Ravenna capitale dell’Impero Romano d’Occidente

Teodosio riorganizzò l’amministrazione dell’Impero con la suddivisione del territorio in due partes affidate ai suoi due figli, Onorio e Arcadio. Da quel momento Ravenna assurse a sede della corte imperiale d’Occidente. La decisione, che comportò un cambiamento radicale delle sorti della città, fu il punto di arrivo di un processo che aveva preso avvio nella seconda metà del III secolo e che aveva portato al lento abbandono del concetto di Roma come sede imperiale.

Alla fine del I secolo a.C. l’Imperatore Augusto aveva deciso di stanzare a Ravenna una flotta permanente. Una città sino ad allora in ombra divenne di punto in bianco una importantissima base militare romana. Priva di collegamenti al mare, Ravenna vide sorgere due canali artificiali che la mettevano in comunicazione con l’Adriatico e lo scalo portuale. In seguito da qui si diramarono nuovi colelgamenti sino alla laguna di Venezia ed al sistema portuale di Aquilea. In breve tempo la flotta romana, la Classis Ravennatis, riuscì a navigare ininterrottamente in acque tranquille e a regime costante da Ravenna sino ad Aquilea, per oltre duecentocinquanta chilometri. Questa flotta era costitutia da circa duecento imbarcazioni dislocate lungo tre chilometri di banchine di attracco e diecimila soldati, detti classiari, vi lavoravano. Nonostante questa improvvisa crescita di rilevanza politica e strategica, in pochi avrebbero detto che Ravenna sarebbe un giorno divenuta capitale. Accadde nel 402, quando l’Imperatore Onorio, figlio di Teodosio, trasferì la corte da una Mediolanum divenuta troppo esposta agli attacchi barbarici. Ravenna, città più difendibile e proiettata sul mare, visse in questi anni un momento di grande splendore.

Probabilmente il trasferimento a Ravenna era stato inizialmente pensato come una scelta momentanea dovuta al contingente problema delle pressioni al germaniche al confine nord orientale, invece la corte visse in città sin alla caduta dell’Impero romano d’Occidente. Nella iniziale scelta aveva concorso l’opinione del magister militum Stilicone che aveva fermato Alarico a Pollenza proprio nel 402. Morto Stilicone, Alarico riprese i suoi progetti e invase nuovamente l’Italia giungendo ad assediare Roma due volte, la prima lasciandola solo dopo il pagamento di un forte riscatto, la seconda saccheggiandola. La corte restò salva a Ravenna, impossibile da espugnare, ma Alarico pensò di catturare la sorellastra dell’imperatore, Galla Placidia che poi Ataulfo, suo successore, sposò accordandosi con Onorio per abbandonare l’Italia. Segutì un periodo di relativa pace e nel 416 il generale Costanzo III riuscì ad ottenere la restituzione di Galla Placidia e la sposò nel 1417, dopo l’uccisione di Ataulfo. Il dominio di Onorio era però assai debole, l’imperatore si sentiva minacciato da ogni parte ed, alla morte di Costanzo, accusò persino Galla Placidia di tradimento e la indusse a chiedere asilo alla corte d’Oriente. Solo alla morte di Onorio, nel 423 d.C., la donna potè rientrare a Roma, supportata dall’Imperatore d’Oriente Teodosio II, e farsi accettare  con il titolo di Augusta, in qualità di reggente come madre di Valentiniano, contro il pretendente Giovanni Primicerio. E’ a lei che si devono i grandi monumenti ravennati di quest’epoca.

Uno di quelli più noti è il Mausoleo di Galla Placidia che ella volle per sè, per il marito Costanzo III, generale patrizio, e per il fratellastro Onorio. Un piccolo edificio, con pianta a croce latina e cupola nastoca da tiburio, raccoglie i loro tre sepolcri e presenta un’infinita ricchezza interna. Le pareti sono rivestite di marmi, la cupola, le lunette, le volte e gl archi sono coperti di mosaici, brillante esempio di arte paleocristiana. Risalta la plasticità dei corpi ed un senso di profondità che supera la bidimensionalità degli esempi bizantini. La cupola è dominata dalla croce in una volta stellata su fondo blu, ricoperta di stelle dorate di grandezza decrescente che rappresenzanto il cielo notturno. Nella lunetta si distingue il martirio di San Lorenzo, sopra la porta d’accesso è posta una raffigurazione del Buon Pastore, nella volta stellata appaiono gli apostoli e tra di loro coppie di colombe. Nelle due lunette del transetto vi è il riferimento al Salmo 42: “Come la cerva assetata anela ai corsi d’acqua, anche io vado in cerca di te, mio Dio”. Nella prima vi è una pozza d’acqua e giovani cerbiatti e germogli, nella seconda, opposta, vi è dell’acqua piatta e gelata con cerbiatti divenuti cervi adulti e i germogli che si son fatti foglie e grappoli.

Il mausoleo costituiva un’appendice monumentale della scomparsa Chiesa di Santa Croce, ma oggi è incluso nel recinto della Basilica di San Vitale, isolato dal 1602.

Galla Placidia, chiamata in Italia dalla Spagna dove aveva sposato il re visigoto Ataulfo, avesse una solida fede religiosa. Nè è testimonianza il mausoleo ma anche una serie di oltre cento pievi cristiane fatte erigere lì dove prima c’erano templi pagani. Un gesto con cui l’Augusta volle rimarcare la sconfitta dei culti pagani ed il trionfo del cristianesimo divenuto religione di stato sotto suo padre Teodosio, nel 380.

A quest’epoca risale pure il Battistero Neoniano, nome che ci riporta al vescovo Neone che, nella seconda metà del V secolo, fece decorare la cupola dell’edificio con gli splendidi mosaici che ancora oggi ammirmiamo. Il battistero, forse già ninfeo romano, fu voluto dal vescovo Orso nel V secolo. Sotto gli ootto grandi archi delle finestre stanno edicole di stucco con figure di profeti. La vasca battesimale è un rifacimento dell’originale di cui non resta che il piccolo ambone. C’è ancora un vaso marmoreo, forse già usato nelle purificazioni nunziali pagane. La pianta è ottagionale come la figura geometrica che si genera dall’intersezione di due quadrati simboli del cosmo terreno e ultraterreno. Il battistero era dunque concepito come il luogo d’incontro, la porta di congiunzione, tra due dimensioni cosmiche. La cupola invita in una spirale di ascesa con al centro il battesimo di Cristo. Gesù è affiancato da Giovanni Battista e da una personificazione del fiume Giordano. Tutt’attorno c’è un corteo composto dagli apostoli che incedono con vesti dalle fogge alternate, chi ha tunica bianca e mantelli d’oro segue chi ha tunica dorata e mantello bianco. Un dettaglio di grande eleganza è la striscia di tessere dorate sotto i sandali che dà l’idea di levitazione. Il registro successivo mostra una scena del Giudizio Universale con i quattro altari che ospitano i quattro Vangeli e i quattro troni divini, uno per ogni punto cardinale. Accanto agli altari vi sono otto sedie vuote che indicano l’infinità dei posti disponibili in paradiso.

All’età di Valentiniano III risalgono anche le mura romane e le fondamenta delle porte cittadine. Sono uno dei rari esempi in Italia di un tracciato murario tardoantico. L’imperatore ne fece ampliare il percorso nel 410 a.C. inglobando nella città quello che è l’intero odierno centro storico di Ravenna.

Molto interessante è pure la Chiesa di San Giovanni Evangelista, la più antica della città, edificata attorno al 425 per volontà di Galla Placidia, dopo il suo ritorno da Costantinopoli al seguito delle armate orientali comandate da Aspar e che avevano deposto Giovanni Primicerio. L’edificio è a pianta longitudinale, suddiviso in tre navate da due filari di colonne e terminante con un’abside poligonale affiancata da due ambienti laterali quadrangolari. Fu costruita come ex voto da Galla Placidia per lo scampato naufragio di lei e della sua famiglia, durante il viaggio che riconduceva l’Augusta e il futuro Valentiniano III a Ravenna. L’elemento più interessante che si conserva è il portale gotico in cui compare Galla Placidia che si prostra ai piedi di San Giovanni Evangelista che l’avrebbe protetta dalla tempesta in mare durante la traversata.

 

 

 

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

Bibliografia: P. Novara e A. Luparini, Storia di Ravenna

historiaregni

Historia Regni è un portale telematico dedicato alla storia, anzitutto quella italiana. Nasce su iniziativa di Angelo D’Ambra, è senza scopo di lucro e si avvale di collaborazioni gratuite. Le foto presenti sono state, in parte, prese da internet e quindi valutate di pubblico dominio. Se gli autori avessero qualcosa in contrario alla pubblicazione, non avranno che da segnalarlo al nostro indirizzo email info@historiaregni.it e si provvederà alla rimozione.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *