La campagna di Lee a Gettysburg

La campagna di Lee a Gettysburg, nel giudizio critico della pubblicazione dell’Accademia Militare di West Point e dello storico Donald Stoker in “The Grand Design. Strategy and the U. S. Civil War”, presenta notevoli spunti di interesse.

Queste due opere scritte in due momenti diversi della ricerca storica – “The American Civil War” curata dal Department of History of the United States Military Academy West Point fu pubblicata nel 1987, mentre “The Grand Design di Donald Stoker” è stato pubblicato nel 2010 – concordano sulle conclusioni: la campagna di Lee fu un totale fallimento strategico.

Stoker scrive: “Questo non fu solo per la sconfitta tattica della Confederazione ma anche perché l’invasione (del Pennsylvania) non raggiunse né gli obbiettivi strategici né quelli operativi che Lee aveva stabilito per essa, e, molto più importante, non fece migliorare la situazione strategica del Sud.
Lee si era prefisso con la sua invasione di attirare il nemico lontano dalla Virginia, riuscendovi, ma solo per breve tempo.
Lee ritenne che la sua mossa avrebbe costretto l’Unione a ritirare truppe dalle due Caroline. Riuscì anche in questo, ma l’Unione aveva uomini sufficienti per parare qualsiasi minaccia Lee potesse portare, mantenendo la propria presenza nelle due Caroline.
Infine, e più decisivo, l’invasione di Lee fallì nell’infliggere un colpo mortale all’opinione pubblica dell’Unione.
Invece avvenne l’opposto : La campagna di Gettysburg fece poco per il Sud a parte distruggere l’esercito di Lee, menomando la sua capacità di contrastare le successive mosse dell’Unione ed indebolendo la resistenza della Confederazione con perdite umane che non potevano essere rimpiazzate”.
Lee non prese mai in considerazione, durante la battaglia come suggerito dal generale James Longstreet, comandante del 1° Corpo dell’Armata della Virginia Settentrionale durante il consiglio di guerra nella notte tra il 2 e il 3 luglio 1863, una condotta operativa diversa.

Nella pubblicazione dell’Accademia Militare di West Point si osserva: “Una volta in battaglia, Lee rimase convinto che l’Armata della Virginia Settentrionale potesse vincere solo attaccando. Chancellorsville sembrava essere il suo modello di vittoria, mentre Fredericksburg rimase chiuso a chiave da qualche parte nei recessi della sua mente.
I suoi uomini attaccarono senza risultati per tre lunghi giorni. Persino dopo il 1° luglio esistevano delle alternative. Avrebbe potuto ritirarsi verso sud – portandosi tutte le vettovaglie che avrebbe potuto riunire senza alcuna perdita – e realizzare la maggior parte dei suoi obbiettivi di campagna”.

I due giudizi critici sono propedeutici ad una domanda cruciale: Che cosa sarebbe successo, se Lee avesse vinto a Gettysburg? Tale, domanda che è sempre girata intorno a Gettysburg ed è stata la materia di romanzi così come di serie opere di storici.
Stoker scrive: “Benché non universale, il meme standard è che la vittoria di Lee a Gettysburg avrebbe portato la Confederazione a vincere la guerra. Così la pensava Davis che in un intervista nel 1881 affermò che «l’effetto morale della vittoria avrebbe portato la pace». Questo sembra improbabile. In precedenza Lee aveva sconfitto eserciti dell’Unione, e tuttavia, la guerra era continuata. Sconfiggere Meade non avrebbe fatto che aggiungere ancora un’altro generale alla lista di quelli la cui carriera era stata rovinata da Lee. I soldati e gli ufficiali dell’esercito dell’Unione non sarebbero stati inclini ad arrendersi. James M Mcpherson li descrive come uomini duri, sicuri di sé con «una intraprendenza dura come la pietra».
Inoltre, Lincoln non sarebbe stato più propenso a porre fine alla guerra a causa di una sconfitta dell’Unione che una vittoria dell’Unione. Alcuni affermano che si sarebbe potuto fare ( la pace) se l’opinione pubblica dell’Unione avesse sofferto un colpo devastante, ma l’opinione pubblica era solita vedere Lee che vinceva battaglie. E la cattura di Vicksburg da parte di Grant, «la Gibilterra dell’Ovest del Sud», avrebbe fornito un balsamo alla ferita di qualunque sconfitta in Pennsylvania”.

Anche la pubblicazione dell’Accademia Militare di West Point rivela: “Ma come il Sud avrebbe potuto convincere il Nord a smettere di combattere? La risposta non stava nella sconfitta degli eserciti dell’Unione dato che che per due anni il Nord aveva mostrato che grandi sconfitte non avevano fermato i suoi sforzi di raggiungere la riunione con gli stati ribelli. Ne’ sembrava realistico che il Sud avrebbe potuto fiaccare il Nord, considerata la disparità di risorse di entrambe le parti. Solo con un abile applicazione di una strategia difensiva, il Sud avrebbe potuto avvicinarsi a fiaccare il Nord. Ma, Lee sosteneva decisamente una strategia offensiva. Egli voleva vincere la guerra con una battaglia decisiva. Non aveva intenzione di rendere il tempo un’alleato del Sud”.

Sia Stoker che il Dipartimento di Storia militare dell’Accademia di West Point aggiungono che, in ogni caso, Lee non avrebbe potuto rimanere nel Nord molto a lungo anche se avesse vinto a causa della pessima situazione della logistica del suo esercito (e di tutti gli eserciti confederati in generale). Infatti uno degli obiettivi della campagna era stato procurarsi delle vettovaglie per nutrire il suo esercito affamato e al quale, in molti reparti, mancavano le calzature (il generale Ewell si diresse a Gettysburg proprio perché le spie gli avevano riferito che vi erano nella città depositi di calzature di cui l’Armata di Lee aveva un disperato bisogno).

Infine anche lo stile di commando di Lee non funzionò con gli uomini che erano ai suoi ordini a Gettysburg. Con Jackson, Lee poteva suggerire e raccomandare; ma con Ewell doveva essere preciso e puntiglioso. Con Jackson, Lee poteva discutere e persuadere; ma con Longstreet, doveva essere energico ed esigente. Inoltre permise a Stuart di andarsene per la campagna della Pennsylvania privandosi dell’apporto determinante dell’opera di raccolta di informazioni e di interdizione delle quattro brigate a cavallo dell’Armata. Esitazione, indecisione e esecuzione che rasentò l’immaturità caratterizzarono molte delle relazioni di comando esistenti nell’Armata della Virginia Settentrionale in quei primi tre giorni di luglio del 1863.

 

 

 

 

Autore articolo: Vincenzo Zazzeri, appassionato di storia militare romana, della Guerra Civile americana e delle due guerre mondiali.

Bibliografia: The American Civil War, pubblicazione della serie di storia militare (a cura del) Dipartimento di Storia dell’Accademia Militare di West Point, pagg. 164-165; Donald Stoker, The Grand Design. Strategy and the U. S. Civil War, pagg. 302-304.

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