Viggiano, l’Antissa della Lucania

Di Viggiano, in provincia di Potenza, ho lontani ricordi. Il culto della Madonna Nera scavalca le montagne che separano la Val d’Agri dal Vallo di Diano e coinvolge numerosi paesi del salernitano. Quand’ero piccolo alcune persone devote se lo facevano a piedi, il percorso dalla propria abitazione fin sul Sacro Monte. Altri raggiungevano una radura a poca distanza dalla vetta con i pullman o con “pullmanine” ovvero macchine prese a noleggio e piene all’inverosimile.

In particolare ricordo oltre la stanchezza del risalire lungo i sentieri, una musica struggente (da grande avrei poi scoperto che si trattava di “Per Elisa di Beethoven”) di una fisarmonica nella casa in cui alloggiavano i pellegrini e una notte interminabile nella chiesa madre (1), giù al paese di Viggiano. L’alba non arrivava mai su quel pavimento in cui si accalcavo decine di persone, chi sedute, chi sdraiate.

 Una delle immagini, però che ogni tanto affiorano e ancora oggi a distanza di anni mi lascia incredulo, è quella delle donne che portavano sul capo le cente, lungo il crinale del monte, come se fossero dei fuscelli.

A Viggiano ci tornai alcuni anni fa, quando non era ancora scoppiato il boom del petrolio, con mia moglie e mio nipote, da Sala Consilina.

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Col petrolio sono arrivati tanti soldi (seppur briciole rispetto agli introiti della società che gestisce i pozzi) ma, da quello che si legge in giro, la situazione dei viggianesi, in termini di occupazione e di tutela ambientale non è affatto rosea.

Fuori da ogni inutile polemica, tutto questo riconduce allo stesso tema: la dipendenza del mezzogiorno dal resto dell’Italia a partire dalla unificazione e dalla formazione dello stato nazionale.

Viggiano nel 1858 contava 6913 abitanti, oggi ne conta 3142. Nell’800 i Viggianesi erano famosi non solo per il santuario della Madonna Nera ma anche perché vi era una antica tradizione musicale-strumentistica, quella dell’arpa viggianese (Cfr. Poliorama Pittoresco del 20 agosto 1836).

Nel 1884 il poeta Giovanni Pascoli, a Viggiano quale commissario d’esame, in contatto epistolare con Giosuè Carducci, sottolineava come il paese risuonasse continuamente di suoni d’arpa, tanto da paragonarlo ad Antissa, il paese greco famoso per i suoi suonatori di cetra:

“Il paese non è grande, ma nemmeno piccolo, l’aria ottima, pittoreschi i dintorni; le rovine di Grumentum a pochi passi; arpeggiamenti da per tutto, fanno di Viggiano l’Antissa della Lucania”

Ora, io domando a coloro che ci stanno leggendo se hanno mai sentito parlare di Viggiano (presumo siano in pochi) e se invece hanno sentito parlare di Castelfidardo (presumo siano in molti).

Una antica tradizione che sarebbe potuta diventare una grande occasione di crescita e di sviluppo sopravvisse senza offrire grandi opportunità ai tanti che si avviarono per i sentieri della emigrazione.

Il nome di Viggiano divenne famoso come patria dei fanciulli girovaghi, già nei primi anni post unitari, mentre i briganti si battevano contro l’esercito sabaudo. I compra-chicos strappavano alle famiglie i fanciulli (spesso con veri e propri contratti), gli appendevano alle spalle un’arpa od un organino e li trascinavano a Genova. Scrive l’avvocato Giovanni Florenzano in “Della emigrazione italiana in America”:

 “Colà si addensano i comprati fanciulli e di là si diramano per le diverse vie del mondo.

Alcuni valicando le Alpi s’inoltrano nella Francia; altri gettati nella stiva di un bastimento son trascinati a Marsiglia, altri in Germania, e tutti sulla terra straniera consegnati o rivenduti ad altri trafficanti, mentre il primo torna ai villaggi di Basilicata o di Liguria ad incettare merce novella”.

Il paese in 150 anni di unità dimezza la sua popolazione come la maggior parte dei paesi delle vecchie Provincie Napolitane, i viggianesi col loro lavoro fanno ricche le contrade d’America e d’Europa,  poi arrivano le royalties del petrolio, ma l’economia viggianese ancora non decolla.

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(1) Basilica Pontificia dal 1956, conserva al suo interno una volta decorata a cassettoni risalente al 1854, due bassorilievi di Jacopo Della Pila raffiguranti l’uno una Madonna con Bambino e l’altro San Giovanni Apostolo ed Evangelista, un crocifisso ligneo quattrocentesco oltre a numerosi quadri di pittori lucani del settecento.


 

da Poliorama Pittoresco, 20 agosto 1836 – pag. 405

E’ così bella la Carolina

Che fra le belle eguale non ha.

RITORNELLO d’una aria viggianese

Vedete que’ giovani robusti vestiti di panno cilestro coli’arpa sul dosso, o fra mani il violino, che a piccole bande di tre o quattro al più, seguiti da un fanciullo il di cui strumento è un triangolo d’acciaio, giungono nelle città e fan risuonar le strade e le osterie di teneri e lieti concenti? Essi vengou di Viggiano picciola terra della Basificata.

Quell’arpa e quel violino è tutto il loro retaggio: la musica il solo mestiere che conoscano. Non l’appresero in alcun conservatorio; san delle note musicali né più né meno di quello che molti accademici san de’geroglifici Egiziani: pur nondimeno senza studio e senza precetti la mano scorre agilissima su le corde canore, e ne traggo tale armonia da disgradarne sovente quella di qualche orchestra.

Ogni luogo è teatro pel Viggianese; e spesso pagato per allegrare una brigata di beoni l’odi suonar la tarantella con tale una espressione sentita, che quei come ammaliati lascian le tazze per intrecciar la danza della gioia e dell’amore. S’arrestan nelle piazze, sotto i balconi, accanto alle immagini de’ Santi dipinti sul muro; e sollazzan gli oziosi, e cantano la Carolina ad una bella che cucendo la camicetta del fratellino attende l’amante, e colla musica della preghiera di Romeo accompagnano la canzone del devoto. Entrano nelle botteghe da caffè, si piantan nel mezzo e cavandosi il berretto, che pongono in capo all’arpe, ripetono alla meglio le care note di Bellini o del Pesarese, fra’ discorsi de’ politici, le satire del prossimo, gli sbadigli de’ golosi e i sospiri del povero: e finito che abbiano, mandano attorno il ragazzetto con una guanterina a raccorre la scarsa mercede di pochi soldi.

Misurare Europa da un capo all’altro è affar da nulla pel Viggianese: tolgono un zaino con entro una camicia un paio di scarpe e ‘l passaporto, stringon la mano alla fidanzata, un bacio alla sposa ed a’ figli, un altro al vecchio Genitore e… addio—scriverem da Parigi da Madrid da Lisbona—e le donne i fanciulli gli amici li accompagnano fino all’ultima casa del paesetto: ivi un altro addio un altro amplesso, e via. Bisognosi di denaro ne chieggono al Sindaco al Notaio del Comune, onde i parenti non patiscan la fame durante la di loro assenza; e, pagheremo al ritorno, dicono.

E negli alberghi del mezzogiorno della Francia o fra le strade di Barcellona fan serbo del guadagno che dovrà pagare il debito.

Io spesso gli ho uditi a narrare come nel faticoso pellegrinaggio per lontanissimi paesi, tra le nevi delle Alpi e de’ Pirenei, mombrando i cheti abituri della patria e ‘l sole dello natie montagne e le amate donzelle e i cari figliuoletti, rattempravano la doglia del cuore facendo risuonare tra gli ermi colli dello straniero la patetica musica, che animava le danze della Domenica presso al paterno tetto rischiarato dal raggio della luna —

Questo alternar di brevi soggiorni e di lunghi viaggi dà luogo a molte scene romantiche, a fatti di odio e di sangue: chè le dolcissime donnette, fide come le conoscete, obbliano di leggieri l’amante girovago e sposansi ad altri. Ma quando men l’aspetta riede l’armonico viatore, intende la lieta storia dell’imenèo di Margherita e Pasquale, e…i franchi i talleri i fiorini i reali sporti dalla mano d’una tenera madre, o d’un nemico ardente d’ira, cadon di peso su lo scrittoio d’un Legista, e fan bella corona ai discorsi di d’Aguessau ed al Trattato dei delitti e delle pene.

— E donde venite? dicca io a due di costoro, che vistomi passeggiar solo ed accigliato insula sera mentre spirava un sibilante rovaio, per la via che mena alle Calabrie, mi prese r per poeta romantico, e vollero a forza suonarmi l’aria del Pirata

— Veniam di Washington Signore… v’è stato ella a Washington? ride! crede che sia poi tanto difficile l’andarvi? Si figuri… da Salerno si va a Calais, da Calais a Londra, da Londra a Washington— e poi di ritorno si viene a Cadice… e lungo la Spagna la Francia e l’Italia si riviene in patria. Io ridea di cuore, e tenete o amici, dissi, ecco la ventesima parte d’uno scudo; l’Angelo del Signore vi guidi presto alla famigliuola che vi attende i miei viaggi non si dilungano oltre la riviera di Chiaia — povero signore! ma ritengasi il suo denaro… suonammo per simpatia — gran mercé miei cari — il suo nome? — D. Felice — Oh! ella difese A…? che è nostro concittadino e che fece quel brutto omicidio! accetti un’altra suonatina, sig. Avvocato…e se..—Se, che il ciel ve ne campi, in un secondo giudizio abbisognerete d’una mia lucubrazione, allora mi darete compreso d’una suonatina non conosciuta da alcuno — ne ve ne dolga, dissi loro accomiatandoli con Dio chè quaggiù l’esserlo o non esserlo non aggiunge un sol filo alla tela della vita.

Cesare Malpica


Autore: Mino Errico

 

Mino Errico, docente, studioso di meridionalismo

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