Anna Notaras, un’aristocratica bizantina in Italia
Costantinopoli cadde nel 1453 ma da molto prima i bizantini avevano percepito che l’Impero era in decadenza e che l’antica capitale era per sempre lontana dalla sua gloria. L’avanzata turca aveva via via isolato Costantinopoli ed in molti iniziarono a guardare all’Italia come una possibile via di fuga dall’inevitabile. Per esempio già Teodoro Paleologo, morto nel 1440, prese accordi con Venezia affinché fosse ricevuto se i turchi avessero preso Costantinopoli. Come il fratello dell’imperatore Manuele II, tanti si diressero verso l’Italia, non solo da Costantinopoli ma anche dalle aree di lingua greca governate da Venezia come Creta, Corfù, Negroponte e Modone. Caduta poi Costantinopoli, l’afflusso di greci fu enorme: intorno al 1478 la popolazione greca di Venezia contava circa quattromila persone, concentrate principalmente nell’area di Castello, e il cardinale Bessarione poteva a buon ragione asserire che la città lagunare era “quasi un’altra Bisanzio”. Erano marinai e carpentieri che ben presto trovarono lavoro all’Arsenale. C’erano anche sarti e artigiani. Non mancarono soldati che si unirono agli Stradioti, un reggimento interamente composto da mercenari balcani.
Tra gli esuli bizantini che raggiunsero l’Italia prima della vittoria turca ci fu Anna Notaras figlia di Luca Notaras, il mega dux dell’Impero Romano d’Oriente.
Forte di una educazione classica, tipica delle donne patrizie di Costantinopoli, Anna Notaras aveva grandi conoscenze letterarie, familiarità con le opere della letteratura ellenica ed antica e, soprattutto, un solido sapere ecclesiastico e teologico. Fu probabilmente nel 1440 che si trasferì in Italia, a Roma, e portò con sé la cospicua eredità paterna, rari libri – tra cui probabilmente l’Odissea – e preziose icone come quella del Cristo Pantocratore.
L’ondata di esuli che seguì il 1453 la vide protagonista di un grande sforzo d’accoglienza. Anna Notaras affiancò infatti il Cardinale Bessarione nell’aiutare i suoi connazionali a stabilirsi nello Stato Pontificio. Probabilmente fu lei a pagare il riscatto per il famoso storico Giorgio Sfranze, ridotto in schiavitù dagli ottomani. Nel 1459, diseredato suo fratello Giacomo Notaras per essersi convertito all’islam, Anna rivendicò anche quanto del lascito familiare era depositato presso il Banco di San Giorgio a Genova. Alla caduta di Trebisonda e della Morea nel 1461, anche con i nuovi averi, il suo impegno crebbe, fu inoltre raggiunta dalle sue due sorelle Teodora ed Elena, poi pure da suo fratello Giacomo.
La Roma di Pio II, di quell’Enea Silvio Piccolomini così sensibile alla cultura, alle lettere, alle antichità, le parve il posto giusto dove condurre iniziative volte a preservare la memoria, la cultura e l’identità ellenico-ortodossa. Le cose cambiarono coi successori pietrini e nel 1472 Anna iniziò le trattative con Siena per prendere possesso dell’antico castello di Montalto e delle terre circostanti per fondare lì un comune dove i greci potevano vivere “secondo le loro leggi e costumi”. In tali circostante il Consiglio di Siena si rivolse a lei come: “Olim sponsae imperatoris Romanie grecorum et Constantinopolis et filie olim illustris principis domine Luce magni duci Romanie” ovvero “Coniuge dell’Imperatore di Romania, Greci e Costantinopoli, e figlia dell’illustre Lucas, granduca dei Romani”. Questa è l’unica prova che attribuisce ad Anna Notaras il matrimonio con l’ultimo imperatore bizantino, Costantino XI Paleologo. Non si fa menzione di un simile matrimonio in nessun’altra fonte per cui la notizia è completamente falsa o probabilmente fu solo promessa sposa dell’Imperatore.
Alla morte di Bessarione, che alla Serenissima aveva donato la sua raccolta di codici e manoscritti greci e latini, Anna Notaras scelse la città lagunare come sua residenza. La raggiunse nel 1475 e investì le sue ricchezze in una tipografia con Nicola Vlasto e Zaccaria Calergi, due nobili cretesi. Il primo libro uscito dalla stampa fu l’Etymologiucum Magnum in cui si legge la dedica alla “modesta signora Anna, figlia di Luca Notaras”.
Concorse alla fondazione della “scuola greca” di Venezia, quella che sarebbe divenuta la Scuola di San Nicolò dei Greci, una delle più prestigiose istituzioni di apprendimento della Repubblica di San Marco, e si impegnò per dare alla sua comunità una chiesa. I greci in quegli anni si riunivano in preghiera nella Chiesa di San Biagio, ma, anche grazie ad Anna Notaras, il Consiglio dei Dieci della Serenissima acconsentì alla costruzione di quella che sarebbe divenuta la Chiesa di San Giorgio dei Greci. Anna non poté vederla, morì nel 1507, ma è qui che furono custodite le icone che aveva portato da Costantinopoli.
Autore articolo: Angelo D’Ambra
Bibliografia: E. Gibbon, Storia della decadenza e caduta dell’impero romano; J. Harris, Byzantines in Renaissance Italy; S. Ronchey, Un’aristocratica bizantina in fuga: Anna Notaras Paleologina