Tiburzio Spannocchi, Ingegnere Maggiore dei Regni di Spagna

L’ingegnere senese Tiburzio Spannocchi, distintosi al seguito di Marcantonio Colonna, viceré di Sicilia, e poi alla corte di Filippo II che creò per lui il titolo di Ingegnere Maggiore dei Regni di Spagna, fu il fondatore, nel 1582, dell’Accademia di matematica e architettura militare e realizzò i piani di fortificazione di Cadice, Cartagena de Indias e di La Coruna e la costruzione della cittadella di Jaca. La sua vita è di seguito ricostruita da Carlo Promis nella sua biografia degli ingegneri militari italiani dal secolo XIV alla metà del XVIII.

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Tiburzio di Bianca di Daddo Nicolucci e di Luca dell’antica nobilissima famiglia degli Spannocchi nacque in Siena patria de’suoi maggiori l’anno 1541 il giorno 18 ottobre. Nella infanzia ed adolescenza studiò in Siena musica, poesia , ed il disegno e la pittura sotto Bartolomeo Neroni detto il Riccio, architetto e pittore non ignobile di quella città, e la geometria da Taddeo Monterchio che la professava in quella università circa il 1562. Giovinetto fu in Roma, prima col cardinal Dolfino, poi con quello di Trento Ludovico Madruzzo, ed essendosi fatto conoscere versato nelle fortificazioni, ed essendosi stipulata nel maggio del 1571 la lega contro il Turco dal Papa, e dai Veneziani e Spagnuoli, MarcAntonio Colonna generale dell’armala Pontificia lo richiese al Madruzzo ed ebbelo, e con sè lo portò a quella guerra. Primo saggio di sua ardita intelligenza fu il parere dato ai tre generali della flotta d’incendiare a man salva la flotta Turca ancorata nel porto di Modone, il qual fatto che avrebbe evitati i rischi di Lepanto e prodotto frutti eguali, non fu eseguito per invidia de’ primi fra i Cristiani, ma non molto dissimilmente noi la vedemmo effettuata ai giorni nostri a Navarino da altri tre alleati Cristiani sopra i vascelli del Pascià d’Egitto. Quindi nell’ottobre del 1571 combattè alla immortal battaglia di Lepanto: poi, più d’appresso servendo il Colonna distese lo scritto col quale questi scolpossi dalle accuse imputategli da Giannandrea Doria nel 1570. Quindi il Colonna, visitando il regno di Napoli collo Spannocchi, aveva i suoi pareri come migliori di quelli degli altri ingegneri, al dire del Politi « e particolarmente nelle fortezze di Brindisi e di Taranto, delle quali oltre alle piante disegnate da esso con accuratissima diligenza, fece far modelli naturalissimi che si mandarono in Ispagna» .
Perciò il Vicere di Napoli instava per aver seco lo Spannocchi , ma questi non volle mai lasciare il Colonna, sinchè nel gennaio del 1577 fu eletto Vicerè di Sicilia, ed egli accompagnollo in quell’isola, ove ristaurò le fortificazioni di Girgenti e levata la carta della Sicilia intiera, fu dal Colonna mandata al Re. Il quale già prima ne aveva lodati i disegni e le dimostrazioni annesse, e talmente se ne dilettava che, fissati con bullettine d’oro, per averli sempre sott’occhio, tenevali nella sua più segreta galleria accanto all’alcova della camera ove dormiva : visti poi i disegni di Sicilia, lo volle alla sua corte, ed avutolo lo fece suo gentiluomo di camera, col carico di visitare e fortificare le principali città di Spagna, epperciò due volte recossi in Catalogna, nel regno di Valenza ed in Cartagena e Cadice le di cui fortificazioni per natura, per arte e per l’inutile assedio messovi nel secolo nostro dai Francesi sono celeberrime, avvegnachè altre aggiunte vi abbia fatte circa il 1725 un certo Renaud ingegnere francese ai servigi di Spagna: co’suoi disegni furon pure condotte le celebri fortificazioni di Fontarabia nella Guiposcoa. Nel 1580-81 accompagnò il Re alla conquista del Portogallo, e quando il Re determinò nel 1582 di mandare alla presa delle Terzeire il Marchese di S. Croce, questi che nella guerra di Lepanto aveva conosciuto lo Spannocchi alla presa di Navarino, volle averlo con sè e lo fece venire da Pamplona, la qual città egli stava allora fortificando: giunto in Lisbona , d’onde doveva salpare la flotta Spagnuola, ei propose che per ogni occorrenza fossero spalmate a dovere alcune galee, qual cosa fu per economia rifiutata dal Consiglio: ed essendosi, come narra il Politi, incontrate poscia le galee Spagnuole con quelle del pretendente D. Antonio, questi sfuggì, ed allora, ma invano, fece veder l’ingegnere come con 4 sole galee spalmate egli sarebbe stato preso. Fatto membro del Consiglio (Supremo di Castiglia) diede in iscritto un suo parere sul modo da tenersi per conquistar l’isola Terzeira capitale delle altre, le quali ne avrebbero seguita la fortuna. Imbarcatosi poscia nel 1583 col S. Croce, il giorno 24 luglio furono a vista della Terzeira, e lo Spannocchi disceso in battello fu a riconoscere il luogo dello sbarco, che fu dalla parte di Capo S. Sebastiano e dove egli vide che un punto solo era per natura agevole (essendo il rimanente di monte roccioso), quantunque fosse difeso dalle artiglierie di un fortino fatto e presidiato dai Francesi; allora egli osservò che queste erano · drizzate a botta di nave, cioè colle bocche abbassate , ed essendo state per suo consiglio rimorchiate a terra le galee, disse che neppur un soldato sarebbesi perduto nello sbarco; e così fu, poichè per proteggerlo fece alzare a capo alle antenne delle galee altrettanti burchietti forati, dentrovi 12 0 15 archibugieri, i quali battendo dall’alto e dal coperto, uccisero o fugarono gli artiglieri della balteria , ai quali nulla giovarono i loro pezzi su carretti fissi senza poter alzare il grado d’inclinazione già prima fermato all’orizzonte alle coperte delle galee. E veramente altro ostacolo non trovarono gli Spagnuoli, che quello di una banda di Francesi e Portoghesi dentro terra che invano sforzossi di respingerli alle navi: ed il Politi avverte che dell’autore di sì facile impresa per mero livore.
Tacquero gli storici , e specialmente uno Spagnuolo che scrisse la storia di 16 anni del regno di Filippo II, avvegnachè, com’ei dice, da molti particolari vedasi che aveva letto, il discorso dello Spannocchi. Ma il Re, al messo che portògli la notizia della vittoria, altro non rispose che chieder nuove del S. Croce e dello Spannocchi. Tornato in lspagna nei tumulti dell’Aragona fece il castello di Saragozza , riducendo in fortezza il palazzo dell’inquisizione con tali comodi e munimenti che vi può stare il Re con tutta la corte, ed avanti alla porta fece sul fosso un ponte levatoio di suo ingegno, nel quale senza esser vista alcuna catena, un fante nascosto in una stanzetta nella grossezza del muro lo alza con prestezza che sfugge alla vista, e con tant’impeto si unisce alla porta da schiacciar chi le fosse incontro, quindi con eguale agevolezza si abbassa. Visitò poscia la Guiposcoa, ove fabbricò dai fondamenti la fortezza reale di Xacca, con 12 o 14 altri appiedi de’ Pirenei, le quali nè dal Politi, né da M.or Spannocchi non sono enumerate. Nel qual tempo Filippo II sforzollo ad accettare il carico delle Libranzas che davasi ai Vicerè, ossia degli ordini per riscuotere danaro od altro. Procacciò gran giovamento alla città di Siviglia, riparando alle inondazioni che pativa dal Guadalquivir. Nel 1588, quando il Re determinò di mandare all’impresa d’Inghilterra la famosa armata, gliene scrisse di sua mano ed amò seguirne i consigli. Della qual impresa (di amaro esito per lo Spannocchi, che vi perdette Mario fratello suo, ingegnere esso pure, come pure degli arginamenti fatti a Siviglia egli distese e pose a stampa due discorsi. Nel 1598 Filippo III successo al padre gli confermò il posto di Soprintendente delle fortificazioni di tutti i suoi regni, volendolo subordinato solamente al Re ed al Supremo Consiglio.
Negli ultimi anni di vita sua pensò a mandare in luce i suoi scritti di varia materia, ma specialmente di guerra e di fortificazione, e ne volle far onore alla patria, procacciando che fossero stampati in Toscana: per la qual cosa egli scriveva da Vagliadolid (10 maggio 1604) al fratello suo Orazio in questi termini: « Provedete così o in Fiorenza chi vi serva di stampatori : e perchè con detti discorsi vi vanno implicati alcuni disegni, che converria mandarli cortar in rame con bolino o acqua forte, pro» curate un buon cortatore, animandolo a servirvi bene, perchè se mi contenta l’opera, tengo gran macchina di cose per intagliare; et perchè quà non si trova chi serva bene, sarà bene intagliar costi o in Fiorenza, dove più vi piacerà, ecc ». In due altre, date l’anno stesso e dalla stessa città, mette in considerazione al fratello la grave età di 63 anni che già trovasi addosso, e lo avverte che manderà ancora altri disegni. Creato Paolo V nel 1605, amò lo Spannocchi di poter vedere un pontefice d’una illustre casata di Siena, e chiese al suo Re 4 mesi di tempo onde portarsi in Roma a baciargli i piedi: gli fu risposto che neppur quattro giorni gli sa. rebber concessi, ed intanto per addolcirlo fu ancora migliorata la sua condizione. Il 26 febbraio dell’ultimo anno di vita sua scriveva ai fratelli avvertendoli che avrebbe loro mandato nuovi manoscritti da essere stampati, e poichè teme che, trovandosi tra stranieri, alla morte sua non abbia qualcuno a farsi bello delle sue fatiche, perciò manderà loro copia d’ogni cosa sua. Nè dopo questa, fu più ricevuta dai fratelli altra sua lettera: e sul fine dell’anno stesso, cioè il 4 novembre del 1606, egli venne a morte in Madrid in età di 65 anni, e fu sepolto nella chiesa de’ Cherici Minori. Poco dopo, da Silvio fratello suo, gli fu innalzata nel capitolo di S. Domenico di Siena questa iscrizione onoraria fra le altre della stessa famiglia.

TIBURTIUS EQUES HIEROSOLYMITANUS PRIMUM A PHILIPPO II
PRUDENTISSIMO AC MAXIMO
MOX A PHILIPPO III QUA HISPAN . PATET IMPER.
ARCIBUS MUNIENDIS PRÆFECTUS
SICILIÆ HISPANIARUMQUE ORAS LUSTRAVIT
MUNIVITQUE
DESCISCENTES IN OCEANO OCCIDUO TERTIARIÆ EIUS VIRTUTE
CONSILIOQUE RECEPTÆ INSULA
TANTOS REGES NULLA QUÆSTUS CUPIDINE COLUIT A . XL
VIXIT ANN. LXV.D. XVII.
OBIIT MANTUE HISPAN. PRID. NON, NOV. ANNO S , MDCVI

Tutto zelo guerriero verso la religione, lo Spannocchi si fece cavaliere gerosolimitano. Sollecito quant’altri mai del servizio del Re fu visto vendere il suo onde i lavori commessigli fossero più prontamente effettuati. Familiarissimo di Filippo II non curossi punto di aumentare la sua fortuna, com’è stile de cortigiani che servono per arricchire, essendo egli contento a ciò che il Re tutto a lui riferisse delle fortificazioni che faceva innalzare, e che quanto egli ordinava tutto fosse eseguito senza cambiamento. Dal Gran Maestro di Malta , al quale era obbligato per l’abito, e da altri Principi fu più volte richiesto di voler visitare le loro fortezze, ma il Re non lo lasciò mai sortir di Spagna, ed in pegno di amicizia quell’orgoglioso Monarca usava scrivergli di propria mano e seguirne i consigli, singolarmente nell’impresa d’Inghilterra, ed allorchè lo fece suo ingegner maggiore, volle a quel grado andassero aggiunti in favore dello Spannocchi non ordinari auinenti di provvisione, onori e grazie. Una volta ebbe pensiero di tornare in Italia, ma con gagliarde ragioni ne fu dissuaso dal fratello Orazio: : e del credito che godeva in Madrid, ove soggiornava nel 1591 si ha testimonianza nel Memoriale di Simone Genga riferito all’articolo di questo ingegnere, nè so perchè Fabio Genga scrivesse ch’egli non avesse mai fondato un baluardo, mentre le succitate opere pare a me che provino il contrario. Oltre ai tanti disegni e scritti lasciati aggiunge il Politi che « fece molti altri discorsi in diverse occasioni, de’ quali alcuni pochi si conservano appresso i suoi: ma molt’altri scritti appartenenti alle fortificazioni et al buon governo degli stati; e ad altre cose di simil genere, sono male andati e perduti con publico danno, perchè essendo egli morto senza nissuno appresso di suo sangue, credibil cosa è che siano stati rapiti da alcuno intendente della professione giacchè egli li teneva quasi tutti all’ordine per darli in luce, come in più lettere significò a’suoi signori fratelli».

 

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