La strage di Leonessa

Leonessa, provincia di Rieti. Giorno 7 aprile 1944. Venerdì Santo. Ore 14,30. Era in corso la celebrazione eucaristica presso l’altare dell’Addolorata nella Chiesa di Santa Maria del Popolo. Don Concezio Chiaretti, cappellano militare del 38° Battaglione Alpini della Julia, in licenza per malattia, assistito da suo nipote Giuseppe, undicenne, come chierichetto, vide l’anziana madre irrompere nella chiesa e urlare: “Fiju, scappa! Te vau cerchénno li tedeschi!”.

La donna, viste le rappresaglie nazi-fasciste in atto da giorni sull’intero territorio, temeva per la vita di quel figlio, personalità influente, additata a fondatore e capo del CLN, che aveva già evitato la repressione in seguito alla fucilazione del commissario prefettizio fascista Francesco Pietramico, catturato dai partigiani durante la fuga. Il sacerdote si era distinto per il supporto fornito alle famiglie indigenti, ai carcerati, agli ebrei. La tragedia si consumò nel giro di trenta minuti.

Soldati della Wehrmacht e delle SS, coadiuvati da reparti fascisti, e comandati dal colonnello Ludwig Schanze, comandante del 69° Panzer Regiment, erano pronti a debellare le truppe della Brigata Garibaldi “Antonio Gramsci” che controllava Norcia, Cascia e Leonessa, dopo l’abbandono del paese da parte del presidio fascista, il 15 marzo.

Il sacerdote restò impietrito, ma rimase sull’altare continuando la messa, con sua madre piangente. Il 2 aprile erano state fucilate sei persone nella frazione di Villa Carmine, il 5 nella frazione di Cumulata altri tredici abitanti furono trucidati dai tedeschi fomentati dalla collaborazionista Rosina Cesaretti, che non si fermò nemmeno davanti a un suo fratello, mutilato, ed a  sua cognata. Adesso sapeva che sarebbe toccato a lui.

L’ingresso dei soldati delle SS non si fece attendere. Don Concezio fu arrestato e portato nella piazza del paese con altre ventidue persone. Tutti furono condotti fuori le mura di cinta, su una piccola altura. Vennero disposti in fila e sistemati per la fucilazione. Il sacerdote recitò per tutti la formula dell’assoluzione, tracciando il segno della croce e dicendo ai carnefici: “Vi perdono in nome di Cristo, di cui oggi ricordiamo la passione e morte. Dio abbia misericordia di voi e pietà di noi”.

Finirono trucidati . Don Concezio fu ucciso in “Odium Fidei” per essersi prodigato tra le opposte fazioni a salvare la vita di chiunque. Anche altri due preti furono uccisi in quella tragica settimana, don Giuseppe Morosini, fucilato a Roma nel Forte Bravetta dai fascisti il 3 aprile, e don Pietro Pappagallo, alle Fosse Ardeatine il 24 marzo, ambedue medaglia d’oro.

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

Fonte foto: dalla rete

Bibliografia: AA.VV., L’Umbria dalla guerra alla Resistenza

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