Ciribiribin

“Ciribiribin”, valzer nato nel 1898 da Carlin Tiòchet, pseudonimo di Carlo Alfredo Occhetti e musicato da Alberto Pestalozza, è, nello stesso momento, la canzone piemontese più conosciuta e più misconosciuta, al mondo. Infatti, pur essendo divenuta celeberrima, viene ritenuta da tutti, genericamente, una canzone italiana. Invece, la particolarità di questa canzone è che il testo originale è in lingua piemontese, e in piemontese avvenne la prima esecuzione a Torino, da parte della soubrette austriaca Mitzi Kirchner, e soltanto successivamente, venne tradotta in italiano.

In effetti, “ciribiri”, “ciribibì” e “cibibì” sono tre termini con i quali, a seconda delle zone del Piemonte, veniva chiamata la Cinciallegra (detta anche Testamora). Anche senza capire il significato della parola, però “ciribiribin” piacque immediatamente e subito a tutti, perché entrava in testa come un grimaldello. La Casa Musicale Carisch & Jänichen, che aveva pubblicato lo spartito e che, oltre ad avere una sede a Torino, aveva la sua sede principale a Milano, chiese urgentemente a Carlin Tiòchet di realizzarne una versione in lingua italiana, che potesse essere venduta in tutto il territorio nazionale.

Ormai questa melodia irresistibile aveva valicato le Alpi, per diffondersi per il mondo: fu tradotta in francese, in inglese, in tedesco, in spagnolo, in russo, e persino in giapponese, sempre tra l’entusiasmo del pubblico. Tutti i cantanti la vollero nel repertorio: nel 1909 la incise negli Stati Uniti Enrico Caruso e, sempre negli Stati Uniti, nel 1911, con il titolo di “Ciribiribin Waltz”, la incisero l’Orchestra di Charles A. Prince e da quella di Guido Derio, nel 1919 anche Helen Louise, con l’orchestra di Frank Ferera. Nel 1927, si cimentò, in italiano, la famosa soprano spagnola Lucrezia Bori, nel 1933 la seguì la soprano francese Hélène Régelly e, nel 1936, sempre in Francia, Elyane Célis. La canzone, nata durante la Belle Époque, conobbe una seconda giovinezza, grazie ad Hollywood.

Nel 1935, infatti, il regista americano Victor Schertzinger, che aveva ascoltato per caso “Ciribiribin”, se ne innamorò e pensò di utilizzarla come colonna sonora del suo film “Una notte d’amore” (One Night of Love). Grazie a “Ciribiribin”, interpretata sullo schermo dalla soprano Grace Moore, il film ricevette l’Oscar come migliore colonna sonora. La pellicola ebbe un successo enorme in tutto il mondo, e “Ciribiribin” divenne universale. Nel 1935, la incise in tedesco la soprano Erna Sack (soprannominata “Die Deutsche Nachtifall”, ovvero “l’Usignolo”), e subito dopo la cantante Jeanette MacDonald. Nel 1939, la volle incidere Bing Crosby assieme alle Andrews Sisters, con l’orchestra di Joe Venuti; la incise pure Frank Sinatra, la incisero le orchestre di Glenn Miller e Harry James (che la adottò come sigla).

In queste esecuzioni, tutte swingate, improntato al nuovo gusto imperante, dell’atmosfera del delicato valzer con il sapore delle rose di Guido Gozzano, restava molto poco. Sull’onda di questi successi, non poteva mancare, nel 1942, il Trio Lescano, mentre nel dopoguerra, la ripresero Mario Lanza, Perez Prado e Duke Ellington.

Una cosa curiosa, è scoprire come la melodia di “Ciribiribin”, in ogni Paese, venne adattata nella lingua locale, spesso stravolgendo il testo della canzone originale. Anche quando nel 1939 volle inciderla Frank Sinatra il paroliere Howard E Johnson volle presentare un testo del tutto nuovo, carico di un’immagine oleografica dell’Italia da cartolina, proprio come la vedevano negli stereotipi gli americani: «When the moon hangs low in Napoli / There’s a handsome gondolier / Every night he sings so happily / So his lady love can hear / In a manner oh gravissimo / He repeats his serenade, / And his heart beats so fortissimo / When she raises her Venetian shade…».

 

 

 

Autore articolo: Paolo Benevelli

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