Pirati dei mari orientali: Cheng Po Tsai in lotta per Macao
Intorno al 1809, la pirateria nelle acque del Guangdong divenne un enorme problema per gli affari portoghesi in Cina. La Flotta Bandiera Rossa, sotto la direzione del famigerato Cheng Po Tsai, noto ai portoghesi come Cam Pau Sai, luogotenente e compagno della vedova Cheng, la Regina dei Pirati, prese ad aggredire anche i navigli lusitani, probabilmente per costringere l’allora governatore di Macao, Lucas José de Alvarenga, a versare un tributo. I pirati minacciavano con le loro azioni di mandare in rovina la città e con essa i portoghesi. Fu necessario intervenire risolutamente.
Il delta del fiume delle Perle era zona rischiosa da tempo per le navi mercantili. Tante, troppe, erano finite assaltate dai pirati o costrette a versare loro pedaggi. Macao viveva del commercio marittimo, rinunciarvi avrebbe comportato la sua fine e compromesso al sicurezza nei mari della Cina meridionale. Così i portoghesi dovettero più volte intervenire contro i predoni del mare del Guangdong. Il 20 ottobre 1805, il capitano-tenente João Inácio Lopes, al comando del brigantino Princesa Carlota ottenne una brillante vittoria contro settanta giunche pirata. Il 29 novembre del 1805 il consiglio di Macao vietò l’acquisto di barche a due alberi, pena una multa di 400 tael. Le cose per un po’ sembrarono migliorare, poi gli attacchi dei pirati ripresero. Al principio del 1807 navi mercantili furono assaliti proprio di fronte alla città che guardò impotente. Il consiglio cittadino allora votò la costituzione di una piccola squadra. La fregata Ulisse (120 tonnellate e 28 pezzi di artiglieria), il brigantino Princesa Carlota (20 tonnellate e 14 pezzi d’artiglieria) e il lorcha Leão (5 pezzi d’artiglieria), lasciarono il porto sul finire d’aprile. A guidarli c’era il primo tenente Pereira Barreto. Il 6 maggio si scontrarono con una flotta composta da cinquanta giunche e, dopo un’ora di combattimento, le giunche fuggirono lasciando in azione solo la nave pirata ammiraglia (20 tonnellate e 300 uomini). Questa attaccò il brigantino, a bordo del quale c’era Pereira Barreto, ma la vittoria portoghese fu totale.
Al principio di settembre 1809, i pirati tornarono in azione: catturarono una nave mercantile portoghese proveniente da Timor Est, facendo strage del suo equipaggio. L’atto cruento era stato compito da Cheng Po Tsai, braccio destro della vedova Cheng, con la sua flotta di con un’armata di quasi settecento navi, tra giunche, battelli e altri legni più piccoli. Il fatto spinse il consiglio di Macao, organo deposto al governo della città, ad armare tre navi – il brigantino Princesa Carlota, con sedici pezzi d’artiglieria, il brigantino Belisário, con diciotto, e il lorcha Leão, con cinque – per punire i responsabili della strage, contrastare la pirateria e proteggere le navi mercantili portoghesi. La squadra, finanziata dal magistrato Miguel José de Arriaga Brum da Silveira, fu affidata al capitano d’artiglieria José Pinto Alcoforado de Azevedo e Sousa e ad essa si affiancò una fregata britannica ancorata in quelle acque. Gli inglesi, infatti, avevano stabilito una loro presenza militare in zona sin dall’anno precedente, come avevano fatto a Funchal e Goa, con la scusa di voler evitare che Macao potesse cadere nelle mani di Napoleone. Sarebbero andati via solo a dicembre, senza mai partecipare alle iniziative anti-pirateria.
Il 15 febbraio 1809, le suddette navi lasciarono Macao. La fregata inglese rimase all’ancora. Poco dopo Alcoforado entrò in contatto con circa duecento navi pirata. Lo scontro fu spaventoso. I portoghesi insistettero col fuoco di cannoni e fucili, mentre i pirati faticavano ad avvicinarsi e, dopo il tramonto, dovettero fuggire, sovrastati dalla potenza dell’artiglieria nemica. Si susseguirono una serie di scontri e in tutte le circostanze le forze portoghesi, sebbene sempre in svantaggio numerico ma superiori nella potenza di fuoco, uscirono vittoriosi.
Il 13 settembre, la Princesa Carlota, con a bordo Alcoforado, e il Belisário, comandato da José Félix dos Remédios, lasciarono Macao, a caccia della flotta pirata. I britannici, rimasero ancora in porto, mentre il Leão, comandato dal pilota Gonçalves Carocha, si mise sulla scia delle connazionali per fornire supporto nelle operazioni. Fu proprio questa nave ad essere subito attaccata da uno squadrone di giunche pirata. Forte della maggiore potenza di fuoco, che includeva fucili e moderni cannoni a canna rigata, se ne liberò. Il giorno seguente il Leão cadde in una imboscata e subì gravi perdite rischiando di finire abbordato. Dei trenta uomini dell’equipaggio ne sopravvissero solo otto, si ammutinarono e riportarono la nave a Macao. I membri dell’equipaggio furono banditi dal consiglio cittadino e Carocha riprese il suo posto tornando col Leão ad unirsi alla Princesa Carlota e al Belisário. Il 15 settembre, i portoghesi entrarono finalmente in contatto con grosso della flotta di Cheng Po Tsai, duecento giunche che si strinsero intorno a loro dando luogo ad un’aspro combattimento che si prolungò sino al tramonto, quando i pirati si dispersero sotto i colpi dei cannoni lusitani.
Il 23 novembre giunsero a Macao emissari del governo cinese che proposero ai portoghesi un’operazione congiunta per debellare la pirateria in quelle acque. I cinesi fornirono sessanta navi, i lusitani sei. Al Belisário ed al Princesa Carlota, si unirono i brigantini Conceição (al comando di Luís Carlos de Miranda, con 18 pezzi e 130 uomini) e São Miguel (al comando di Constantino José Lopes, con 16 pezzi e 100 uomini), il brigantino Indiana (al comando del guardiamarina Anacieto José da Silva, con 24 pezzi e 120 uomini), e la fregata Inconquistável (al comando di Alcoforado, con 26 pezzi e 160 uomini).
Il 29 novembre, la flotta portoghese partì per lo stretto di Humen, noto ai portoghesi come Boca do Tigre, per affiancarsi alle navi cinesi. I pirati, probabilmente informati del fatto, tentarono di intercettare i portoghesi e ne nacque un combattimento aspro, quello decisivo. Dopo le prime manovre, sempre respinti dalle artiglierie, i pirati si ritirarono. Più tardi ci riprovarono con un secondo attacco. Lo scontro durò circa nove ore e costò a Cheng Po Tsai l’affondamento di quindici giunche. Si ritirò, poi offrì ai nemici una pace separata, ma Alcoforado la rifiutò, non volendo tradire gli alleati cinesi. Il portoghese ropose invece ai pirati di accettare l’amnistia concessa dall’imperatore, proprio come aveva fatto una flotta pirata confederata, la Flotta Bandiera Nera. Pensando di tradire così la vedova Cheng, sua compagna, Cheng Po Tsai rifiutò. Così si concluse la Battaglia della Bocca della Tigre.
Il pirata finì nuovamente battuto il 21 gennaio, presso l’isola di Lantau. Nonostante contasse trecento navi, mostrò grosse difficoltà a manovrare attorno alla piccola flotta portoghese che invece poteva usufruire pure della maggiore precisione dei cannoni rigati. Il brigantino Conceição, ad un certo punto, si incagliò, rischiando d’essere abbordato. Liberato dall’intervento del Princesa Carlota, si riunì alla battaglia. Alcoforado pose fine alle speranze dei pirati quando fece affondare la grossa nave-pagoda che galleggiava al centro della flotta nemica. I pirati allora si ritirarono nel fiume Hiang San, poco profondo per essere attraversato dalle navi portoghesi che si accontentarono di bloccare la foce e intrappolare Cheng Po Tsai.
Dopo due settimane di blocco, i pirati si arresero. Alcoforado decise di salire a bordo di una piccola imbarcazione per incontrare personalmente Cheng Po Tsai bordo della sua nave ammiraglia, in mezzo all’intera flotta pirata. Il pirata rimase profondamente colpito e lusingato da quel gesto e accettò allora di sottomettersi all’autorità dell’imperatore cinese. A seguito di una serie di negoziati, mediati da Miguel José de Arriaga Brum da Silveira, Cheng Po Tsai rinunciò alla pirateria. Con un trattato riconobbe l’autorità imperiale e consegnò al governo duecentottanta barche, duemila pezzi di artiglieria e trentamila uomini. In cambio ottenne l’immunità per i suoi uomini ed il grado di ammiraglio delle forze navali cinesi. Si concluse così la carriera pirata di Cheng Po Tsai.
Tutto era iniziato a soli quindici anni quando era stato rapito da Cheng Yi. Il capo pirata l’aveva adottato. Alla morte di Yi aveva ereditato il suo regno pirata, s’era innamorato di sua moglie, insieme avevano guidato la Flotta Bandiera Rossa e fatto prosperare i guadagni della pirateria. Dopo l’amnistia si sposarono.
La vicenda del fiume Hiang San ha colpito il regista Ermanno Olmi che, nel suo poetico Cantando dietro i paraventi, fa pronunciare un vero e proprio manifesto della pirateria alla sua Cheng Yi Sao bloccata nel fiume: “Questa può essere la nostra ultima battaglia. In caso di sconfitta non ci sarà salvamento per alcuno. Ognuno di voi ha esercitato questo mestiere con perizia e vero coraggio e quasi tutti con fedeltà e lealtà. Tra non molto, nelle stanze del governo e delle pubbliche adunanze esulteranno per la nostra fine, addossandoci ogni sorta di infamia. E’ vero, noi abbiamo praticato il furto e il delitto ma sempre mostrandoci per quel che siamo, ladroni e assassini, ma che agiscono in scontro aperto, ogni giorno col rischio della morte e quindi con lealtà, da onesti fuorilegge. Altri invece, cosiddetti rispettabili cittadini, onorati e riveriti, praticano ruberie e abusi, al riparo di regole e privilegi che da sé medesimi si procurano. Ma non meravigliamoci di tali nefandezze, questi sono i sotterfugi di una falsa legalità”.
Autore articolo: Angelo D’Ambra
Fonte foto: dalla rete