Terme Euganee

Si può dire che lo sfruttamento a scopo terapeutico delle sorgenti termali che circondano i Colli Euganei è antico quasi quanto l’uomo. I primi ad usufruire delle cure termali, o almeno ad aver lasciato un segno tangibile del loro utilizzo, sono stati i paleoveneti.

Estremamente frequentato era il “Lago Sacro”, in quello che è il moderno comune di Montegrotto. Si trattava di un laghetto alimentato da sorgenti calde consacrato al dio “Aponus”, situato dove nel 2021 si trova il Resort Terme Preistoriche. L’area attualmente è completamente urbanizzata rendendo quindi impossibile uno studio accurato, però alcuni saggi eseguiti negli Anni Cinquanta del secolo scorso, in occasione della piantumazione di alcuni alberi, hanno mostrato una concentrazione di reperti che ha dell’incredibile. Erano ex-voto in bronzo raffiguranti parti del corpo umano, mani, piedi, braccia, per cui si chiedeva, o si era ottenuta, la guarigione, frammisti ad un numero enorme di vasi in terracotta. La concentrazione dei reperti consente di ipotizzare che il laghetto sia stato, letteralmente, interrato nei secoli a causa delle offerte dei fedeli.

La frequentazione del sito termale continuò anche dopo l’assorbimento dei paleoveneti nella Repubblica Romana, anzi le proprietà curative delle acque furono particolarmente apprezzate dalle élites centro-italiche. L’integrazione della popolazione locale nel sistema del Diritto Romano causò però una modifica nel modo in cui si usufruiva delle terme, non più bagni all’aria aperta ma in vasche marmoree, all’interno di edifici in muratura appositamente costruiti.

Vennero quindi realizzati un complesso termale, un sistema di captazione delle acque con apposite tubature, un teatro ed una serie di edifici destinati ad ospitare la prestigiosa clientela tra cui un palazzo destinato ad accogliere l’imperatore, situato sulla collinetta dove oggi si trova la chiesa di Montegrotto.

Visitate da Tiberio le “Aquæ Patavinæ” vennero descritte, tra gli altri, da Plinio, Tito Livio, Plutarco, Marziale, Apollinare e Claudiano, quest’ultimo al seguito dell’Imperatore Onorio giunto a Padova nel 397 d.c.. La crisi del V secolo coinvolse anche il complesso termale e solo con la conquista dell’Italia da parte degli ostrogoti di Teodorico si ebbe un inversione di tendenza. Teodorico stesso visitò le Terme Aponensi e, colpito dallo stato di abbandono in cui si trovavano gli edifici, da ordine diede ordine a Cassiodoro, suo Magister Officiorum, di incaricare l’architetto patavino Aloisio di provvedere ad un restauro generale.

Aloisio riuscì a ripristinare l’antico splendore delle terme, tanto che queste tornarono ad essere visitate dai membri delle élites economiche e culturali di inizio VI secolo. Tra questi ricordiamo il Vescovo di Pavia Magno Felice Ennodio che, recatosi alle Terme di Abano per curare una malattia agli occhi, cantò il complesso termale nel suo poema “Aponus”.

Purtroppo questa “seconda giovinezza” delle Terme di Abano fù di breve durata, le devastazioni della Guerra Gotica prima e dell’invasione longobarda poi, causarono lo spopolamento della zona e la scomparsa dai documenti storici prima del complesso termale, e poi della stessa Patavium.

Si dovette aspettare fino al XI secolo per veder citato nuovamente nei documenti il nome di Abano, e comunque in un contesto che esula dalle cure termali, ed addirittura fino al 1236, relativo però ai bagni della vicina Santa Elena, per vedere un riferimento ai “balnea”.

Del 1328 è la notizia di un “Hospedaletto di Abano a S. Maria di Montaon”, all’incirca dove si trova l’attuale Parco del Montirone, che sfruttava le sorgenti calde affioranti in un piccolo rilievo di travertino. Le acque delle sorgenti erano utilizzate anche per il funzionamento di un mulino a coppedello e l’aspetto del centro termale ci è noto grazie ad un incisione del padovano Francesco Bertelli.
Datata alla prima metà del XVII secolo è, secondo il Semenzato, la copia di un disegno cinquecentesco e mostra le sorgenti termali sul Montirone, la grande vasca comune dove i malati si bagnavano nelle acque, la grande ruota del mulino a coppedello ed un edificio di servizio denominato “Osteria”. Le notevoli dimensioni di questo, insieme alla presenza di quattro camini, fanno pensare ad una struttura edificata non solo a fini ristorativi ed anche alberghieri.

La seconda metà del XVIII secolo rappresenta l’avvio del turismo termale in senso moderno, con la costruzione dei Bagni Orologio, tuttora esistenti col nome di Grand Hotel Orologio, struttura che con vari ampliamenti nel 1847 era dotata di 87 camere ad uso degli ospiti, cifra interessante persino nel XXI secolo.

Da qui in poi non è più storia, ma cronaca. Accenniamo solo alla sistemazione, ad inizio Novecento, del Montirone in Parco Termale con un meraviglioso ingresso neoclassico realizzato dove, nel secolo precedente, si trovavano i “Bagni Nuovi Todeschini”. Nessuno degli edifici che circondavano il Montirone è arrivato fino ai giorni nostri, dove si trovava il Mulino oggi insiste l’Hotel Ariston Molino Buja, l’Alloggio Todeschini ha ceduto il posto all’Hotel Savoia, l’Alloggio Cortesi al Palace Meggiorato, i Bagni Polcastro al Due Torri.

La zona termale nella seconda metà del XX secolo ha conosciuto uno sviluppo incredibile, che ha avuto anche una conseguenza negativa per l’intero comprensorio termale. Cinquanta anni fa il quantitativo sempre maggiore di acqua termale attinta dalle strutture alberghiere ha superato la capacità naturale di ricarica del bacino. Nel 2021 gli alberghi pompano in superficie l’acqua da oltre 500 metri di profondità, e questo ha comportato la scomparsa di alcune sorgenti termali minori, tra cui le stesse del Montirone, quelle Della Vergine a Monteortone e quella Solforosa Raineriana alla Costa d’Arquà.

 

 

 

 

 

 

 

Autore articolo: Enrico Pizzo, classe ’74, residente sui Colli Euganei. Appassionato di storia veneta e storia dei sistemi monetari preunitari.

Bibliografia: Angela Ruta Serafini et alii, “Este preromana: una città e i suoi santuari”; Camillo Semenzato, “Padova illustrata”; Francesco Selmin et alii, “I Colli Euganei”; Giacomo Foscarini, “Guida alle Terme Euganee”

Enrico Pizzo

Enrico Pizzo, classe ’74, residente sui Colli Euganei. Appassionato di storia veneta e storia dei sistemi monetari preunitari.

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