L’integrazione degli ufficiali nizzardi e savoiardi nell’esercito francese

Il 24 marzo 1860 i territori di Nizza e Savoia passarono alla Francia. Ai militari fu permesso di divenire francesi, proseguendo la loro carriera nell’Armée Impériale, oppure di trasmigrare nel Regio Esercito. Costoro dovettero esternare la loro scelta tramite «une déclaration préalable faite à l’autorité compétente» ossia al Ministro dell’Interno o a quello della Guerra. Come avvenne «L’Intégration des Officiers Savoyards et Niçois dans les Armées Piémontaise, Française et Italienne»? Possiamo scoprirlo quasi per ogni singolo individuo. Basta compulsare i dossier sugli ufficiali e i loro Stati di Servizio e le loro “déclarations de nationalité” indirizzate nel 1860 ai rispettivi Ministri della Guerra nelle quali esponevano le motivazioni, per la loro scelta. Altri documenti sono, poi, conservati negli “Archives Départementales de Savoie, de Haute-Savoie et des Alpes-Maritimes”.

 

Paradossalmente, l’integrazione di questi ufficiali nell’esercito francese, fu più problematica rispetto a quella nell’esercito italiano («Si l’acculturation fut facile et rapide en Italie, la France impériale ne leur offrit qu’une carrière bouchée et un accueil marqué par la permanence de préjugés négatifs à leur encontre»). Eppure, questi ufficiali provenivano da un esercito che era stato riorganizzato proprio sul modello francese: l’artefice di ciò, era stato il Ministro della Guerra Alfonso Ferrero della Marmora che si era deciso a ciò dopo il trauma avuto con le pesanti sconfitte della Prima Guerra d’Indipendenza. Passando nell’esercito francese, questi ufficiali scoprirono che le carriere erano più lente, che si sarebbero dovuti adattare a un diverso spirito di corpo, e che spesso i superiori nutrivano per loro una bassissima considerazione.

Il generale Feray, ispettore generale di cavalleria, inseriva, tra il 1863 e il 1866, queste note pessime nel fascicolo personale di Charles Duverger, capo squadrone nel 1° reggimento corazzieri della Guardia Imperiale: «Caractère italien, vantard et présomptueux» ovvero “Ha il tipico carattere italiano, vanitoso e presuntuoso”, e «Cet officier n’est nullement militaire (…). Il s’est trompé de carrière» cioè “Questo ufficiale non è in alcun modo un soldato (…). Ha scelto la carriera sbagliata”. Continuava: «D’une obésité qui le rend peu propre au service de la cavalerie légère» vale a dire “È affetto da obesità, cio che lo rende inadatto al servizio nella cavalleria leggera”. Il povero Charles Duverger, che probabilmente malediceva la sua scelta, fu quindi posto in inattività per infermità temporanea nel 1867 e messo in pensione nel 1869 all’età di quarantanove anni.

Nei dieci anni successivi al 1860, sette tra i 109 ufficiali che avevano optato per la Francia abbandonarono l’esercito, dimettendosi volontariamente: quattro lo fecero subito, tra il 1860 e il 1862, due nel 1864 e uno resistette fino al 1866. Alcuni ufficiali savoiardi di origine nobile, lasciarono la professione delle armi dopo alcuni anni di servizio per rientrare nella vita civile, poiché questa era una consuetudine a quel tempo, negli ambienti aristocratici.

A volte un ricco matrimonio incoraggiò i più fortunati a rinunciare a una carriera militare che sembrava bloccata, come accadde a Charles de Nicod de Maugny de Neuvecelle, che sposò la ricca contessa russa Honorine de Komar. Ma non tutti furono così favoriti dalla sorte: spesso furono le cattive condizioni di servizio a indurre dei giovani ufficiali brillanti e promettenti a rinunciare alla carriera. Così accadde a Gabriel Costa de Beauregard, tenente di vascello sabaudo molto apprezzato dai suoi superiori, che si dimise il 4 novembre 1866, all’età di ventisette anni. Poiché i savoiardi avevano un forte sentimento identitario, essi sentirono molto nell’esercito d’Oltralpe la mancanza di una “Brigata Savoia”. Per assecondare, all’inizio tale sentimento, la Francia istituì il “103e Régiment de Ligne” che doveva accogliere soldati di origine savoiarda, ma tale reggimento venne sciolto il 15 gennaio 1862, dopo tredici mesi di esistenza. Si trattò di un’operazione unicamente di facciata: il governo imperiale cercò di annegare l’identità provinciale savoiarda in un’identità nazionale francese che livellasse i particolarismi regionali. Gli ufficiali savoiardi furono quindi sparsi praticamente in tutte le unità dell’esercito francese e inviati ai quattro angoli della Francia. Quanto alla progressione in carriera, mentre dei 493 ufficiali che optarono per l’Italia cinquantotto di essi (trentacinque di Savoia e ventitré di Nizza) divennero generali, dei 109 che optarono per la Francia soltanto tre (François Borson, Charles Goybet e Auguste de Ville) giunsero allo stesso livello.

Per i savoiardi che optarono per l’Italia l’assimilazione fu più facile. Vi furono alcuni problemi, all’inizio, per coloro che parlavano male o molto poco la lingua italiana, e si sentirono un po’ come dei pesci fuor d’acqua se trasferiti in regioni italiane nelle quali, a differenza del Piemonte, la lingua francese non era abituale. Per esempio Julie Dubois, moglie del capitano dei bersaglieri Louis Dubois, scriveva sconsolata al colonnello francese Eugène Saget: «Mon mari est officier, au service du Piémont dans un bataillon de Bersagliers, seul Savoyard et sur l’extrême frontière de Lombardie, éloigné de tout contact avec ses compatriotes et en but à des influences uniquement piémontaises». Ma, in generale, i savoiardi si integrarono facilmente nel nuovo esercito italiano, anche se l’obbligo di stabilirsi in una città italiana, comportò la rottura dei ponti con la loro terra d’origine. Carriere, trasferimenti e spostamenti di reggimenti dalle Alpi alla Sicilia, favorirono l’emergere o la conferma di una coscienza italiana tra questi ufficiali savoiardi e nizzardi. Per esempio, Pierre Orsat, savoiardo, nominato tenente il 15 aprile 1858, con base a Torino, divenne capitano nel 1859 nella 24a fanteria di stanza ad Alessandria, poi, nel 1860-1861, seguì il suo reggimento a Rimini, poi nell’Italia Meridionale, salendo la Penisola sino all’Emilia, stabilendosi a Faenza. Nel 1862 fu inviato a Genova, e successivamente a Pavia e infine a Brescia. In tre anni, Pierre Orsat percorse l’Italia da Nord a Sud, e da Est a Ovest.

Quando però venne offerta una scelta di destinazione, la maggior parte dei savoiardi preferì stabilirsi a Torino, mentre i nizzardi scelsero Genova. È da notare che alla fine del XIX secolo dei personaggi di origine savoiarda occupavano molti ruoli chiave nel Paese. Tre, i nomi più fomosi: Louis-Frédéric Ménabréa de Valdora (Generale, Deputato, Senatore, Ambasciatore nel Regno Unito, Ministro dei Lavori Pubblici, Ministro della Marina, Ministro degli Affari Esteri, Presidente del Consiglio dei Ministri), Louis Pelloux, (Generale, Deputato, Senatore , Ministro della Guerra, Ministro dell’Interno, Presidente del Consiglio dei Ministri), Simon-Antoine Pacoret de Saint-Bon (Ammiraglio, Deputato, Senatore, Ministro della Marina).

Un cenno deve essere fatto riguardo agli ufficiali nativi del “Mentonnais”, il territorio di Mentone. A quel tempo, Mentone (e la vicina Roccabruna, ossia Roquebrune-Cap-Martin) non erano parte della Contea di Nizza, ma appartenevano al Principato di Monaco: quindi, non rientravano nei territori ceduti da Vittorio Emanuele a Napoleone III con il Trattato di Torino. Tuttavia, nel 1847 era accaduto un fatto particolare: in quell’anno vi erano state, nelle due cittadine, delle violente sommosse popolari contro il Principe di Monaco che voleva colpire con pesantissime tasse l’esportazione dei limoni (frutto su cui le due cittadine basavano la loro economia). Il Principe di Monaco chiese al Regno di Sardegna di ristabilire l’ordine e ciò venne fatto dalle truppe sarde con le armi, rimanendo poi in loco. Nel marzo 1848, ritendendo la situazione ormai acquietata, l’esercito sardo si apprestava a ritornare in patria, quando Mentone e Roccabruna, sotto la guida del sindaco Carlo Trenca, si autoproclamarono “città libere” dichiarando decaduti i Grimaldi e issando il vessillo del Regno di Sardegna. Ciò comportò una situazione ambigua: l’esercito del Regno di Sardegna continuò a rimanere in quelle terre ed esse furono amministrate di fatto da Torino fino al 1860, per appartenendo giuridicamente al Principato. La situazione fu risolta nel 1860 da Napoleone III, che acquistò la proprietà di queste due città, pagando al Principe di Monaco un indennizzo di quattro milioni di franchi. Nel 1860, anche ai militari e agli ufficiali originari del “Mentonnais” venne offerta l’opzione tra Italia e Francia: in questo caso, tutti scelsero di entrare nell’esercito italiano, e nessuno optò per la Francia.

 

 

 

Autore articolo: Paolo Benevelli

 

 

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