Storia del Cristianesimo: la beata Margherita da Città di Castello

Margherita nacque nel 1287 a Metola, un borgo fortificato nella valle del Metauro, da Parisio ed Emilia, una coppia benestante d’origini nobili. Era una bambina cieca e storpia e alcun medico riuscì a curare la sua infermità. I genitori, disperati, si recarono in pellegrinaggio a Città di Castello, in provincia di Perugia, sulla tomba di un francescano, il Beato fra Giacomo, di cui si raccontavano prodigi. Sì misero a pregare ma non riscontrarono alcun esito miracoloso nella loro figlia e allora ritennero meglio abbandonarla. Pensarono che Margherita, con la sua infermità, potesse rappresentare una vergogna per la loro condizione aristocratica e se ne separarono all’istante. La lasciarono, in segreto, nella chiesa e tornarono a casa senza più preoccuparsi della sorte di quella piccina che all’epoca aveva solo sette anni.

Quando Margherita si accorse di essere rimasta sola, capì tutto e si mise a pregare. Fu allora che alcune donne del popolo, sopraggiunte per pregare, si accorsero di lei, le si avvicinarono, si fecero raccontare la sua storia e decisero d’adottarla tutte insieme. Nessuna di esse aveva infatti la possibilità di poter crescere da sola Margherita e presero a tenerla presso le loro famiglie a turno. In breve tempo Margherita si sentì amata. Lei era timida, silenziosa, incline alla riservatezza, ma riusciva a mettere allegria in chi la ospitava. Furono soprattutto due coniugi, Venturino e Grigia, che abitavano accanto al Monastero di Santa Margherita, ad affezionarsi a lei. Fu così, che le suore seppero di Margherita e si offrirono di mantenere l’orfanella stabilmente. La bambina le seguì, ma dppo qualche tempo però le monache parvero indispettite dalle virtù che ella mostrava e che costituivano un continuo rimprovero alla rilassatezza della vita di quelle religiose. Sorsero numerose incomprensioni e, tempo dopo, Margherita si ritrovò abbandonata in strada, cieca, priva di tutto, incapace di guadagnarsi da vivere.

Ricominciò ad essere ospitata da Venturino e Grigia, nello stesso periodo – aveva ormai quindici anni – volle prendere l’abito di terziaria domenicana. In casa era sempre immersa nella preghiera ed in continue penitenze. Fu illetterata eppure attorno a sé raduno i bambini del posto dando loro dei rudimentali insegnamenti. Durante le sue intense preghiere veniva colta da profonde estasi, soprattutto se si trovava in presenza di grandi miserie e sofferenze, e questo le capitava sovente mentre visitava i carcerati. L’assoluta infermità e la miseria in cui si trovava non la permisero mai di uscire dalla dipendenza di qualcuno, ma incredibilmente riuscì a mostrare carità verso le disgrazie degli altri. Una terziaria domenicana di nome Venturella aveva un occhio malato ed era ricorsa ad un celebre medico spendendo inutilmente ogni suo risparmio perché si trovò in possesso della ricetta medica senza avere però il denaro per comprare quanto vi era indicato. Fu questo il primo miracolo di Margherita: toccò l’occhio di Venturella e la guarì.

Morì a 33 anni, esprimendo il desiderio di essere sepolta nella chiesa dei domenicani. Costoro volevano collocare le sue spoglie nel chiostro ma il popolo non intendeva rinunciare ad accedere alla sua tomba. Ne nacque un gran dibattito per poco non proruppe in una sommossa. Alla fine i domenicani dovettero accettare le richieste della gente di Città di Castello.

Si racconta che, mentre si inumava il cadavere di Margherita, vi si portò una fanciulla muta e paralitica. A quanto si dice i presenti videro il braccio di Margherita levarsi e benedire l’inferma che fu repentinamente liberata dai suoi impedimenti e volle indossare l’abito di terziaria domenicana.

Nel cuore della piccola cieca, per un fenomeno di stigmatizzazione plastica, furono trovati tre piccoli globi recanti le immagini della Sacra Famiglia e una terziaria genuflessa in preghiera; questa scoperta ricordò a tutti la frase che Margherita soleva dire spesso: “Oh se la gente sapesse il tesoro che chiudo nel mio cuore!”.

Fu presto proclamata beata e il suo culto fu autorizzato da Paolo V nel 1609. Il suo corpo incorrotto si venera nella Chiesa di San Domenico a Città di Castello.

 

 

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

Bibliografia: C. De Ganay, La beata Margherita da Città di Castello

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