Il divismo dei campioni dello sport
La passione sportiva, il desiderio di contendere, l’emulazione sono nati con l’uomo, ma già nell’antichità il tragediografo greco Euripide affrontò il dilagante divismo degli atleti nell’Autolico…
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Ci sono una infinità di mali in Grecia, ma nessuno è peggiore della genia degli atleti. Essi, anzitutto, né imparano a viver bene, né potrebbero farlo. Infatti come è possibile che un uomo schiavo delle mascelle e asservito al ventre possa acquistare un benessere superiore a quello di suo padre? E non sono capaci di esser poveri e di adattarsi alla sorte, perché, essendo male avvezzi, difficilmente si adattano a ciò che è irreparabile. In giovinezza incedono superbi, gioielli della città. Ma quando vien loro addosso l’amara vecchiaia, se ne vanno come cenci che han perduta la trama. Biasimo anche l’uso dei Greci che, per amor di costoro, fanno delle adunate e tengono in onore degli inutili piaceri in grazia di un banchetto. Infatti, chi dopo una bella lotta, chi veloce di piede, o dopo aver sollevato un disco, o dopo aver tirato un pugno su una mascella fu capace di acquistare una corona per la sua patria? Forse combatteranno i nemici maneggiando un disco? O dando colpi con la mano attraverso agli scudi scacceranno i nemici della patria? Nessuno è tanto stupido da far questo stando vicino alle armi. Bisognerebbe che si incoronassero gli uomini saggi e valenti, e chi guida la città nel miglior modo, essendo assennato e giusto, e chi allontana con le sue parole le sventure e sopprimere battaglie e rivolte. Queste sono vere fortune per tutti i Greci.
