Prospero Colonna sorpreso e catturato dal Baiardo

Francesco I, radunato il suo esercito, riprese i progetti dei suoi predecessori e calò in Italia. Seimila svizzeri furono assoldati dal duca di Milano per impedirgli ogni avanzata in Lombardia. Al loro comando fu posto Prospero Colonna, che già aveva affiancato Carlo VIII nel 1494 per poi passare agli spagnoli sotto le insegne di Consalvo de Cordoba, il Gran Capitano. Il Colonna si portò in Piemonte, nell’area di Susa e Pinerolo, credendo che per questi valichi potessero passare i francesi, invece il maresciallo Giangiacomo Trivulzio ed il cavalier Boiardo si spinsero per un’altra inaspettata via, quella del colle dell’Argentiera, nelle basse Alpi sopra Vinadio, sorprendendo il Colonna. Scrive il Giovio

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Mentre passavano di quel modo le artiglierie pel colle dell’Argentiera, il più degli uomini d’arme e dei fanti camminavano pei gioghi della Dragoniera e della Rocca Perotta, preceduti dal cavaliere Baiardo, che, sdegnoso di maggiori comandi, col solo grado di capitano si era acquistata fama e riverenza invidiata dai principi. Ora entrato appena in Piemonte, concepì egli nell’animo una arditissima fazione. Sapendo che stavano alloggiate in Carmagnola 500 lancie della compagnia di Prospero Colonna, e che esse vivevano senza ombra di timore, s’avvisò di uscire a furia da Savigliano colle squadre a cavallo dell’Imbercourt, dell’Aubigny e del Chabannes, sorprendere quella terra, e svaligiarvi e farvi prigioniero chi vi era dentro. Nè al disegno fu meno pronta l’esecuzione per parte dei cavalieri francesi, nei quali si conservavano tuttavia alcune vestigia delle antiche instituzioni feudali e cavalleresche, e della corrispondente indipendenza e alacrità individuale, cui poscia una più accurata disciplina ristrinse e riunì attorno al servigio del principe.

Aveva Prospero Colonna avuto certo avviso dell’arrivo del Baiardo, ma non già di quello degli altri di lui compagni; sicchè più volte scherzando cogli amici si era vantato di pigliarlo, come tordo in gabbia; e in fatti prendeva nelle sue cose quella sicurtà, che in paese amico e difeso sovrabbondantemente gli pareva poter prendere. Con questa disposizione di animo si partì adunque sul tardi da Carmagnola per raggiungere il campo generale degli Svizzeri presso Pinerolo. Giunto a Villafranca, fece alto per refiziarsi e sentir messa. Mentre si recava alla chiesa, taluno gli disse che i nemici avevano in gran numero passato i monti, ed egli motteggiando rispondeva, che non si era ancora veduto gente armata volare sopra le Alpi. Udita la messa, siccome di nuovo gli esploratori gli riferivano che i Francesi erano vicini, chiamò uno dei suoi gentiluomini, e gli impose di scorrere con una ventina di cavalli due o tre miglia sopra la strada di Carmagnola. Ciò fatto ordinò al trombetto di suonare la partenza, tostochè avesse pranzato.

A un miglio e mezzo dalle porte, gli scorridori del Colonna scopersero da lontano i Francesi, che, avendo trovata Carmagnola vuota di gente, con grande ifmpeto venivano verso Villafranca. Tosto quelli si rivolsero addietro; ma con non minore celerità si scagliano alle loro spalle gli arcieri a cavallo dell’Imbercourt, che li raggiungono, e insieme confusi, Italiani e Francesi, precipitansi dentro Villafranca. Dietro l’Imbercourt, gridando Francia Francia, galoppava Baiardo seguitato dall’Aubigny e dal Chabannes, i quali a prima giunta oppressero le guardie stordite e disarmate. Quindi senz’altro ostacolo trassero alla casa ove era alloggiato Prospero Colonna.

Vi arrivarono quando già, sbarrate le porte, e disposti i famigli, questi si preparava a difendersi virilmente. Ma troppo presto fu a sopraggiungervi il cavaliere Baiardo, il quale, avendo rotte le porte, e scalate le finestre, inondò le camere di armati, e gli comandò di arrendersi.

Prospero gli chiese chi egli fosse; avendo inteso che egli era Baiardo, e che con lui si trovava il fiore della nobiltà francese; «volentieri a voi mi arrendo», esclamò, e rimase prigione. La innocente terra insieme con tutte le soldatesche che vi erano dentro, andò a bottino: il Colonna, tra suppellettili, vasellame e danaro spiccio, vi perdette meglio di cinquantamila scudi.

Aveva il cavaliere Baiardo grande capriccio in sui lunghi ragionamenti. Un di volle far toccare con mano al Colonna suo prigioniero, ch’egli doveva ringraziare il cielo della propria cattività; stantechè lo liberava dalla certa morte e sconfitta, a cui senza fallo sarebbe andato incontro nel corso della guerra. «Ben io mi avrei volentieri pigliato codesta briga» rispose fra i denti il condottiero romano. Per l’opposito un’altra volta nel discorrerne col Triulzio, essendo sfuggito di bocca al Colonna, che l’infortunio succedutogli a Villafranca poteva accadere a qualsiasi. «A voi sì, a me no» soggiunse un po’ bruscamente il maresciallo, solito ad avere di se stesso ben altri concetti.

 

 

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