La brutta fine di Antonio Pasquale Borbone

Nato a Palermo il 23 settembre 1816, Antonio Pasquale era il quarto maschio avuto dal futuro re Francesco I delle Due Sicilie e dalla sua seconda moglie, l’infanta Maria Isabella di Spagna.

Come per i fratelli maggiori l’educazione ricevuta non fu particolarmente raffinata. Investito sin dalla prima gioventù del titolo dinastico di conte di Lecce, aveva solo 14 anni quando accompagnò i propri genitori nel lungo viaggio in Italia, Francia e Spagna allorchè la sorella maggiore Maria Cristina (1806-1878) andò sposa, come quarta moglie, di Ferdinando VII di Spagna. Morto il padre, il fratello maggiore, Ferdinando (1810-1859), ascese al trono come Ferdinando II ed Antonio Pasquale iniziò in breve a dedicarsi ad una vita spensierata insieme ai suoi fratelli più grandi, Carlo, principe di Capua (1811-1862), e Leopoldo, conte di Siracusa (1813-1860). I tre principi divennero noti per le loro scorribande: secondo Harold Acton, se Carlo e Leopoldo erano solo donnaioli e precoci libertini, Antonio a sedici anni “godeva fama d’essere un satiro, sia pure in boccio”. La salute del giovane principe, descritta come particolarmente debole, pare non sia stata di ostacolo a tutto ciò.

Nel 1837 Ferdinando II cercò di farlo sposare a Luisa Maria Teresa dei Borboni di Francia, figlia dell’assassinato duca di Berry, ma nulla se ne fece a causa dell’opposizione della zia di questa, la duchessa d’Angoulême.

Nel gennaio 1843, improvvisamente, la corte di Napoli annunciò la dipartita del giovane principe, attribuita ad un attacco di febbre tifoidea. Ma la causa reale della morte di Antonio, malgrado il tentativo di occultamento, venne alla luce e divenne pubblica.

Una descrizione abbastanza dettagliata dell’avvenimento è riportata da una fonte purtroppo sospetta, Giovanni La Cecilia, che ne scrisse nel suo “Storie segrete delle famiglie reali o Misteri della vita intima dei Borboni di Francia, di Spagna, di Parma, di Napoli, e della famiglia Asburgo”, pubblicato a Genova in quattro volumi tra il 1859-1861 (è disponibile in rete). Gli eventi che ci interessano stanno nel 1º volume.

Dunque il nostro prode Antonio aveva acquistato una piccola casa di campagna in quel di Giugliano, alla periferia nord di Napoli, ove viveva circondato da un certo numero di servitori che il La Cecilia non esita a definire analoghi ai bravi di manzoniana memoria. Con tale truppa il principe quasi terrorizzava la popolazione con mille soprusi, a cui aggiungeva una insaziabile voracità sessuale che lo portava a insidiare e possedere, volenti o nolenti, tutte le donne che attiravano la sua attenzione. Già una volta le sue attività avevano portato alla morte di un poveraccio e al suo richiamo a corte per alcuni mesi, così come alla cacciata dal regno dei suoi bravi. Ma i vizi erano duri a morire. Alla fine pare Antonio abbia gettato gli occhi su una donna sposata appartenente alla famiglia Taglialatela e il marito di questa, assieme ai suoi parenti, abbia deciso di fargliela pagare. Secondo il La Cecilia,Antonio fu attirato dalla donna in una casa ove trovò ad attenderlo quattro dei Taglialatela, che lo presero a bastonate gettandone poi il corpo dalla finestra con il cranio fracassato. Il corpo fu rinvenuto quasi subito e trasportato a palazzo dove il giovane principe spirò il 12 gennaio 1843. Secondo altri il misfatto avvenne invece nella casa di Giugliano.

La cosa fu messa a tacere anche se i Taglialatela furono puniti in qualche modo. Undici anni dopo, in quel di Parma, il duca Carlo III fu pugnalato per strada da un sellaio, tale Antonio Carra, e anche qui la “vox populi” attribuì il misfatto alle scorribande amorose di un principe impenitente. Carlo, quando si dice il destino, era dal 1845 il marito della principessa francese che tanti anni prima aveva rifiutato Antonio Pasquale.

 

Autore articolo: Valerio Lucchinetti

Fonti: Giovanni La Cecilia, Storie segrete delle famiglie reali o Misteri della vita intima dei Borboni di Francia, di Spagna, di Parma, di Napoli, e della famiglia Asburgo

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