Storia del Cristianesimo: Bakhita, la santa sudanese

Il 17 maggio del 1992, saliva alla gloria degli altari una suora nera vittima del regime islamista del Sudan. Mercanti di schiavi l’avevano rapita a nove anni e l’avevano chiamata Bakhita. Quale fosse il suo vero nome, nessuno lo sa.

Bakhita non ricordava neppure il nome dei suoi genutori, solo quello del suo villaggio nativo, Olgossa, nel Darfur. Fu venduta a quattro padroni arabi e turchi, l’ultimo era un generale turco che la riventedde all’agente consolare italiano a Khartoum, Callisto Legnani. Fu questi a portarla in Italia e a darle una nuova vita.

Bakhita si fece cristiana ed entrò nella Congregazione delle Canossiane fondata da Santa Maddalena di Canossa. Non dimenticò mai, però, le crudeltà e gli orrori che aveva vissuto da schiava e scrisse: “Le frustate ci piombavano addosso senza misericordia: in tre anni al loro servizio, non ricordo di aver passato un giorno solo senza piaghe, perchè, non ancora guarita dai colpi ricevuti, altri me ne piombavano addosso”.

Di quel giorno in cui fu venduta a Legnani riferì: “Questa volta fui davvero fortunata, perchè il nuovo padrone era assai buono”. Il console la portò a Genova, le trovò un impiego come bambinaia a Mirano di Venezia, poi arrivò al Catecumenato tenuto dalle suore canossiane. Qui Bakhita conobbe da vicino il cristianesimo, ricevette il battesimo nel gennaio del 1890 col nome di Giuseppina Margherita Fortunata e si accorse che nella sua vita, in qualche modo, Dio le era sempre stato vicino: “Sono stata in mezzo al fango, ma non mi sono imbrattata. La Madonna mi ha protetta nonostante che io non la conoscessi ancora”.

Entrò nel noviziato a Venezia nel 1893 e andò a Verona per la professione religiosa l’8 dicembre del 1896. Dopo sei anni raggiunse il convento-scuola delle canossiane a Schio. Vi passò più di trent’anni come cuoca, portinaia e infermiera.

Su richiesta della superiora generale dell’ordine, tra il 4 e il 6 novembre 1930 venne intervistata a Venezia da Ida Zanolini, laica canossiana e maestra elementare, la quale nel 1931 pubblicò il libro Storia Meravigliosa che venne ristampato 4 volte nel giro di sei anni. Bakhita divenne così famosa in tutta Italia e molte persone, comitive e scolaresche andavano a Schio per vederla. Iniziò a girare l’Italia per tenere conferenze di propaganda missionaria. Timida di natura e capace di parlare solo in lingua veneta, Bakhita si limitava a dire poche parole alla fine degli incontri, ma la sua presenza attirava l’interesse e la curiosità di migliaia di persone. Dal 1936 al 1938 fu nel noviziato delle canossiane a Vimercate e rientrò a Schio dove poi morì l’8 febbraio del 1947.

Per tutti era divenuta la “Madre moretta”, dolce, affabile, sempre disponibile al soccorso. Un giorno le domandarono: “Se lei incontrasse quelli che l’hanno rapita cosa direbbe?”. La risposta fu: “Se incontrassi i negrieri che mi hanno rapita e quelli che mi hanno torturata, mi inginocchierei a baciare le loro mani, perchè se non fosse accaduto ciò, non sarei ora cristiana e religiosa”.

Il 1º dicembre 1978 papa Giovanni Paolo II firmò il decreto dell’eroicità delle virtù della serva di Dio Giuseppina Bakhita. Durante lo stesso pontificato, Bakhita fu beatificata il 17 maggio 1992 e canonizzata il 1º ottobre 2000. Divenne così la prima santa sudanese.

 

 

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

Fonte foto: dalla rete

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