I Maestri Rivellesi o Calderari della Basilicata

La setta dei Calderari ha una origine avvolta nel mistero che proviamo a svelare con questo documento tratto da “Storia dei moti di Basilicata e delle provincie contermine nel 1860” di Giacomo Racioppi.

 

Questa congrega meriterebbe se ne scrivesse la storia. Però non ci è paruto inutile di raccogliere, qui sotto, alcune brevi filamenta di essa e la notizia, forse ignota o poco nota, di un’altra vicenda della Carboneria napoletana, come appariscono da un documento uffiziale, che pubblichiamo per breve parte. E desso una inedita Relazione del primo presidente della Corte Criminale di Terra di Lavoro, Florio Antonio de Blasio, al Ministro di Giustizia, del 26 settembre 1816, sulla processura a carico di Nicola Santangelo, Intendente della provincia di Basilicata, di Saverio Carelli, segretario generale alla Intendenza stessa, dell’Aiutante generale Diodato Sponsa, del Maggiore Francesco Corbo, e di Giulio Amodio, direttore del demanio. La relazione molto chiaramente dimostra, che le carte settarie addebitate a cotesti alti uffiziali pubblici, per cui furono sostenuti, erano falsificate dagli adepti delle società sanfedistiche, a fine di vendicarsi di taluni di essi, i quali li aveano fatto perseguitare pei tristi conati del 7 maggio 1815.

 

« ….Una delle segrete associazioni, che laceravauo la Capitale e le provincie del regno, era quella dei Carbonari; la quale quantunque abbia remoti principii, pure in questo regno era ignota prima del 1806. Ebbe cominciamento all’occupazione militare, e gli uiliziali dell’armata straniera ne sparsero le prime idee.

« I suoi statuti, apparentemente almeno, non conteneano che principii di morale, tendenti a spargere legami di scambievoli soccorsi, di carità e di pietà, sotto l’ombra di simboli adattati alla volgare intelligenza, e desunti dalla nostra santa religione.

« L’Ordine era diviso in unioni chiamate Vendite; e dal complesso di queste la Carboneria veniva costituita. Ogni vendita veniva regolata da un capo sotto nome di Maestro, da due Assistenti, da un Oratore e da un Segretario (a): e queste cariche erano annuali. Il sacrosanto segno della Croce, sotto il nome di sacro tronco, accoglieva il giuramento degl’iniziati (b); i quali prendevano il nome di Buoni Cugini. I gradi dell’Ordine erano due, cioè quello di Apprendente e quello di Maestro. Si dice che aveva altri gradi; ma questi non erano conosciuti nel regno.

« Il progressi di questa setta sulle prime furono lenti; ma quindi nella vertigine degli spiriti cominciò a propagarsi da giorno in giorno; ed accoglieva individui di ogni ceto, principalmente delle infime classi; alcuni tratti dalla novità, altri da spirito di speculazione, e la massima parte, come suole avvenire in affari di tal sorte, spinti dall’opera della furberia e dell’impostura.

« I disordini che nacquero in alcune Vendite, i mali che l’armata francese soffrì per la mano delle associazioni segrete del Nord, e le sollevazioni sviluppate negli Abruzzi, richiamarono l’attenzione del governo sulla Carboneria. Nel 1813 si cominciarono a sentire le prime disposizioni tendenti a sopprimerla; e finalmente fu fulminata con un decreto che porta la data del 4 aprile 1814.

« Non ostante questo decreto la Carboneria continuò i suoi travagli, sebbene con riserva; anzi questa setta fa causa che ne sorgesse un’altra.

« In una Vendita che si tenne in Napoli in Agosto 1814 si determinò, che quante volte i travagli dovessero essere diretti per avere un Re costituzionale, era più espediente, che si fusse travagliato in sostegno del nostro augusto sovrano Ferdinando IV; e per eseguirsi questi travagli si formò una setta, che prese il nome della Vera Amicizia; e gl’individui che la componevano venivano chiamati i Veri Amici, o i Carbonari riformati, oppure i Trinitarii; giacché portavano per stemma l’emblema della SS. Trinità.- Questa nuova setta, che dai Massonici si chiama, per disprezzo, la società dei Calderari, o dei Rivellesi, per essere i maestri calderari del comune di Rivello, ebbe un rapido incremento e si diffuse per le provincie, e particolarmente in quella di Basilicata; ove fra gli altri individui che si posero alla testa di essi, vi furono D. Matteo Catalano del Vaglio, D. Giovanni Vincenzo Cupola e D. Giambattista Putignani di Tricarico, e D. Prospero Simeone di Stigliano, tutti congiunti del ricevitore generale D. Nicola Addone.

« Questo stesso governo, che nel 1814 aveva creduto espediente di fulminare la Carboneria, vedendo in seguito che si era resa numerosa e gli dava da temere, verso gli ultimi giorni della sua caduta, stimò di prendere anche osso parte in tale setta, lusingandosi che in tal maniera poteva conoscerne tutte le fibre e regolarne le mosse.

« Per questo oggetto, nei principii di maggio 1815, nel salone di S. Agostino alla Zecca, si tenne una piena seduta di Carbonari, nella quale intervennero molti individui della capitale e delle provincie. Dopo di essersi ivi esposte le cause, per le quali la Carboneria era stata soppressa, e per le quali si permetteva la riattivazione; dopo di essersi manifestato che Gioacchino Murat si era dichiarato Gran Maestro dell’Ordine, e che in tempo meno aspettato avrebbe fatto il dono di una Costituzione liberale, si fece la nomina del governo provvisorio dell’Ordine, si istallarono i dignitarii, e si fissarono i seguenti articoli, secondo i quali regolar si doveano i travagli.

« 1.° I nomi di Carboneria, Vendita, Buoni Cugini saranno rimpiazzati da’nomi di Agricoltura, Pagliaia, Buon Colono.

« 2.° Tutte le Pagliaie dello Stato riattiveranno il loro travaglio, designeranno i titoli che le distinguono, i siti e i giorni delle loro unioni; e rimetteranno alla gran Pagliaia di Napoli i quadri dei Buoni Coloni, che le compongono, servendosi delle voci surrogate alle antiche.

« 3.° Le Pagliaie aperte forse durante la sospensione, sono ammesse alla riunione comune dietro la dimanda di regolarizzazione, accompagnata dai quadri del Buoni Coloni, che le compongono.

« 4.° Le leggi fondamentali dell’Ordine conosciute siano tuttora la norma dei travagli; serbate le mutazioni di sopra espresse. In breve, un prospetto di Statuto costituzionale sanzionato dalla Dieta, dopo che saranno precedute le osservazioni di tutte le Pagliaie, servirà per legge invariabile.

« Nel giorno seguente si formò una circolare a nome della rispettabile Gran Pagliaia dei buoni coloni dello stato di Napoli; ed in essa si espose quanto si era nella seduta del giorno precedente stabilito, e si dichiarò, che i quadri dovevano contenere il puro dell’Ordine, e rimettersi depurati; giacché non si dovevano riunire nuovamente all’Ordine tutti coloro, che si vantarono di appartenervi, e che produssero la soppressione; ma quelli soltanto che si ritirarono colla virtù.

« Questa circolare si pubblicò colle stampe; e firmata da Colletta Gran-Presidente, Mantoné gran-primo Assistente; Siniscalchi Gran-secondo-Assistente, Muscari Grande Oratore, e Bevilacqua Gran-Segretario, si diresse alle altre Pagliaie del regno.

« Per la pubblicazione di questa circolare, ed affinché si fosse diramata per tutte le provincie, se ne incaricò la polizia; ma siccome in quel tempo le insorgenze erano cresciute e la posta non aveva il libero corso, cosi non poté pervenire a tutti gl’Intendenti delle provincie.

« Nel mentre in Napoli si cercava riorganizzare questa novella associazione, nella provincia di Basilicata D. Matteo Catalano, D. Giovanni Vincenzo Cupola, D. Giambattista Putignani e D. Prospero Simeone, che aveano inteso l’avvicinamento delle vittoriose armi Austriache, si posero alla testa di più centinaia di Riformati, ossiano Veri Amici, o Calderari, armati di tutto punto, e cominciarono a suscitare la rivolta in Tricarico. ‘

« Quindi nel giorno 1 maggio 1815, uniti a quindici gendarmi Reali disertori, ed ai Calderari di Albano, di Montepeloso, di Tolve e di altri luoghi, fecero punto di riunione in S. Maria di Fondi presso Tricarico, coll’idea d’invadere Potenza, massacrare le principali Autorità, che dal governo passato erano costituite, e saccheggiare anche la Cassa pubblica.

« Né questi, né altri simili tentativi, che in detto mese si fecero da questi capi settarii, ebbero effetto alcuno, sì per la ripuguanza di alcuno dei loro socii, e sì ancora per la valida resistenza, che le autorità costituite loro opposero per mezzo della Guardia di sicurezza. Ciò non ostante dopo che S. M. riacquistò l’intero regno, e coi suoi proclami ordinò che nessuno fosse molestato e che tutti gl’impiegati fossero mantenuti nelle loro cariche ed onori, le autorità suddette, e coi loro rapporti e con una processura, che fecero compilare dal Giudice di pace di Tricarico e che esiste nella Corte Criminale di Potenza, cercarono d’incriminare e di perseguitare le persone che si erano messe alla testa della sopradettn gente armata; e gli riuscì ancora di ottenere gli ordini di arresto contro Cupola e Catalano; che evitarono, con essersi nel dì 13 agosto 1815 presentati nella prefettura di polizia; e da questa nel di 24 settembre 1815 fu di ordine sovrano rilasciato in favor dei medesimi il corrispondente salvo-condotto»………

 

(a) Più innanzi la relazione dice: – « In ciascuna vendita, oltre dei a cinque dignitarii, vi era il Tesoriere, l’Elemosiniere, il Maestro di cerimonie, l’Esperto, il Guardabollo, e il Covritore, ossia Portinajo ».

(b) Nella stessa relazione si legge, più innanzi, a proposito del giuramento : – « Nella ricezione giuravasi (come il processo presenta) di « non palesare ai pagani i segni della società, di amarsi e soccorrersi « scambievolmente, e di rispettare l’onore delle loro famiglie ». – Per la storia delle idee morali vuole essere notata questa limitazione ai debiti dell’onestà ».

 

 

 

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