Breslavia nella storia

Parecchie volte distrutta dall’invasione dei mongoli, da incendi e da guerre civili, cattolicissima e poi riformata, dopo la guerra degli ussiti, Breslavia nel 1807 serbava ancora le sue fortificazioni d’età medioevale quando Vandamme, impadronitosene dopo la battaglia di Jena, le fece distruggere.

“È una città di origine slava (Wratislava) formata, al pari di tutte le città slave, d’una piazza circolare (il ring, anello) dove si tiene il mercato, e d’attorno alla quale staccansi in forma di raggi, delle vie rettilinee, ma per la maggior parte strette e cupe; la sola cosa che rompe questa regolarità è la piazza Blücher, dove si trova una statua del maresciallo. Vie e piazze presentano grandissima animazione; Breslavia è il più gran mercato di lane del continente. Il ring non si può quasi attraversare a mezzo il giorno. Tolte due torri alle quali si riferiscono poetiche leggende, la città offre poche curiosità e non è brillante. L’esistenza però vi è dolcissima, la società è delle più allegre, la musica eccellente, le distrazioni svariatissime, i luoghi pubblici di riunione innumerevoli”, si legge in un numero del Museo di Famiglia del 1866.

Sorse all’incrocio di due rotte commerciali esistenti, la Via Regia e la Via dell’Ambra, e se ne ha traccia per la prima volta nel X secolo. Nel 990 il duca Mieszko I di Polonia della dinastia Piast conquistò la Slesia e Breslavia, istituendovi un vescovado. La città divenne rapidamente un fiorente centro commerciale e si espanse rapidamente nella vicina Wyspa Piaskowa e poi sulla riva sinistra del fiume Odra. Tra il 1038 ed il 1054 fu soggetta al Regno di Boemia, passò poi ancora alla Polonia e fu brevemente indipendente per divenire, nel 1163, capitale del ducato di Slesia. Negli anni in cui Enrico I il Barbuto e suo figlio Enrico II il Pio provarono ad unificare la Polonia, la posizione geografia, l’enorme importanza commerciale e la turbolenta storia politica di Breslavia, ne avevano fatto un centro multiculturale con una popolazione composita. C’erano polacchi e boemi, ma anche ebrei, valloni e tedeschi.

Fu devastata nel 1241 durante la prima invasione mongola della Polonia, ma furono gli stessi abitanti ad appiccare le fiamme alle loro case per costringere i mongoli ad abbandonarla. La città ricostruita ed ampliata adottò le norme di Magdeburgo, probabilmente la più importante raccolta di leggi dei comuni medievali tedeschi, e, alla fine del XIII secolo, entrò a far parte della Lega anseatica. Nel 1289–1292 il re di Boemia Venceslao II divenne duca di Slesia, poi re di Polonia. La contestata legittimazione della sua dinastia portò Giovanni di Boemia, nel 1327, ad invadere la Polonia e ad ottenerne la corona, ma dovette poi abbandonarla inseguito all’intervento di Carlo I re d’Ungheria. Ladislao I, in una guerra con l’Ordine Teutonico sostenuto da Giovanni di Boemia, riperse la Slesia e Breslavia nel 1329 e la soluzione si placò qualche anno dopo quando Giovanni rinunciò alla sua pretesa alla corona polacca a favore di Casimiro il Grande che in cambio rinunciò ai suoi diritti su Breslavia e l’intera provincia della Slesia che entrarono nel Regno di Boemia. La città così vide spezzarsi i suoi legami politici con lo stato polacco ma rimase ad esso collegata culturalmente e religiosamente.

Tra il 1342 e il 1344 due incendi distrussero gran parte della città. Quattro anni dopo Casimiro III di Polonia rinunciò a tutti i diritti dinastici in Slesia in favore di Carlo IV di Lussemburgo, re di Boemia e imperatore del Sacro Romano Impero, tuttavia i suoi successori, Venceslao e Sigismondo, furono coinvolti in un lungo scontro con Breslavia che culminò nella rivolta delle corporazioni del 1418, quando gli artigiani locali uccisero sette consiglieri. Due anni dopo, un tribunale, alla presenza del re Sigismondo, fece giustiziare ventisette uomini individuati come responsabili della rivolta. L’astio si riaccese quando salì al trono re Giorgio che aderì alla riforma di Jan Hus. Breslavia insorse contro gli ussiti, schierandosi col cattolico Mattia Corvino, re d’Ungheria. Mattia, dopo aver scatenato la guerra di Boemia contro Giorgio, occupando Moravia, Slesia e Lusazia, riuscì farsi eleggere re di Boemia dai cattolici, contendendosi il legittimo potere con Giorgio fino al 1471, quando questi venne a mancare. Breslavia divenne così ungherese per tornare boema solo nel 1490, alla morte di Mattia Corvino.

Intanto, nel 1475, Breslavia era stata la prima città polacca a conoscere la stampa. La tipografia di Kasper Elyan diede alla luce la Statuta synodalia episcoporum Wratislaviensium che contiene il primo testo in assoluto stampato in lingua polacca. Sebbene queste opere però siano tutte cattoliche, in città si diffuse il luteranesimo. Nel 1524 il consiglio comunale emanò un decreto che obbligava tutti i chierici ad attenersi al sermone protestante. Restò una minoranza cattolica e questa fu protetta dagli Asburgo d’Austria che ereditarono Slesia e Boemia alla morte di Luigi II nella battaglia di Mohács nel 1526. Tornarono i minoriti, i gesuiti, i cappuccini, i francescani, le orsoline e la controriforma guadagnò terreno. Travolta da pestilenze e dalle guerre degli Asburgo, Breslavia vide pure moltiplicarsi la sua componente tedesca, continuò però a crescere di prestigio, divenne il centro della letteratura barocca dell’impero. Durante la guerra di successione austriaca nel 1740, la maggior parte della Slesia fu annessa al regno di Prussia e per la Breslavia si aprì una lunga fase di predominio germanico. Vi fu trasferita l’universi protestante della Viadrina, nel 1811, ed essa fu unita a quella dei gesuiti, la città divenne così il più grande centro scientifico prussiano dopo Berlino. Divenne soprattutto un importante nodo ferroviario ed un eccellente centro industriale, dedito alla produzione di lino e cotone ed all’industria dei metalli.

Divenuta parte dell’impero germanico nel 1871, vide crescere la sua popolazione come la sua economia. La lavorazione del legno, la birra, i tessuti e l’agricoltura, come la produzione di locomotive, segnò la vita di Breslavia che alla fine del secolo minacciò di eclissare Berlino come centro finanziario del paese. Era una città di frontiera ai margini del mondo slavo, con una netta maggioranza di popolazione tedesca, ma consistenti minoranze polacche, ebree e ceche. Non mancarono problemi di convivenza, anzi, le minoranze, in particolare quella polacca, subirono diversi soprusi. Un clima di scontro s’accese dopo il trambusto della Grande Guerra e della Repubblica di Weimar, quando furono appiccate le fiamme alla biblioteca polacca e cinquanta negozi del centro furono saccheggiati da manifestanti antisemiti. Le violenze divennero politiche ed Hitler, che tenne un comizio in città nel 1932 davanti a sedicimila persone, vi ottenne il 43% dei voti nel 1932. Il 30 gennaio 1933 fu nominato Cancelliere della Germania.

La città divenne una delle più grandi basi di supporto del movimento nazionalsocialista che probabilmente godette del sostegno dei disoccupati. Breslavia era infatti tra le otto più grandi città della Germania con il più alto tasso di disoccupazione. Già nel 1933 iniziarno le azioni della Gestapo contro gli studenti polacchi ed ebrei. Numerosi furono gli arresti ei brutali pestaggi per quanti osarono parlare polacco in pubblico. Nel 1938 il centro culturale polacco, la Casa Polacca, fu distrutto dalla polizia, stessa sorte toccò anche alla Nuova Sinagoga. Molti dei diecimila ebrei della cittù furono deportati nei campi di concentramento nazisti prima della guerra. Si scatenò poi una folle campagna di germanizzazione che portò ottantotto località della città a ricevere un nuovo nome in tedesco, anche la W contenuta nello stemma della città fu cancellata perchè considerata “troppo slava”. Tanti furono i polacchi mandati nei campi di concentramento, intellettuali, artigiani, uomini di cultura. Durante la guerra 363 cechi e 293 polacchi, membri della resistenza, furono giustiziati nelle prigioni cittadini. Nel distretto di Breslavia furono istituiti diversi campi di lavoro forzato che accolsero diverse migliaia di prigionieri. Stime ufficiali naziste riportarono 43.950 lavoratori forzati nel 1943 e 51.548 nel 1944, la maggior parte dei quali polacchi. Nel 1941 la rimanente minoranza polacca organizzò un gruppo di resistenza chiamato Olimp cui si affiancò a diversi altri fino all’arrivo dell’Armata Rossa che cinse d’assedio la città per tre mesi. Il 7 maggio del 1945, Breslavia in rovine si arrese.

Consegnata alla Polonia, nel periodo comunista Breslavia vide ripopolarsi di polacchi mentre i tedeschi furono espulsi. Il regime fu osteggiato in un crescendo di malcontento sino agli anni Ottanta del Novecento quando in città sorse un movimento anticomunista chiamato Pomarańczowa Alternatywa, Alternativa Arancione, che si serviva di elementi assurdi ed insensati per contestare pacificamente il governo. Alternativa Arancione era, infatti, solita dipingere nani sui graffiti antigovernativi che la polizia copriva sulle mura della città. Per commemorare il movimento guida della contestazione cittadina, nel 2001, iniziarono a comparire i famosi nani in bronzo parte integrante del caratteristico spazio urbanistico di Breslavia.

 

 

 

 

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

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