Epidemie letterarie. Peter George, quando i comunisti avvelenavano i “fluidi vitali”

Il romanzo “Red Alert”, pubblicato nel 1958 dallo scrittore britannico Peter George, ha una curiosa evoluzione. Come accadrà successivamente anche ad Arthur Clarke, lo scrittore-scienziato di Ceylon, quattro anni più tardi, anche Peter George cambiò alcune parti dell’opera dopo l’incontro col genio cinematografico di Stanley Kubrick.

Nel 1964 uscì, quasi contestualmente al film da esso tratto “Il dottor Stranamore”, la nuova revisione del testo, la stessa edita in Italia presso Bompiani. La versione cinematografica del libro seguì lo stesso iter di “2001: Odissea nello spazio”. Kubrick lesse allora la novella di Clarke “La sentinella”, fece le sue ovvie annotazioni e poi insieme scrissero, a quattro mani, la versione romanzata, che successivamente Clarke collocò all’interno di una autonoma tetralogia, mentre il film si apprestava a rivoluzionare l’universo filmico fantasy- fantascientifico- filosofico.

Peter George affidò a un romanzo fantapolitico di genere grottesco tutte le paure contemporanee del mondo sulla possibile deflagrazione di un prossimo conflitto bellico nucleare, temendo, come molti all’epoca della Guerra Fredda, lo scoppiò della Terza Guerra Mondiale.

Immaginò che un generale depresso e paranoico dell’aviazione statunitense (Jack D. Ripper, che se leggete con pronuncia inglese suona come Jack The Ripper, ossia Jack lo squartatore, il serial killer) lanciasse un attacco nucleare aereo contro l’URSS, attraverso l’843º stormo bombardieri seguendo le istruzioni del “Piano di attacco aereo R”, R come “Rappresaglia”, asserragliandosi poi dentro la propria base, convincendo i soldati di stanza nel complesso militare a sparare a chiunque provasse ad avvicinarsi sotto i duecento metri di distanza, anche con la stesa divisa addosso, poiché si trattava di sovietici travestiti in missione. In uno snodo fra ilarità e passiva accettazione degli eventi, fra scontri falchi/colombe nelle sale di guerra del Pentagono, surreali telefonate fra Presidenti, tentativi di recupero dei codici segreti per fermare l’attacco, la trama si complica fino al convulso finale. I sovietici si preparano alla contraerea, ma svelano la presenza di un meccanismo a innesco automatico in seguito all’attacco chiamato “Ordigno Fine del Mondo”, una sequenza di esplosioni nucleari che distruggerà il pianeta. Il nostalgico nazista dottor Stranamore, malefico paraplegico genio del male, svelerà un piano per la salvezza de genere umano, in grado di salvaguardare una specie umana altamente selezionata che sopravviva in attesa che cessino, nel tempo, gli effetti dell’olocausto atomico.

Nella prima stesura del romanzo la fine del mondo viene scongiurata, nelle successive, definitive edizioni, sotto spinta kubrickiana, il Mondo esplode.

La curiosità attuale del libro è il tema epidemiologico. Il motivo scatenante di tutta la vicenda è il terrore, vissuto in modo paranoico dal generale Ripper, che i sovietici abbiano elaborato un piano per sterminare il nemico attraverso un’epidemia, un sistema subdolo di inquinamento, di ammorbamento degli occidentali attraverso sostanze inodore e insapore presenti negli acquedotti, negli alimenti, nelle bevande, sostanze in grado di avvelenare i “fluidi vitali”, rendendoli quindi condizionati, contaminati, attuando un piano di controllo virale senza il ricorso alla forza e alle armi convenzionali.

Si può parlare di un’ipotesi di conflitto chimico, che, anche nel delirio folle di Ripper, rimbomba sinistramente attuale nelle teorie complottiste relative alle pandemie odierne.

 

 

 

 

 

 

Autore articolo: Davide Barella, insegnante, si occupa di teatro sociale (scuole, carceri, disabilità) e di promozione della lettura e della letteratura per ragazzi. E’ autore di saggi e articoli sui Ventimiglia, sui cavalieri corsari e su Emilio Salgari.

 

 

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