Una spedizione archeologica toscana in Egitto nell’Ottocento

Il celebre archeologo francese Jean François Champollion, il primo studioso delle scritture geroglifiche, colui che decifrò la Stele di Rosetta, fu inviato da Re Carlo X di Francia a recarsi in Italia onde trattare l’acquisizione di materiali archeologici. Il francese passò per Torino dove visitò il Museo egizio, poi giunse a Livorno e qui conobbe l’orientalista pisano Ippolito Rosellini, docente in quell’Ateneo. Nell’accademico italiano maturò allora un ambizioso progetto che egli non tardò a manifestare al Granduca Leopoldo II. Rosellini intendeva guidare una spedizione in Egitto, affiancandosi a quella in programma di Champollion, e reperire materiale archeologico sulle sponde del Nilo. Il sovrano ne fu entusiasta.

Se lo Champollion partiva principalmente per condurre a termine i suoi studi sui geroglifici, Rosellini guidò una spedizione di più complessa natura. Fu affiancato da un naturalista per raccogliere piante per il Museo della Specola e per il giardino botanico, il fiorentino Giuseppe Raddi, che, già conservatore del Museo di Fisica e Storia naturale, nel 1817, all’età di 47 anni, aveva accompagnato la principessa Leopoldina d’Austria nel suo viaggio in Brasile di Pedro di Braganza. Si unirono al gruppo anche l’archeologo lombardo Giuseppe Acerbi e tre disegnatori, i pittori Alessandro Ricci di Siena, Giuseppe Angelelli e Gaetano Rossellini di Pisa, nipote di Ippolito.

Il Consiglio dei Ministri stabilì un finanziamento di 50.000 franchi, di cui 18.000 per scavi da farsi in Egitto. La somma, stanziata per il diretto interessamento del primo ministro toscano ministro Neri Corsini, prevedeva pure dei regali in porcellana e cristallo da portare al governo egiziano.

La spedizione partì il 31 luglio del 1828, da Tolone, con la nave da guerra Egle. L’equipaggio raggiunse Alessandria d’Egitto il 18 agosto. Visitarono Luxor, Karnak, Abu Simbel, città ancora ricoperte di sabbia.

Rosellini feci eseguire fortunati scavi a Tebe ed Abido, ma comprò anche innumerevoli oggetti tra Giza, Saqqara e Menfi. Non poche difficoltà furono incontrate: Ricci, morso da uno scorpione, rimase paralizzato e morì due anni dopo; Raddi, che aveva accumulato e catalogato piante, uccelli, mammiferi e frammenti di rocce, fu colpito da febbri e volle anticipare il suo rientro ma morì il 6 settembre del 1829 in una sosta a Rodi; anche Rosellini contrasse una malattia che lo indebolì. Nonostante ciò la spedizione fu un successo.

Il 27 novembre 1829, dopo quindici mesi di viaggio tra l’Egitto e la Nubia, fino a Wadi Halfa, alla seconda cataratta del Nilo, oggi completamente sommersa dal Lago Nasser, in Toscana arrivarono preziosi materiali archeologici, armi, papiri, utensili, mummie, gioielli… La lista delle cose raccolte da Raddi, poi, era sterminata, enumerava un buon numero di casse con minerali, legni, pelli di uccelli, frutti, semi e piante secche. Rosellini si incaricò di ordinarli e di preparare una relazione dei ritrovamenti che divenne la celebre “Monumenti dell’Egitto e della Nubia”, opera in nove volumi, arricchita poi da ulteriori tre tomi destinati ad accogliere interamente riproduzioni grafiche dei monumenti civili, storici e religiosi osservati direttamente in Egitto.

A Firenze finirono un bassorilievo di Hator col piccolo Horemheb che prende il latte, il gruppo di Humosha e sua moglie Beckel, la scultura di Ptahmes, il sarcofago in pietra del vizir Bakenrenef, il doppio sarcofago in legno della nutrice della figlia del faraone Taharqa completo del corredo ed una biga di frassino appartenuta a Kenamun, fratello del faraone Amenofi II, ma i reperti si diffusero in tutta Italia.

 

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

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