Don Pedro di Elisonda, il dramma storico carlista di uno scrittore vicentino

 Nell’anno 1900, il poeta Giovanni Martini (Marostica, 8 ottobre 1876 – Vicenza, 16 novembre 1905) diede alle stampe “Don Pedro di Elisonda”, un intenso dramma storico legato alle vicende di una famiglia dell’aristocrazia navarrese impegnata nella Prima Guerra Carlista.

Per essere compresa, la trama del testo richiede una certa confidenza con la storia iberica.

Morti neonati i quattro figli avuti dalla sua terza moglie e spirata anch’essa, il re di Spagna Ferdinando VII iniziò ad essere ossessionato dalla necessità d’aver un erede maschio che garantisse stabilità alla monarchia in un periodo in cui essa era bersagliata dalle fazioni liberali. Con Maria Cristina di Borbone-Due Sicilie, la quarta moglie, prossima al parto, volle cautelarsi stabilendo che anche una figlia avrebbe potuto regnare. Così, nel marzo del 1830, promulgò la Pragmatica Sancion, un documento con cui annullò la legge salica sino ad allora in vigore. Ad ottobre di quell’anno, manco a dirlo, vide la luce una bambina: Isabella. Nel giro di tre anni Ferdinando VII spirò e sua figlia, sotto la reggenza della madre, divenne sovrana in luogo di Carlos Isidro, fratello del defunto re. Privato del suo diritto alla successione, lo zio di Isabella si rifiutò di riconoscere la sua legittimità, la coscienza e l’onore gli impedivano di giurare fedeltà alla Niña. Fu spinto ad abbandonare Madrid e subì la confisca d’ogni suo bene. Tornò però presto, con un esercito pronto a combattere in tutta la Spagna per affermare i suoi diritti. Ricevette il consenso degli ambienti monarchici conservatori, mentre Isabella raccolse attorno a sé il sostegno dei liberali, di intellettuali imbevuti di repubblicanesimo, di ambienti spesso segnati da estremismi e posizioni antitetiche, espressione di un progressismo conflittuale, votato al centralismo, alla riduzione delle prerogative ecclesiastiche.

I primi passi di Carlos Isidro, proclamatosi re Carlo V di Spagna, furono segnati da sconfitte nette. Gli isabellini potevano contare su un’organizzazione militare superiore e sull’abilità dell’ambizioso e spietato Vicente Genaro de Quesada. Fu l’ascesa del genio tattico del generale Tomás de Zumalacárregui a dare coraggio ai carlisti. Martini seguendo le sue fonti storiche, lo chiamò “Zumala” per facilitare al lettore italiano la pronuncia di un nome tipicamente basco. Grazie a lui, Carlo ebbe il saldo controllo della Navarra e dei Paesi Baschi, stabilendo un governo provvisorio nella città di Estella.

La guerra carlista sarebbe finita con una sconfitta nell’estate del 1840, ma Giovanni Martini non ne descrisse l’intero corso. L’intento dello scrittore fu quello di dare luce a valori e scelte forti. Non è certa la sua adesione al movimento carlista, né si conosce qualcosa della sua frequentazione di Palazzo Loredan, immobile in cui soggiornò il successore carlista, Carlo VII, a Venezia. È probabile che Martini conobbe il carlismo tramite alcune opere dei gesuiti italiani e ne condivise istanze sociali e posizioni politiche. Così in “Don Pedro di Elisonda” abbracciò senza indugio la causa della controrivoluzione, mostrò il soldato carlista come un nuovo crociato, il protagonista di una nuova Reconquista, religiosissimo e compassionevole combattente di un re povero, retto, mosso da un profondo senso di giustizia. Interessante è anche notare come scelse d’affidare il ruolo chiave alla singolare figura di un carlista di colore, Numida, il servitore dei Conti di Elisonda. Fu forse un messaggio antischiavista, espressione del clima innescatosi in Italia dopo la sconfitta di Adua, o ancora una testimonianza di vicinanza a Carlo VII ed a suo figlio Jaime, antagonisti del colonialismo italiano.

Il dramma in questione conferma la vicinanza di ampi settori del cattolicesimo italiano, e in particolare dell’intransigentismo veneto, al carlismo. Nell’edizione del 2021, stampata da Solfanelli, un saggio di Riccardo Pasqualin, curatore di questo nono volume della Collana di Studi Carlisti, prova a far chiarezza sul tema. Emerge quanto le posizioni carliste fossero sostenute dalle pubblicazioni cattoliche venete – il Veneto Cattolico, il Foglietto di Vicenza e altre – e il ruolo giocato da Venezia, anche dopo l’enciclica Rerum Novarum, come centro culturale del rinnovamento del carlismo.

 

 

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

Bibliografia: G. Martini, Don Pedro di Elisonda, Solfanelli, Chieti 2021; R. Pasqualin, I Re carlisti a Venezia. Altre curiosità sul Carlismo veneziano e gli esordi della navigazione a motore a Venezia, in «Storia Veneta», n. 62, anno XIII, giugno 2021, pp. 29-36

 

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