una generazione di letterati imbevuti di principi regalisti che non tardano ad attaccare l’istituzione, la quale a sua volta aveva poco da dire. Ormai erano scomparsi i criptogiudeizzanti ed i musulmani mal convertiti, superati i quietisti e i giansenisti, nessuna eresia spuntava più. Gli Inquisitori presero ad andare a caccia di idee e di libri, ma la corte non ci stava. Carlo III, autorizzata la pubblicazione a Napoli de L’Exposition de la doctrine chretienne di Mesegnuy, epurata da proposizioni gianseniste, se la vide condannare da Roma e quindi in Spagna da Manuel Quintano Bonifaz. Chiese all’Inquisitore generale la sospensione della condanna, ma ricevette un rifiuto, allora esiliò l’Inquisitore e pubblicò un rescritto che subordinava all’autorizzazione del sovrano la pubblicazione delle bolle e dei brevi pontifici, nonché degli editti dell’Inquisizione. Dopo una ritrattazione – Carlo che era comunque un uomo molto scrupoloso e religioso -, confermò la posizione assunta. La soppressione definitiva avvenne solo nel secolo successivo, ma ormai l’Inquisizione spagnola aveva cessato d’esistere.

 

 

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

Bibliografia: Bartolomé Bennassar, Storia dell’Inquisizione spagnola dal XV al XIX Secolo

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