Il viceré Aniello de Guzmán

Figlio secondogenito del vicerè Ramiro Núñez de Guzmán y Quiñones e della sua seconda moglie, Anna Carafa Gonzaga y Aldobrandini, Aniello de Guzmán nacque a Napoli nel 1641. Fu militare e viceré di Sicilia.

Suo fratello maggiore, Nicolás, ereditò il lungo elenco di titoli paterni e materni, Aniello invece iniziò la sua carriera militare all’età di diciassette anni, finanziandosi una compagnia del tercio di Francisco de Guzmán, nella difesa di Badajoz, dal 13 giugno al 14 ottobre 1658. Sin dalle prime fasi dell’assedio, però, morto il maestro di campo Pedro de Paniagua y Zúñiga, marchese di Lanzarote, e subentratogli suo figlio Antonio, proveniente dalla cavalleria, Aniello prese il posto di questi come capitano. Quando poi Antonio Paniagua, nella primavera del 1662, fu promosso generale dell’artiglieria di Catalogna, Aniello tornò a sostituirlo, stavolta come capitano di un tercio della Regia Marina che, dal 1664, prese il nome di Tercio Provincial de Madrid. Con questo ruolo prese parte alla conquista di Borba, Juromenha e Monforte, ancora in Portogallo. Fu pure protagonista della presa di Evora, ma finì sconfitto ad Ameixal, dove fu fatto prigioniero.

Per cinque anni fu rinchiuso nel castello di San Giorgio a Lisbona e, durante la sua prigionia, suo padre organizzò il suo matrimonio con Leonor de Moura y Aragón, figlia maggiore ed erede del viceré di Catalogna Francisco de Moura Corterreal y Melo, III marchese di Castel Rodrigo, II conte di Lumiares e I Duca di Nocera. Le clausole matrimoniali avrebbero previsto che Alfonso VI, imparentato con Aniello dalla madre, l’avrebbe lasciato libero, ma nulla di tutto ciò avvenne. Il matrimonio fu celebrato solo nel 1668, quando però il padre della sposa era nelle Fiandre.

Aniello tornò sui campi di battaglia nel 1674, come generale di cavalleria, in Rossiglione, protagonista della presa di Maureillas, respinse e catturò il generale Labrette nella prima battaglia sul fiume Tech, che causò la caduta di Le Boulou. In seguito partecipò alle conquiste di San Juan de Pagés, Ceret e Bellegarde e ad una seconda vittoria contro i francesi sulle rive del Tech.

Il 22 settembre del 1676 Aniello de Guzmán, col titolo di marchese di Castel Rodrigo, fu nominato viceré di Sicilia. Sostituì il marchese di Villafranca dopo il disastro navale di Palermo del 2 giugno di quell’anno, con un’isola in rivolta, minacciata dai francesi.

Si stabilì a Catania per cercare di impedire l’installazione di presidi nemici nel sud della Sicilia, fortificò quel tratto di costa, mise in armi Palermo, ma nulla potè quando i francesi occuparono Taormina. Data la gravità della situazione, il viceré inviò a Madrid, alla fine del 1676, un ampio memoriale in cui avvertiva del pericolo che correva l’intero regno. Sarebbe morto dopo pochi giorni, a Palermo, il 5 gennaio 1677, lasciando la moglie a capo del governo provvisorio dell’isola fino all’arrivo di un nuovo viceré. Fu sepolto nella cripta della chiesa inferiore della cappella palatina del Palazzo dei Normanni.

La coppia aveva vuto un figlio, Félix de Guzmán y Carrafa, che morì diciottenne, in viaggio verso Malta per compiere il triennio obbligatorio di servizi nelle galere dell’Ordine.

Più dettagli li apprendiamo dalla “Historia cronologica delli signori vicerè di Sicilia” di Vincenzo Avria, il suo impegno nei fatti dell’assedio di Taormina, nel disporre le fortificazioni di Acireale, Leontini, Cannizzaro, Carlentini e Catania, nell’armamento dell’intera popolazione di Palermo con la mobilitazione delle corporazioni e dei religiosi di ogni ordine… : “Aniello de Guzman, Marchese di Castel Roderico, eletto vicerè di Sicilia da sua Maestra nel 1676 arrivò in Trapani, e di là in Palermo a sei di Settembre, dimorando in Castello a mare pochi giorni, ed a 19, dello stesso mese di Settembre passò in Melazzo, dove trattò molte cose col Marchese di Villafranca, e Duca di Ferrandina: lasciò la Marchesa sua moglie Viceregina, per habitare in Castell’a mare di Palermo, ed in Melazzo prese possessione il medesimo Marchese di Castel Roderico a di 22 di detto mese dando il solito giuramento in presenza de’ Ministri Reali. Ritrovò gravissimamente perturbato lo Stato di Sicilia per manifesta guerra originata in Messina, protetta dall’armata di Francia con Vascelli e Galere onde a 10 d’Ottobre fu sorpresa la Città di Tauromina con l’improvviso arrivo di venticinque Galere Francesi, sacchegiando la misera Città; e prima a 7 d’Ottobre venendo pure in poter de’ nemici la terra di Melilli, con gran perdita de’ Francesi, e temendosi d’alcune altre Città vicine, presso la Città d’Augusta.
Stava al governo della Città di Tauromena il Signor Don Carlo Ventimiglia de’ nostri antichissimi Conti de’ Ventimiglia della Casa di ratteri, Conte di Prades, ma perchè la Città non era stata ben guernita di quelle Soldatesche necessarie, haveva il Conte fatto le dovute richieste al Vicerè Marchese di Castel Roderico, mentre si trovava in Catania. Era allhora Tauromena l’occulto bersaglio, in cui miravano i Francesi; e molto più perchè non era essa Città fortificata nel suo natural sito. Quindi i nemici risolsero improvisamente assaltarla, con un’Armata di venticinque Galere, piene di numerosi soldati, comandati dal Marchese di Villadiu. Atterrirono i Cittadini con moltissime Cannonate, onde facilmente destrussero la Porta, la quale non poteva difendersi, essendo fatta all’natica, senza nessun fianco. Fu palese con tutto ciò il gran coraggio del Conte di Prades, in ogni dovuta resistenza dalle sue parti: non giovando la moschettaria della Città, contro gli aggressori, poca di numero alla contraria oppugnatione, e pure in un posto tanto mancante di quanto faceva di mestiere, i nemici l’ottennero con grave lor danno, e con pericolosa ferita del comandante VIlladiu; dal quale in Conte di PRades fu fatto prigione: attribuendoli, che soverchiamente haveva mostrato il suo ardire nella difesa di quella Piazza; molto inferiore alla gran quantità degli assalitori; onde incrudelito comandò il saccheggiamento molto esecrando di quella misera Città.
Procurò il Conte con tutto lo sforzo possibile, che il Marchese di Castel Roderico, lo cambiasse per sodisfarlo del suo operato, e far tacere con la sua presenza l’emulatione, e la malvoglienza del’invidiosi, ma forte per non essere rimproverati quelli, che dovevano assisterlo, e prenderlo del tutto, d’haverlo abbandonato alla discretione de gli eventi d’un’Armata di mare, che in una nottata può trasportar gli eserciti, come avvenne in questo caso, non hebbero adito le sue instanze: per onde ottenne da i Capi Francesi di passare in Roma sopra la sua parola, ad abboccarsi col Signor Marchese del Carpio, ambasciadore del nostro Re di Spagna in quella Corte, e di la passò in Madrid, non potendo soffrire, che un’huomo del suo punto non desse sodisfatione a tutta l’Europa; tanto che conosciutosi da Sua Maestà, e suoi Ministri il suo ben’operare, fu occupato co i medesimi posti di Maestro di Campo ne gli eserciti di Fiandra, di Svetia, e d’Inghilterra: ritornando doppo si lunghi, e riguardevoli serviggj alla çatrka fu dal Re honorato con mercede della Commenda di San Galogero in Augusta, il primo Siciliano, che doppo duecento, e più anni l’avesse ottenuta: dichiarando Sua Maestà con suo Real dispaccio non solamente di restar intieramente sodisfatto di quano havea servito in Sicilia, ed in Fiandra per lo spatio di quattordicianni, ma che con tutta distintione fosse considerato ed atteso, meritandolo così per la qualità della sua Casa, come anco per la qualità della sua persona. E tutto ciò si vede in una Lettera della Maestà Sua in Data de’ 26 di Giugno 1667 per via del Consiglio di Stato, diretta la Conte di Santo Stefano Viceré di Sicilia.
Quindi il valoroso Viceré Marchese di Castel Roderico nel mezzo di tanti pericoli con animo invitto se n’andò nella Città di Catania, accioche non facesse assai più dilatar le forze, ed inside de’ Francesi. Chiamò qui tutti i Titolati del Regno a servir personalmente a tante urgenti necessità con soldati a peide ed a cavallo. Con queste heroiche resistenze fortificò la Città di Iaci al passo, detto delli Cannatelli; la Città di Leontini e Carleontini; la Città di Catania con una tenaglia alla Porta di Iaci, serrando il Convento di S. Domenico e di S. Francesco, ch’erano fuor delle mura di Catania. E per impedire il passo a i Francesi dalla parte d’Ausuta, fortificò i luoghi dell’Abbatia di Nuova luce. Al Capo delli Molini, presso Catania, per non esservi artigliaria, con l’ingegno d’un Maestro Ferraro di Iaci adattò certi ferri legati a legni giunti con molti moranetti a forma d’argiliaria con le bocche piene di palle di Moschetto, furono con la industriosa assistenza del Viceré talmente disposti, che impedì lo sbarco ai Francesi.
Intanto nella Città di Palermo nel mese d’Ottobre si stava con le dovute preventioni dell’armi uscendo gli Arteggiani copartiti coi loro Consoli tutti ben armati, stando di guardia alli Bastioni, e così pure le genti delli Quartieri di Palermo con li loro Capitani cioè Don Giovanni Corvino, D. Vincenzo Bellacera Baron di Verbum Caulo, D. Francesco Bologna, D. Giuseppe Gambacorta; E di più quattro Capitani di corazze, eletti dal Senato D. Giovanni Valguarnera, Barone del Pozzo, D. Giovanne Lanza, D. Lodovico Spadafora, e D. Francesco Agliata Barone di Solanto,alla nuova fortificazione, e batteria alla Garita. Ed oltre di quelli furon collocati i Procuratori con uan numerosa Compagnia, come gli altri suddetti de’ Quartieri della Città le genti di penna, e simili professioni, e poscia tutte le persone del Foro del Santo Officio, Foro dell’Almirante, ed altri.
A 5 di Gennaio 1677 arrivò in Palermo il Viceré Marchese di Castel Rodorico, e a 9 di detto nella Chiesa Maggiore fece il solito giuramento de’Vicerè, con la presenza del Consiglio e Senato. Ed a 21 dell’istesso ms di Gennaro venne nella Chiesa Maggiore di Palermo col Regio Consiglio e Senato e celebrandosi la solenne Messa si cantò il Te Deum laudamus per la Creatione del nuovo Pontefice Innocenzo Uncidesimo, Benedetto Odescalchi nativo di Como nello Stato di Milano a 21 di Settembre dell’anno pasasto, e vi fu la Salva Reale dell’artiglieria del Regio Castello, e Baluardi della Città.
Mercoledì a 27 di Gennaro 1677, il Vicerè Marchese di Castel Roderico fu il primo a dar principio con lodata humitlà a terraplenare il Bastione della Porta di Carini in Palermo, accompagnato da gran numero di Signori Titolati e poi seguì a far lo stesso il Capitolare Clero della Chiesa Maggiore Palermitana, i Preti secolari, secondo l’ordine della Parrocchie, e poi tutti i Religiosi, sino ai Padri Teatini e Giesuiti.
A dì 6 di Febbario 1677, partì da Palermo per Napoli il suddetto Marchese di Baiona, ch’era stato Luogotenente con una Galera di Spagna.
Sabato a 10 d’Aprile 1677 nella Chiesa Maggiore di Palermo si cantò il Te Deum laudamus, con la presenza del Vicerè Marchese di Castel Roderico, Consiglio e Senato per l’arrivo in Madrid del Signor Don Giovan d’Austria per assistere ai consigli del Re Carlo Secondo nostro Signore, vi fu Salva Reale del Castello e Bastioni della Città, con farsi gran quantità di luminarie.
A 3 di Marzo 1677, il medesimo Viceré fece scendere gran parte della soldatesca dell’armata di Spagna, e ne ordinò un Battaglione nel Piano di S. Erasmo, acciocché stesse pronta nelle occasioni. Ed il viceré haveva deliberato passar di nuovo in Melazzo, Catania e Carleontini, acciocchè rinforzarsse quelle piazze, ed altri luoghi più importanti.
Fece fortificare un Castello antico nella Terra d Francavilla, allhora che i Francesi erano in Tauromina, per ordine di esso Viceré a spese, e dispostizione della Deputatione del Regno, con due Baloardi, uno chiamato S. Teodoro verso tramontana, e l’altro verso Mezzogiorno, detto S. Giorgio; onde per il sito, e per l’arte si rese molto forte.
Fuor di Palermo all’ingresso del famoso Molo si fece per suo ordine una nuova Fortificatione o Batteria a piedi della Lanterna, con buona quantità d’Artiglieria, come si legge per la seguente Iscritione marmorea, composta da Don Vincenzo Libassi, nostro cittadino Palermitano, e Canonico della Chiesa Maggiore. “Montibus agrestis patrio de more Gigantum, / Edomui obrecta Mole Panormus acquas. / Nune domitura hostes, structo super aquore vallo, / Aenea devibro falmina more Iovis. / Ne desint ad bella faces Avis ipsa Tonantis / est quoque fulminibus prompta mministra meis. / CAROLO II. Hispaniarum, e Sicilia Rege Invictissimo. / D. Aniello de Mour y Guzman Marchione Castelli Roderici, Comite de Lumiares, Domino Terranova, Gubernatore e Capitano Generali haereditario Insularum Tertiarum S. Georgi, Fayalis e Pici, Duce Nucera, Castellano Castri novi Neapolis, Prorege e Capitano Generali huius Regni Siciliaa, D. Vincentio Iosepho Filangieri Comite S. Marci, Principe Mirti, Barone Caprarum, Frazani, Villa fratrum, Molinary e Clara Stella, Domino Castri Petra Roma, a Consiliis bellicis S. C. M. secundum Pretore D. Ioanne Reterna Sotelo, e Manso barone Muriella, D. Maria e Pantani; D. Barholomeo del Castillo, D. Iosepho Giglio, D. Carolo Galletti, D. Carolo Algaria e Septimo, D. Francisco Gurgno, Senatoribus; Don Gabriele Merelli Generalis exercitus Loemtenente, a Prorege, instante Senatu, ad Urbem rectamuniendam designato. Anno Salutis MDCLXXVI”.
Mandò il Signor D. Giovan d’Austria una sua lettera al Senato di Messina, scritta da Madrid a 19 d’Aprile 1677 persuadendolo alla queite ad obbedienza di Sua Maestà, e promettendo l’universal perdono de Messinesi, rimettendo ogni buona, e sincera osservanza per opera del marchese di Castel Rodorico, Vicerè; la quale lettera fu data alle stampe in Plaermo, e si diologò in moltissime parti del Regno; ma non giovò in cosa nessuna.
Ma stando in così urgenti determinationi, fra pochi giorni passò all’altra vita a 16 d’Aprile, in età di trenta cinque anni, e di bello aspetto. Onde prima di morire lasciò, che governasse il Regno Donna Leonora de Moura, Marchesa di Castel Rodorico, Contessa di Lumiares, e Duchessa di Nocera, sua moglie col Sagro Consiglio nelle cose politiche, e nelle Militari il Maestro di Campo generale Don Francesco Gattinara, Marchese di San Martino, ch’è una Terra presso Pavia nello Stato di Milano. Ma quella dispositione della moglie del Marchese col Consiglio, e Maestro di Campo Generale non fu approvata da Sua Maestà, come si legge per sua Cedola Reale a cinque di Luglio 1677, eseguita in questo Regno a 12 di Settembre dell’istesso anno… Per la mrote del predetto vicerè Marchese di Castel Roderico se gli fecero l’Essequie nel Tempio di S. Pietro del Real Palazzo di Palermo e furono sepolte le sue viscere nella sotterranea Chiesetta sotto l’istesso predetto tempio col seguente Epitaffio: “DOM / Marti Hispanico, / partenopea Minerva/ Humani Generis deliciae/ Liberalitatis, Prudentiae, Integritatis / Prototupo, / Virtutum omnium Epitome, / trincaria a Gallis exagitatae / Unica spei. / Praematura morte sublato / D. Anello de Mour e Guzman / Marchioni Castri Rodrico, Comiti de Lumiares / Duci Nocerae, Domino Terrae Nova, / Gubernatori e Capitaneo Generali h ereditario / Insularum S. Iorge, Fayal e Pico, / Arics Novae Neapolis Profecto, / Proregi e Capitaneo Generali in hoc siciliae Regno / D. Aleanora de Moura, e Guzman Viro. / Suo amatissimo ,amrens / Posuit. / Obijt. 16 Kal. Maias aetat. 25 / Mens. 2. Die. 28 1677”.

 

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

 

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