El carlista, intervista al regista Mikel Navarro Ayensa

Il cortometraggio “El carlista”, finalista al festival “Navarra, Tierra de Cine” ed al festival internazionale del cinema “Near Nazareth”, in Israele, ci riporta ai giorni della Terza Guerra Carlista e narra del sergente Sanz de Galdeano, un carlista che torna a casa nonostante il rischio costituito dalla vicinanza delle truppe liberali, imbattendosi in nemici impensati. Abbiamo intervistato il suo regista, Mikel Navarro Ayensa, interrogandolo sui contenuti dell’opera e ne è nata una vivace conversazione che presentiamo alla vostra attenzione.

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Una pellicola dedicata al carlismo è singolare. Ti interessa questo movimento?

Il carlismo è una parte molto importante della storia della Spagna che non è mai stata ben spiegata nelle aule della scuola spagnola. Sembra che sia stata volutamente messa da parte, non ci si è mai interessati ad educare e informare su ciò che significava il pensiero carlista ed anche sulla sua corrente filosofica per vivere secondo costumi buoni, sani e austeri. Le guerre civili dell’Ottocento, precedenti a quella a tutti nota del 1936, sono materia in sospeso nelle scuole, negli istituti e nelle università. Per fortuna ci sono stati autori che si sono sforzati di spiegarlo bene, ma non è stata una maggioranza omogenea, piuttosto una piccolissima minoranza. L’istruzione e la storia in Spagna sono state dominate da altre correnti di pensiero.

Come è nata l’idea di questo soggetto cinematografico?

Nasce motivato dal bando del festival “Navarra Tierra de Cine”. Ho sempre voluto girare un western e ho sempre creduto che noi navarresi avessimo il nostro “far west” in sospeso, a causa della storia e dell’estetica, soprattutto con la terza guerra carlista. Abbiamo scambiato il berretto rosso con il cappello e abbiamo avuto pistoleri, soldati confederati o dell’Unione. Abbiamo avuto la nostra “guerra civile”. All’inizio era un invito aperto per una sceneggiatura. Ho fatto domanda e sono stato scelto tra i primi dieci finalisti. Se fossi arrivato in ​​finale, dovevi girare il corto sulla base di quella sceneggiatura e con una location fornita dalla società di produzione. Ho scelto la città di Arróniz, che è stata la migliore location possibile per girare “El Carlista” grazie alla sua grande forza ed all’impatto simbolico di un luogo in cui si sono realmente combattute le battaglie carliste e dove si trova anche Montejurra, una montagna sacra del carlismo.

Così l’hai definito “western forale”. Ti sei ispirato alle pellicole western, ma hai anche unito il carlismo con i viaggi nel tempo…

Certo, mi sono ispirato a diversi western come “Danza coi lupi”, “The Hateful Eight”, “I comanceros”, “I 4 figli di Katie Elder”, “Il mucchio selvaggio”… ma anche anche alla pellicola “Crónica de la guerra carlista” di José María Tuduri del 1988, un vero classico. C’è qualcosa di fantascientifico, infatti sono stato ispirato anche da grandi classici come “Radiazioni BX: distruzione uomo”, quando il protagonista attraversa uno strano fumo…

Che tipo di lavoro di ricerca è stato realizzato attorno ad armi ed uniformi?

Ci siamo affidati a José María Tuduri, grande esperto in materia oltre che regista. Tuduri è il collezionista che possiede il maggior numero di uniformi ed armi sul carlismo in Spagna. Grazie a lui ho potuto avere il migliore abbigliamento ed anche l’aiuto dell’esperto di armi e militaria Miguel Dutor, che ci ha fornito fucili Remington e armi corte con permessi validi. Ho avuto la fortuna di avvalermi delle migliori figure possibili per qualità professionali e umane. E quelle divise le indossano persone come il nostro protagonista Telmo Aldaz de la Quadra-Salcedo. Telmo è stato il miglior protagonista possibile, sembra Carlos VII.

Veniamo dunque al protagonista. Pronuncia spesso la parola “liberali” come un insulto, lo vediamo pregare e difendere la sua proprietà, la sua casa. Sembra vivere uno scontro con la modernità. C’è anche un discorso valoriale che intendi trasmettere?

Esatto, è uno shock culturale, la lotta di alcuni valori ormai perduti contro la modernità dei tempi attuali che divora tutto. La fede contro il progresso, la casa e la famiglia che costituiscono la terra ed il suo ambiente, le piccole fattorie contro gli allevamenti intensivi che non rispettano la vita, la dignità, la religione e le usanze. Prevale solo il mercato e l’ultraliberalismo del capitale che tutto devasta. Per questo vengono attaccati l’identità, il passato e la memoria. Oggi è interessante dimenticare e non sapere da dove veniamo.

Esattamente dove è stato girato il cortometraggio? Quali sono gli scenari che vediamo?

Ho solo parole di gratitudine per Arróniz e per il suo sindaco Ángel Moleón, così come per i suoi vicini che ci hanno aiutato molto durante le riprese. I luoghi principali sono l’Eremo di Santa Cecilia, l’Eremo della Vergine de Mendía, gli uliveti del paese e Montejurra. Per noi è stato un onore essere finalisti al Nazareth Film Festival in Israele, vedere gli uliveti di Arróniz in Terra Santa è stato altamente simbolico.

Conosci bene l’Italia. Che pensi del nostro Paese? E di Napoli in particolare? Riscontri qualche connessione con la mentalità ed il modo d’essere spagnoli?

Mi piace molto l’Italia, dopo la Spagna è il paese che conosco di più. Una terra di contrasti e particolarmente bella. Ha una dualità che mi affascina: grandiosa e decadente allo stesso tempo, come la vita stessa. Genova, La Spezia, Massa, Torino, Bergamo, Como, Bologna, Padova, Venezia, Firenze, Roma, Napoli, Sicilia, Isole Eolie, Elba… da nord a sud. Ho una predilezione speciale per il sud, per la sua storia comune con la Spagna, per i suoi costumi e soprattutto per la sua autenticità. La Campania è una regione speciale, con i suoi contrasti e dove ho grandi amici. La vita di strada, il sole e il carattere vulcanico e spontaneo della sua gente rendono i napoletani diversi dal resto degli italiani. Credo che ci siano ancora molti segreti da scoprire a Napoli, una città sempre in ebollizione che conserva un carattere etnografico e tradizionalista in estinzione altrove. Inoltre, ha anche un certo legame con la Navarra poiché vi è sepolto il grande Pedro Navarro, conte di Oliveto, a Santa Maria la Nova ed anche l’Infante Luis de Navarra y Beaumont, sepolto nella Certosa di San Martino. Un altro aspetto che mi lega all’Italia, più precisamente alla Sardegna, è stato un altro cortometraggio che ho realizzato intitolato “La mamma del sole”, ispirato ad una leggenda sarda.

Ringraziamo Mikel Navarro Ayensa per il tempo concessoci e vi raccomandiamo la visione del suo cortometraggio.

 

 

 

Autore intervista: Angelo D’Ambra

Foto gentilmente concesse da Mikel Navarro Ayensa

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