Longobardi, altro che barbari!

L’idea dei longobardi come popolo di selvaggi e sporchi guerrieri, insensibili all’arte ed alla cultura, è sconfessata dall’indagine archeologica.

I reperti ermesi negli scavi di tutta Italia non lasciano più dubbi.

Le sontuose cinture con guarnizioni in metallo prezioso o ferro ageminato, caratteristico dell’abito longobardo maschile, si affiancano a quelle femminili, più leggere, chiuse da piccole fibbie in bronzo, talvolte decorate da motivi geometrici, da cui pendevano un borsa in cuoio con guarnizione metalliche o in avorio.

Degni di nota sono pure gli anelli matrimoniali a doppia losanga, produzioni d’argento e d’oro in cui non è rara la presenza di pietre, corniole incise, ametista, e le coppie di orecchini a forma di aquila e quelli con fibule a disco provenienti da Nocera Umbra e da Castel Trosino, nel Ducato di Spoleto.

Non mancano splendidi esempi di collane in paste vitree di uno o più colori, con grani di coralli, d’ambra, di cristallo di rocca e di altre pietre, non ultime anche monete d’oro coniate nelle zecche di Costantinopoli e Ravenna, montate entro raffinate cornici di fili attorti o filigranati ed appese mediante appiccicagnoli anch’essi finamente ricoperti di cerchietti filigranati.

Oltre al raffinato artigianato ed alla sontuosa gioielleria, nel regno longobardo si sitmò di primaria importanza l’arte, anche per l’affermazione e la gestione del potere. L’ideologia di corte si riflette, per esempio, nel Tempietto di Cividale del Friuli.

A Cividale, in provincia di Udine, nell’area dov’era situato il Palazzo del gastaldo, questo piccolo edificio a pianta rettangolare rifulge per le decorazioni in stucco che si conservano sulla parete d’accesso. In origine l’intera costruzione era decorata con un unico sistema di stucchi ed affreschi eseguiti insieme all’epoca della costruzione e suddivisi in due zone sovrapposte coi dipinti in basso ed in alto le grandi statue convergenti verso la finestra della parete d’accesso. Si trattava di una cappella palatina che fu eretta probabilmente da Astolfo, Duca del Friuli dal 744 al 749 e re dei Longobardi dal 749 al 756, e da sua moglie Giseltrude. Sullo sfondo di un cielo stellato s’ammirano sei sante vestite con l’antico mantello delle figure femminili romane. Sono impreziosite di gemme, ricami, pietre e richiamano gli stucchi della vicina Ravenna d’epoca tardo-antica. Sono figure coronate, d’ispirazione bizantina, con manti ricamati di medaglioni circolari e tempestati di pietre. E’ stato supposto che proprio dalla chiesa ravennate palatina di Teodorico, la nota Sant’Apollinare, sia stato desunto il modella decorativo del Tempietto di Cividale ed in effetti ciò appare altamente probabile.

Spicca poi il Battistero di Callisto, originariamente un ciborio sulla cui sommità corre un’iscrizione che ricorda la costruzione al tempo di re Liutprando da parte del patriarca Callisto. I capitelli, sicuramente ripresi da prototipi classici, e la decorazione degli archi con motivi di chiara ascendenza bizantina, le fuseruole, i tralci di vite annodati, la reccia, i pavoni, i grifi, non ripetono meccanicamente quanto visto, ma creano un atmosfera diversa, dal sapore fiabesco.

Questi capolavori di arte medievale comunicano una molteplicità delle influenze e dunque una chiara ricettività rispetto alle esperienze stilistiche della Penisola, ma anche grande sensibilità e qualità immediatamente espressiva, certamente in contrasto con la definizione di “popolo barbaro”.

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

 

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