San Lorenzo da Brindisi alla Battaglia di Albareale

Carlo di Vicecones, testimone oculare della Battaglia di Albareale, così annotò della partecipazione di San Lorenzo da Brindisi: “Il Padre non indossava l’armatura e nemmeno si difendeva, ma con il suo semplice abito da cappuccino e una Croce in mano si muoveva dappertutto, esercitando il suo uffizio senza paura. La città di Belgrado fu facilmente e felicemente conquistata, ma poco dopo sopraggiunse l’esercito turco, attaccando con grande impeto. Padre Brindisi correva da una parte all’altra, incoraggiando sempre. E non solo in privato, ma predicava a voce alta, ci esortava a rimanere saldi, a non cedere terreno, annunciando che la vittoria sarebbe stata nostra”.

Il frate nacque il 22 luglio del 1559 e fu battezzato con un nome importante: Giulio Cesare. Del dittatore serbò il carattere forte e guerresco, ma volse altrove le sue energie, divenendo, in un epoca di cui sentì tutta l’inquietudine, un ardente difensore del cattolicesimo.

San Lorenzo da Brindisi, si mosse nelle corti rinascimentali agitate da vizio e ingegno, dalle eresie luterane, dalla paura del bellicoso islam. Fin dalla tenera età gli si attribuiscono miracoli, segni prodigiosi ed un’anima pia che crebbe nelle virtù sotto la tutela dei frati del convento francescano di San Paolo Eremita, cui fu posto all’età di quattro anni. Studiò le Scritture, mostrandò una eccellente memoria e grandi dote oratorie. I frati si riunivano per ascolare quel bambino e non di rado lo invitavano a predicare nei Capitoli del convento. Così lo conobbe l’Arcivescovo Francesco Alcander che si vestì da francescano per ascoltare la saggezza del fanciullo senza intimorirlo con la porpora. Al termine della predica, corse ad abbracciare il piccolo, lo benedì e gli conferì la libertà di predicare in tutta l’arcidiocesi e sul pulpito della cattedrale brindisina. Ai sermoni di quel piccolo, che già brillava per vocazioni, accorrevano soprattutto bambini, ma anche molti adulti che furono portati ad una sincera conversione. Coi frati stette sino all’età di quattordici anni, poi si spostò a Venezia per continuare gli studi, intensificò i suoi studi, le opere di pietà, le penitenze con l’obbiettivo di entrare nell’Ordine Francescano e ci riuscì. Fu ammesso al noviziato a Verona, il 18 febbraio del 1575, giorno in cui ricevette l’abito e il nome che l’avrebbe reso celebre alla Chiesa. L’anno dopo fece la professione dei voti e, consigliato dai frati, fu inviato a Padova per studiare filosofia e abbracciare quindi la vita sacerdotale. Nel 1582 ricevette l’ordinazione presbiterale e poco dopo divenne professore di teologia. Venti anni dopo sarebbe divenuto anche superiore generale. Le sue doti oratorie, la sua devozione e delle guarigioni particolari gli valsero, ancora in vita, il nome di “Padre santo” con cui era chiamato dai fedeli. Una volta spirato, il processo di canonizzazione esaminò ben novantasette miracoli operati in vita, tuttavia la maggior gloria di San Lorenzo furono le predicazioni in difesa del cattolicesimo. Ovunque andasse, ovunque si trovasse, predicò con zelo, viaggiando a piedi e convertendo in tutta Europa, godendo dell’appoggio del Papa e dei principi per lottare contro i turchi.

Nella battaglia di Albareale, nel 1601, scrisse Don Ambrogio di Firenze, il frate brindisino mostrò coraggio e ardimento, si mise alla testa delle avanguardie chiamando ad una incessante lotta. Il suo cavallo, lo condusse tra i turchi e non fu ucciso solo perchè il suo cavallo lo protesse girando su se stesso e saltando, sfuggendo alle scimitarre. Allora accorsero in suo aiuto due ufficiali, i maestri di campo Altain e Rosburgh, che allontanarono i turchi ed invitarono il frate ad abbandonare il campo di battaglia per non correre altri rischi, ma San Lorenzo rispose: “Questo è il mio posto! Andiamo avanti sino alla Vittoria!”. Fu un grande esempio di temerarietà che il frate diede all’esercito cristiano. Quattro giorni di battaglia in cui il frate, con la sua croce, precedeva l’esercito, benediceva quei combattenti e li incitava a resistere. I soldati di fede protestante che dal principio lo ingiuriavano chiamandolo Monaco Lupo, furono esterefatti da tanto coraggio e finirono con l’apprezzarlo, chiedendo benedizioni e baciando la croce che San Lorenzo teneva tra le mani contro il nemico. Molti di loro, alla fine, si convertirono al cattolicesimo. Non mancano racconti di prodigi avvenuti in battaglia: il santo restò illeso ad un colpo di cannone, una pallottola gli si fermò tra i capelli, il colpo di una scimitarra lo lasciò illeso, altre pallottole si fermavano davanti a lui mentre faceva il segno della croce.

 

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

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