La battaglia del grano

Da grande importatore di frumento, il Regno d’Italia doveva divenire un gigantesco produttore. Il deficit nella bilancia commerciale andava capovolto, bisognava attuare una politica rigorosa che garantisse al Paese, in pochi anni, la piena autosufficienza cerealicola. Il fascismo pianificò così una serie di interventi tesi ad ottenere un incremento della produzione non tanto con l’aumento della superficie da destinare a frumento, ma soprattutto con un miglioramento delle rese per ettaro. Così ne parlano Salvatorelli e Mira in Storia d’Italia nel periodo fascista.

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…Produrre più grano, a qualunque costo, era stata già una necessità sentitissima a tempo della guerra (15-18), quando l’Italia, coi sottomarini tedeschi infestanti il Mediterraneo e la chiusura degli Stretti, non poteva ricevere dall’estero i carichi di grano americano o russo occorrenti per sopperire al suo fabbisogno alimentare. Il popolo italiano, per il quale il pane è l’alimento principale, può anche accettare forti riduzioni della sua razione quotidiana, ma non puà rinunziare alla importazione di grano, per una quantità che, intorno al 1925, variava da 22 a 25 milioni di quintali. Per l’appunto nel 1925 l’importazione fu di 22.419.000 quintali, con uno sborso di quasi quattro miliardi di lire, che costituivano quasi la metà del deficit della bilancia commerciale.

La battaglia del grano ebbe inizio in quell’anno: bisognava combatterla, disse Mussolini, per liberare l’Italia dalla schiavitù del pane straniero. Il 4 luglio 1925 fu creato il Comitato permanente del grano, organo propulsore di una serie di iniziative, alle quali i rurali risposero con fervore, spronati da una vasta e minuta propaganda alla quale parteciparono tutti: governo e autorità locali, giornali e scuole, partito e sindacati, tecnici agricoli e parroci di campagna… La battaglia – il cui programam era di ottenere l’aumento della produzione non estendendo la superfice coltivata (che era già di cinque milioni di ettari), ma aumentando il rendimento unitario – ebbe notevole successo. Il raccolto del 1926 superò di poco i 60 milioni di quintali; diminuì nel 1927, fino a poco più di 53, per effetto della stagione avversa; riprese poi a salire e, attraverso altre sensibili oscillazioni, giunse a superare gli 81 milioni di quintali nel 1933, l’anno che fu detto della “vittoria del grano”, con una produzione media per ettaro di quintali 15,9…

Lo sforzo intenso e concorde di produrre molto grano fece passar sopra ad alcuni aspetti meno brillanti della battaglia, quale il seminare grano su terre che sarebbero state più adatte a colture diverse e più variate e anche quando esse davano unrendimento così scarso da non compensare quasi la spesa della semente; così che in taluni casi il grano prodotto, a conti fatti, risultava più caro di quello che si poteva comprare all’estero…

 

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