Pirati dei mari orientali: Cheng Yi Sao, la Regina dei Pirati

Il nome Cheng Yi Sao non significa che “moglie di Cheng”. La conosciamo così. Suo marito la incontrò tra le prostitute di una delle cosiddette “barche dei fiori”, un bordello galleggiante di Macao, la sposò e le lasciò il suo impero criminale. Quando suo marito morì, da qualche parte al largo della costa del Vietnam nel 1807, la donna prese il suo posto e divenne la Regina dei Pirati fonte di ispirazione per le pellicole Cantando dietro i paraventi di Ermanno Olmi e Pirati dei Caraibi – Ai confini del mondo.
Forse nacque in qualche villaggio marinaro del Guangdong intorno al 1775, ma mancano documenti per potere affermarlo. Incontrò Cheng Yi quando già era un potente pirata a capo di una confederazione di centinaia di giunche e migliaia di uomini con base a Macao, capace di controllare i commerci dal Guangdong e in tutto il Mar Cinese Meridionale. Cheng Yi apparteneva a una famiglia di pirati le cui origini risalivano alla metà del diciassettesimo secolo, forse si innamorò della donna o forse concepì con lei un accordo di natura economica perchè i postriboli erano vere e proprie miniere d’oro e fonti di notizie militari, politiche e commerciali utilissime per un pirata. Rimasta vedova, l’ex prostituta capì perfettamente che molti di quei pirati non avrebbero mai accettato una donna come loro capo e allora, con astuzia, proclamò capo un ventenne di nome Chang Pao, che il marito aveva rapito e adottato. Non molto tempo dopo Cheng e Chang divennero amanti. Fu quello il modo in cui la donna potè vedere riconosciuto il suo status, consolidata la sua autorità e governare liberamente quegli uomini efferati e assetati di bottini.

Nella confederazione si contavano donne e persino bambini, medici e fabbri. Era una forza formidabile, non solo militare, capace di intaccare gli interessi non solo della dinastia Qing, ma anche dell’Impero britannico e del Portogallo. La vedova Cheng usufruì del sostegno dei membri più potenti della famiglia di suo marito, anzitutto di suo nipote Ching Pao Yang e del figlio di suo cugino Ching Ch’i, per schiacciare i capitani rivali e assicurarsi la lealtà degli altri.

Cheng diede ai suoi pirati delle leggi scritte, un codice preciso che affrontava le tematiche della distribuzione del bottino, del rispetto per i superiori, del comportamento durante la battaglia e gli abbordaggi e sorprende riscontrare anche delle pene capitali per la mancata denuncia di una infrazione, per il rifiuto di attuare un ordine e per lo stupro di donne prigioniere. È interessante notare che, se pure fosse stato appurato che la prigioniera aveva acconsentito al sesso, il pirata sarebbe stato decapitato comunque e e la donna sarebbe stata lanciata in mare con un peso legato alle gambe.  I pirati firmarono un patto di confederazione per imporre l’ordine alle loro ciurme, poi divisero la loro forza in sei flotte, ciascuna associata al colore della bandiera che sventola. Cheng capeggiò personalmente la Flotta Rossa ma manteneva una certa misura di controllo sulle altre cinque flotte per assicurarsi che non litigassero tra loro o calpestassero le acque d’azione dell’altro.

Nel gennaio 1808, il governo cinese cercò invano di distruggere la sua flotta in feroci battaglie in serie. Cheng Yi Sao mandò a picco diverse navi, di molte se ne impossessò e al governo non restò che utilizzare delle navi da pesca per condurre la sua, ormai spenta, battaglia.

La confederazione piratesca prosperò e stabilì l’egemonia su molti villaggi costieri, in alcuni casi persino imponendo una sorta di potere amministrativo sugli insediamenti. Godette soprattutto di denaro estorto a città, manifatture e navi in cambio di protezione o meglio per non subire attacchi. Così, nel 1809, il commercio del sale era praticamente nelle mani della Regina dei Pirati. Le sue navi scortavano le giunche di sale ovunque andassero. Quell’anno la Flotta Rossa catturò sette marinai britannici a bordo della Marquis of Ely, nave della Compagnia britannica delle Indie Orientali, tra cui l’ufficiale Richard Glasspole, che documentò le sue esperienze durante la sua lunga prigionia. Nello stesso periodo però la marina portoghese batté i pirati di nella Battaglia della Bocca della Tigre e Cheng capì che il suo regno pirata non sarebbe durato per sempre…

L’anno fu convocata dal governo cinese che non ebbe altra soluzione che giungere a patti coi pirati. Si convenne che nessun bottino sarebbe stato restituito dai pirati e la totale amnistia per ciascuno di essi. Centocinquantamila e più pirati si rifecero una vita, oltre millecinquecento giunche furono consegnate al controllo di Pechino. Solo sessanta pirati, non accettando l’amnistia, furono banditi, altri centocinquanta furono esiliati. Molti dei capitani di Cheng furono pure accolti in seno della Marina, mentre Chang ottenne un impiego governativo. Non molto tempo dopo lui e Cheng si sposarono con lo stesso governatore come testimone di nozze.

La Regina dei Pirati prese la sua fortuna e la investì in un bordello e in una casa da gioco a Guangzhou, dove morì intorno al 1844, all’età di 69 anni.

 

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

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