La resa di Breda

“Marchese, prendi Breda”, recitò un dispaccio di Filippo IV. La città andava recuperata per stringere il nemico tra Anversa e Bois-le-Duc e impedirne incursioni nel Brabante ed è ciò che Ambrogio Spinola, capitano generale dell’esercito delleFiandre, fece.

In marcia da Anversa sin dal 21 luglio del 1625, con una serie di abili movimenti volti a disorientare Maurizio di Nassau, principe d’Orange, si fermò a Turnhout, a circa ventiquattro chilometri da Breda. Passò in rassegna il suo esercito. Lo componevano diciottomila uomini, distribuiti in centonovantotto compagnie di fanteria e trentanove di cavalli, che
costituivano quindici tercios: cinque spagnoli, quattro italiani, uno vallone, uno scozzese, uno borgonone ed uno tedesco. Riprese poi la marcia da sino a Gilzen, fortificandosi e poi, il 28 agosto, intraprese finalmente le operazioni per stringere in assedio Breda.

L’area a ridosso di Ginneken, a monte del Mark, fu occupata dal comandante Francisco de Medina, con quattromila fanti e dieci compagnie di cavalli, mentre il maestro di campo Paolo Baglioni occupava, con altre forze, la cittadina di Terheiden, anch’essa situata su la sponda destra dello stesso fiume, a valle. Le truppe rimaste si distribuirono intorno alla piazza, fortificandosi con un estenuante lavoro di diciassette giorni con cui chiusero Breda in un lungo percorso di trincee, novantasei ridotte, trentasette forti bastionati, semifortificati e stellati, quarantacinque bastioni e diverse casematte. La maggior parte di queste costruzioni era volto, non solo ad impedire un colpo di mano nemico, ma anche a garantire protezione l’un l’altro.

Sul campo si muovevano tra gli altri Gonzalo Fernandez de Cordoba, discendente del Gran Capitano, Luis de Velasco, conte di Salazar e marchese di Belveder, fatto generale della cavalleria, e i maestri di campo italiani Giovanni de Medici, Giovan Battista di Capua, Marchese di Campolattaro e il sergente maggiore Carlo Roma.

Breda era nelle mani di Giustino di Nassau figlio illegittimo di Guglielmo I, principe d’Orange, con cinque compagnie di cavalli e diciassette di fanteria, accresciute a ventotto dopo i soccorsi del fratello Maurizio. Questi, all’inizio di ottobre, sbarcò a Gertruidemberg ed avanzò accampandosi a Meede, a ridosso di un molo difeso solo da cinque ridotte e per questo considerato la parte più debole della linea. Spinola rispose, mobilitando cinquemila fanti e trenta compagnie di cavalli su Oosterhout. Sconcertato, il principe d’Orange non osò attaccare e gli assedianti, approfittarono dell’inerzia dei nemici, erigendo altri cinque forti collegati da trincee in quell’area. Ciò costrinse Maurizio di Nassau ad abbandonare Meede, spedendo le proprie truppe a trascorrere l’inverno a Gertruidember, Rozendal e Zevenberg, mentre lui, ammalato, si ritirava a L’Aia.

A Breda, intanto, vennero costruite altre opere e piazzate tre batterie di pezzi leggeri, fuse a Bruxelles. Si contavano 30 cannoncini da sei, dieci da 24 e ventitré mortai capaci di sparare bombe da cento libbre. L’immediato bombardamento, la fame e le malattie, fiaccarono non poco la resistenza olandese.

Il nemico pensava di potere salvare Breda erigendo una diga attraverso il Mark, vicino a Zevenberg, con la quale avrebbero potuto inondare l’intera pianura fino alla città, per far giungere i soccorsi in barca e, al tempo stesso, tentare di disfare con le acque anche le costruzioni spagnole. Spinola, però, intuendo il pericolo, fece costruire una chiusa a Terheiden, per trattenere le acque con l’alta marea e liberarle al momento giusto perché trascinassero via i materiali della diga in allestimento, ma il progetto fallì perché l’enorme pressione dell’acqua ruppe la chiusa.

Nel frattempo Ernesto de Mansfeld, per conto degli inglesi, stava reclutando un corpo di quattordicimila fanti per andare in soccorso agli assediati. Una tempesta e le forti gelate di febbraio impedirono il loro sbarco. La fame e le malattie ridussero poi l’armata a quattromila uomini completamente demoralizzati.

Certi problemi li conobbero anche gli spagnoli. Soffrirono fame e disagi, vissero in un terreno continuamente inondato di piogge. Spinola però aveva organizzato, non lontano, un esercito di riserva composto da quindicimila fanti valloni affidati a Carlos Coloma e tremila cavalli, anch’essi valloni, sotto la guida del principe di Barbancon. C’eran poi tremila fanti e mille cavalli bavaresi del conte Anholt, e tremila fanti tedeschi e duemiladuecento cavalli affidati al napoletano Carlo Spinelli. Spinola fece pure costruire una seconda linea di strutture difensive che ad operazioni completate avrebbe contano non meno di cinquantaduemila cunicoli a cui se ne sarebbe dovuta affiancare un’altra, più vicina alla piazza, con sedicimila cunicoli.

Morto Maurizio di Nassau il 23 aprile 1625, gli successe al comando delle truppe il fratello Federico Enrico che riportò l’esercito a Meede e tento di forzare le linee spagnole a Terheiden. All’alba del 15 maggio, con un’azione diversiva mise in movimento il colonnello inglese Veer che avanzò lungo la diga di Gertruidemberg con seimila uomini. Il sergente maggiore Carlo Roma sopraggiunse quando sembrava tutto perduto e Veer stava attaccando la prima ridotta. La luce del giorno cominciava ad illuminare il campo e l’allarme era ormai stato diffuso. La ritirata inglese fu disastrosa e segnata da cinquecento vittime annegate.

I soccorsi erano falliti. Il 27 maggio, il ritiro del principe d’Orange con il suo esercito decise il destino di Breda. Il 2 giugno fu firmata la capitolazione, estremamente favorevole agli assediati. Giustino di Nassau consegnò la piazza il giorno 5, attraversando la porta di Bois-le-Duc per consegnare le chiavi a Spinola.

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

Fonte foto: dalla rete

Bibliografia: P. F. Pieri, Diario del seguito in Fiandra dalli 21 luglio 1624 sino alli 25 d’agosto

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