Tolkien e la mitologia norrena

Il 3 gennaio 1892 nasceva J.R.R. Tolkien. Quali sono gli analogismi che nella sua opera troviamo con la mitologia norrena?
Iniziamo con il dire, per correttezza di cronaca, che Tolkien era un fervente cristiano. Non era “eteno”, non era devoto alla cultura norrena. Tolkien era semplicemente una persona di una intelligenza encomiabile. Quelle persone con cui, se anche il loro pensiero differisce dal tuo, stareste ore e ore a dialogare pur mantenendo ognuno le proprie posizioni. Tolkien stesso dichiarò Il Signore degli anelli fosse “un’opera fondamentalmente religiosa e cattolica”, ma l’opera ha molteplici rimandi alla mitologia norrena, come ora illustreremo un po’ più nel dettaglio senza tediarvi ed annoiarvi.

“Non sono un “dotto” quanto al mito e alla fiaba (anche se ho molto riflettuto su di essi) giacché in questi ambiti (per quel che io ne conosco) sono sempre andato alla ricerca di materiali, di cose cioè di un certo tenore e di una certa atmosfera, e non della semplice erudizione. Inoltre – e qui spero di non sembrare assurdo – mi sono sempre, sin dal principio, rammaricato per la povertà del mio beneamato Paese: esso non possedeva racconti davvero propri (tutt’uno con la sua lingua e con il suo territorio), né della qualità che io cercavo e che trovavo (come elemento) in leggende di altre terre. Ce n’erano di greci, di celtici, di romanzi, di germanici, di scandinavi e di finnici (che mi hanno influenzato molto) , ma nulla d’inglese, a parte cose impoverite degne solo di libricini a buon mercato” scrisse Tolkien in una lettera a Milton Waldman.

Ci affidiamo ad una unica fonte per questo scritto, ed è l’autore stesso, così da fugare qualsiasi dubbio sulla veridicità di ciò che proponiamo. I riferimenti alla mitologia norrena (tra le altre) sono state confermate ovviamente dall’autore. Questo, lo ripetiamo, al fine di fugare qualsiasi dubbio sulle fonti, ma veniamo al sodo e citiamo alcuni di questi riferimenti un po’ più nel dettaglio.

Tra i più evidenti, parlando appunto di mitologia, non può che esserci la Terra.
Miðgarðr (in norreno) recinto di mezzo o terra di mezzo. Ed ecco il primo riferimento diretto. Sia a livello cosmologico (la terra al centro di tutto e tutto ciò che ne sta intorno), sia a livello di “razze”, con riferimenti a nani, elfi ecc, ovviamente in un contesto totalmente fantasy quindi con riferimenti a nomi, luoghi, oggetti, ma non mitologicamente fedeli.

Passiamo dunque alle razze: in particolar modo gli elfi (Tolkien fa chiaro riferimento ad Edda Poetica, Edda in prosa e saghe) – questo mistico popolo da lui ripreso e anche trasformato facendone delle vere e proprie icone – e in modo invece più alese: i nani! Si, perché proprio il popolo di Durin è stato preso e trasportato per intero nei romanzi tolkeniani. Citiamo come esempio Lo Hobbit, dove c’è il grosso di tutta la stirpe (con qualche aggiunta): Balin, Dwalin, Fíli, Kíli, Dori, Nori, Ori, Óin, Glóin, Bifur, Bofur, Bombur e Gandàlfr. Noterete che ho aggiunto Gandàlfr e non c’è il nome di Thorin, ebbene sappiate che lo stregone grigio (bianco poi) nella mitologia norrena era un nano e Thorin, è sì presente, ma con il nome di Eikinskjaldi, che può essere tradotto letteralmente in: scudo di quercia. (Fonte: Voluspa: la profezia della veggente)

Con le razze e i luoghi abbiamo menzionato anche gli oggetti. E quale potrebbe essere quello più iconico, se non l’anello del potere di Sauron? Per chi non conoscesse i fatti, in breve, l’anello viene trovato da un hobbit che a sua volta viene ucciso dal suo amico (Gollum) che glielo sottrae. Dopo lungo tempo, l’anello passa nelle mani di Bilbo Baggins della Contea (altro hobbit) e infine al nipote Frodo Baggins. La prerogativa di questo anello è il male che porta nei cuori di chi lo possiede/usa.

Il riferimento alla mitologia in questo caso è sempre all’Edda e nello specifico nella storia di Andvari e Loki. Quest’ultimo rubò ad Andvari tutti i suoi averi, incluso appunto il potente anello magico. Sicché Andvari lanciò una maledizione su quell’anello e cioè che sarebbe stato la rovina di chiunque lo avesse posseduto. Questo anello fu trafugato successivamente da Fáfnir (il nano). Egli si rinchiuse in una caverna e, trasformatosi in drago, giacque in protezione sull’oro (notare il parallelismo SmaugSmog– del Lo Hobbit). In ogni caso, l’anello, era sempre la rovina del suo portatore e questo portò infine all’estinzione della stirpe dei Völsunghi.
Bramosia di ricchezza, perdita dei valori fraterni sono stati molto spesso cardine delle decadenze dei popoli inventati da Tolkien e qui il rimando è abbastanza semplice ed evidente al Ragnarök (crepuscolo degli dei – fine del mondo). La storia dell’anello maledetto è ben riportato nell’Edda di Snorri a livello storico/mitologico. Oltre Tolkien, questo argomento attirò molti autori: tra cui anche Wagner, che ne fece un’opera: l’anello del Nibelungo.

E, parlando di opere, non possiamo non menzionare Beowulf, una delle prime fatiche letterarie di Tolkien. Qui il professore attinge a pieno dal poema epico (di autore sconosciuto) proponendoci una storia in prosa affascinante e intrigante; tra draghi, guerrieri ed avventure che ha sedotto e ammaliato milioni di lettori.

Queste sono solo alcuni dei parallelismi. Qualcuno potrebbe sindacare: e quindi, tutto qui? Ovviamente no. Il filo conduttore di tutti i suoi riferimenti (e non solo della mitologia norrena) è il rispetto in tutte le sue forme. Il modo che ha avuto di interpretare e reinventare alcune razze (come detto, gli elfi su tutti) e la mole del lavoro da lui svolto, nelle condizioni in cui le svolgeva all’epoca dei fatti (prima guerra mondiale dove Tolkien perse molti dei suoi amici), fanno di lui uno degli autori più rispettati del panorama mondiale.

 

 

Autore: Carlo Callà, nato nel 1984 a Biella, direttore postale, studia la cultura, la storia e la mitologia norrena e scandinava in generale.

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