Trani e gli Ordinamenta Maris

Intorno all’anno mille prende forma l’odierno centro storico di Trani.

Nascono chiese ed edifici civili, si ramifica la sua struttura urbanistica. Su di una piccola penisola sorgono nello stesso periodo il Castello e la Cattedrale, due simboli della città. La fortezza presenta una poderosa mole quadrangolare e fu fatta costruire da Federico II. All’età sveva risale il mastio con torrioni su tre angoli e l’intero perimetro murario verso il mare. Frutto di successivi rimaneggiamenti è invece il baluardo, risalente al XVI secolo.

Nell’anno 1096, quando partì la prima crociata, a Trani iniziava la costruzione della Cattedrale. L’edificio è poco distante dal castello. Spettacolare con la sua pietra bianca, fu costruito in onore di San Nicola Pellegrino sulla più antica chiesa di Santa Maria, dove erano custodite le reliquie di San Leucio, vescovo di Brindisi.

All’interno, sotto il transetto, troviamo appunto l’Ipogeo di San Leucio, sotto il livello del mare, la cripta di San Nicola del XII secolo ed il succorpo con la Chiesa di Santa Maria della Scala del VII secolo. La fabbrica dell’edificio superiore ha attraversato varie fasi; infatti dopo essere stato compiuto tra il XII ed il XIII secolo, è stato gravemente manomesso, soprattutto all’interno nel corso dell’Ottocento. Attraverso due scale si arriva al terrazzo posto nel XIII secolo, sul sito dell’atrio dell’antica chiesa, davanti alla lineare facciata di pietra rosata; questa facciata sopraelevata, cuspidata e con spioventi laterali, è movimentata da arcate cieche sostenute da semicolonne con capitelli traforati, probabile testimonianza di un avancorpo demolito nel 1719.

Costruita in prossimità del male, la Cattedrale appare “un’immensa nave sullo scalo”, come ebbe a scrivere l’architetto Mario Salmi, e la vicinanza del mare ne esalta ancor di più l’elevazione. Un ampio rosone ne abbellisce i tratti, sotto, tre finestre ed una lunga teoria di arcate cieche, incorniciano un portale d’ingresso ricco di rilievi con decorazioni di vegetali, animali, mostri ed episodi biblici. Pregevole è la porta bronzea finemente lavorata da Barisano da Trani tra il 1175 ed il 1179, autore anche del portale del duomo di Ravello e di quello di Monreale. Esse si ornano di numerose formelle inquadrate da fasce riccamente istoriate che richiama motivi culturali bizantini.

Però fuori dai percorsi turistici, un monumento in Piazza Quercia racchiude in sé la narrazione delle origini e dello sviluppo di Trani.

Si tratta della stele bronzea che commemora gli Ordinamenta Maris. Probabilmente redatti nel 1063, essi sono raccolte medievali di norme consuetudinarie inerenti il diritto marittimo pubblico e privato. Testimoniano la vivacità e l’importanza della città come centro di attività marinare, specialmente sotto bizantini e normanni, in un periodo in cui Bari non aveva che una insenatura, oggi coincidente col tratto del Molo di Sant’Antonio alla Madonna della Portella. Trani, più piccola ma conchiusa dalla terra ferma, era l’unico porto naturale nel nord della Puglia  e divenne il fulcro di una intensa rete di traffici tra la penisola ed i Balcani. Vi si insediarono allora famiglie da Amalfi, Genova e Firenze, era già presente una prosperosa comunità ebraica e Venezia, l’Inghilterra e l’Olanda installarono dei loro consolati nei caseggiati di fronte alla Cattedrale.

Con angioini ed aragonesi, la città attraversò un periodo di crisi, fu conteso possesso aragonese e veneziano, poi, con la conquista del Gran Capitano, fu definitivamente inserita nel Regno di Napoli, restando uno dei principali porti dell’Adriatico, ma dell’antico splendore restarono solo gli Ordinamenta. Essi vennero promulgati da tre notabili della città, i Consoli del mare Simone De Brado, Angelo de Bramo e Nicola de Ruggiero, sotto il governo del conte normanno Pietro, figlio di Amico di Altavilla. Tuttavia non è corretto dire che nacquero dalla volontà di un principe, nè da accordi internazionali, ma da un contesto in cui tali fonti mancavano ed era necessario stabilire uno ius commune maritimum. Da questo punto di vista sono piuttosto simili alla Tavola di Amalfi. Il ceto imprenditoriale marittimo della città tutelava così i propri interessi, tentava di dare certezza scritta ad un diritto che era solo orale e si tramandava dal Tardoantico (S. Nisio, Degli “Ordinamenta et consuetudo maris” di Trani).

Comparvero la prima volta nel 1507 a Venezia in appendice agli Statuta Firmanorum e vennero scoperti dall’avvocato francese Jean-Marie Pardessus nel 1839, attribuendoli erroneamente in un primo tempo alla città campana di Atrani. Leggendoli si resta sorpresi, in essi viene considerata, per la prima volta nella storia della navigazione, la figura del marinaio, fino a quel momento ritenuto un semplice schiavo al servizio del padrone ed ora tutelato dal punto di vista previdenziale e contrattuale. Il contratto di arruolamento era stipulato davanti ai Consoli e comportava come obbligo per i marinai la subordinazione al patronus, ovvero il capitano della nave, ed al comitus, cioè il nocchiero preposto alla direzione tecnica della navigazione, e come diritti il salario garantito anche in caso di malattia o di cattura da parte dei pirati o corsari. Veniva persino sancita la partecipazione del marinaio agli utili della spedizione.

Così si costruì il successo di Trani. Navi adibite al carico di vettovaglie giungevano sino alla costa dalmata alimentando relazioni mercantili e scambi culturali. Da qui sarebbe pure partito , nel 1096,  il principe normanno Boemondo d’Altavilla coi suoi trentacinquemila crociati (AA.VV., Il mezzogiorno normanno-svevo e le crociate).

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

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