Il successo delle biografie di Svetonio

Le biografie raccolte da Caio Svetonio Tranquillo nel De Vita Caesarum frammentano la personalità dei vari imperatori in un susseguirsi di pettegolezzi, giudizi estetici, virtù e vizi, definendo così ritratti tutt’altro che storici.

Di Augusto scrisse: “Ebbe figura molto bella e fine in tutti i periodi della sua vita: tuttavia trascurava ogni ornamento e nel mettere in ordine i capelli era così poco accurato da far lavorare in fretta parecchi barbieri tutti insieme; e la barba ora se la faceva tagliare, ora rasare e nel frattempo o leggeva qualcosa o anche scriveva”. Ricordò pure che “aveva occhi chiari e brillanti: voleva anzi si credesse che in essi ci fosse qualche potere divino ed era lieto se qualcuno, quand’egli lo fissava intensamente, abbassava lo sguardo come davanti allo splendore del sole”. Di Tiberio che tenne “la capigliatura alquanto lunga dietro la nuca, sì da coprire anche il collo, particolare che in lui sembrava essere una caratteristica di famiglia; simpatico di viso, su cui tuttavia comparivano frequenti e improvvise tumefazioni, con occhi molto grandi, che , cosa singolare, vedevano anche di notte e nelle tenebre, ma per poco e solo quando si erano appena aperti dopo il sonno; poi di nuovo si indebolivano”. Ed aggiunse che Augusto aveva giudicato antipatici e pieni di arroganza questi suoi atteggiamenti, provando spesso “di scusarlo presso il sento e preso il popolo, sostenendo che erano difetti di natura, non dell’animo”.

L’interaa narrazione è stemperata in una raccolta di elementi piuttosto insignificanti che rendono piacevole la lettura ma danno pochi contributi alla storia. Se Nerone era stato “estremamente dominato dal desiderio della popolarità”, Caligola “si era accorto egli stesso del suo disordine psichico”. Giudizi del genere ebbero grande fortuna nel Medioevo e contribuirono a porre le basi per fortunate biografie popolari degli imperatori romani che, coi loro aneddoti, sopravvivono ancora oggi.

Come membro della corte imperiale, Svetonio ebbe a disposizione documenti fondamentali per ricostruire i fatti, tuttavia il suo successo è dovuto all’impiego di fonti non ufficiali, spesso scritti diffamatori. A lui, così, si deve quell’“Iacta alea est”, “il dado è tratto”, attribuito a Cesare che attraversa il Rubicone. A lui ancora si deve l’immagine che ha attraversato i secoli, finendo al teatro e in pittura, dei cospiratori che accerchiano Cesare dandogli la morte e di quell’ “anche tu, figlio!”, riportato in greco «καὶ σὺ τέκνον», e riferito a Marco Bruto.

 

 

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

Fonte foto: dalla rete

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