Ciro, il dinosauro di Pietraroja

Ciro è il primo dinosauro ritrovato in Italia, un piccolo fossile appartiene ad un neonato che, dopo più di cento milioni di anni, conserva ancora molti tessuti molli ed organi interni fossilizzati.

L’incredibile scoperta avvenne nel 1981 presso Pietraroja, a nord-est di Benevento nella zona del Matese, sotto monte Mutria, in un sito geopaleontologico formato da depositi di fondi marini poco profondi, accumulatisi dal Triassico superiore fino al Cretaceo superiore, ricchi di fossili di pesci, anfibi e crostacei.

A ritrovarlo fu un appassionato, Giovanni Todesco, che lo conservò pensando fosse una semplice lucertola. Solo più tardi Ciro fu posto all’attenzione degli esperti che ne riconobbero la notevole importanza, passando prima al  Museo civico di storia naturale di Milano poi al Museo Archeologico di Napoli.

Questo cucciolo di dinosauro, scientificamente chiamato Scipionyx Samniticus cioè “artiglio di Scipione del Sannio” con riferimento a Scipione Breislak che nel 1798 studiò il giacimento di Pietraroja, era un carnivoro appartenente alla prima linea evolutiva dei Velociraptor. Ha poche settimane di vita ed è lungo ventitré centimetri.

Il suo corpo venne inghiottito dal mare centodieci milioni di anni fa finendo sul fondale dove restò intrappolato in fanghi calcarei che ne favorirono l’immediata fossilizzazione. È così che i suoi resti sono arrivati fino a noi in condizioni straordinarie.

Scipionyx conserva una varietà di tessuti molli enorme ed, in gran parte, visibili ad occhio nudo. Ci sono legamenti, cartilagini delle zampe, muscoli del collo, parte della trachea, residui dell’esofago, tracce del fegato e di altri organi ricchi di sangue, l’intero intestino, vasi sanguigni mesenterici, muscoli del cinto pelvico, degli arti posteriori e della coda e nel suo intestino sono stati individuati resti di lucertole e pesci.

In particolare, la presenza di un grosso fegato sotto la cavità toracica, lascia supporre che Ciro fosse un animale a sangue freddo ma con la possibilità di passare ad un metabolisco “a sangue caldo” in momenti particolari come ad esempio la caccia. Un po’ accade per i coccodrilli, il fegato gli permetteva l’iperventilazione dei polmoni per garantire ai muscoli l’ossigeno necessario per sforzi più intensi.

La notizia, apparsa su tutta la stampa nazionale, ha avuto un vasto eco, facendo aumentare notevolmente l’interesse per il Parco geopaleontologico di Pietraroja che oggi conserva il reperto.

 

  • Notizie sul Paleolab di Pietrarioja

Il Paleolab è un museo di geologia e paleontologia che ricostruisce l’area intorno Pietraroja, a nord-est di Benevento nella zona del Matese, sotto monte Mutria, come doveva essere circa centodieci milioni di anni.

Pietraroja si trova oggi ad ottocento metri di quota ed in quel periodo era in un’isola in una zona dall’aspetto lagunare del Tetide con clima propriamente tropicale. Nelle acque stagnanti si accumulavano nutrienti che davan vita ad alghe e piante acquatiche e la loro decomposizione liberava gas velenosi che uccidevano piccoli animali, soprattutto marini. n un arco di tempo lungo cento milioni di anni, l’area raccolse e conservò i resti di animali che andarono fossilizzandosi.

L’ambiente era uguale a quello attuale delle Isole Bahamas; sulle terre emerse la vegetazione era formata in prevalenza da felci e non c’erano ancora piante con fiori né erba. La presenza di fossili di carnivori rivela che dovevano esserci molti altri animali.

Il tempo ci ha dunque consegnato un’area di enorme interesse in cui sin dal 1798 il geologo Scipione Breislack segnalò la presenza di fossili. Breislak fu colpito dalla composizione calcarea delle pietre e le “impressioni di pesci” scolpite nelle rocce così il governo borbonico vi fece eseguire dei primi scavi. Nel Novecento nacque un vero e proprio parco geopaleontologico affiancato da un museo inaugurato il 10 aprile del 2005.

Il giacimento fossilifero di Pietraroja è dunque un sito di rilevanza internazionale. Vi affiorano i famosi calcari a ittioliti, un calcare fittamente stratificato di colore bianco/grigio, in cui si alternano livelli di selce, in passato usato come pietra litografica. Su queste superfici si possono ammirare resti di pesci, gusci ed anche resti di vegetali.

Le specie fossili conosciute nel giacimento di Pietraroja sono ad oggi settanta tra animali e vegetali. Tra i fossili di invertebrati si trovano i Crostacei Decapodi, dei gamberi i cui resti sono frequenti perchè abitavano la laguna soprattutto nei periodi in cui le acque eran bene ossigenate. Frequenti sono anche i Molluschi Gasteropodi, esclusivamente in forme turricolate, cioè con corpo affusolato. Si sono rinvenuti anche resti di stelle marine.

Il museo testimonia la grande ricchezza di questo patrimonio. In esso ci sono diversi allestimenti curati dal fisico Paco Lanciano, comprendenti proiezioni di video, modelli in scala e fossi ritrovati in zona come Lepidotes, Notagogus pentlandi, Coelodus costai, Dyplomystus braevissimus, Derasmosaurus pietraroiae

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

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