Il secolo delle cospirazioni

Il Quattrocento italiano fu contraddistinto dagli intrighi, dalle macchinazioni, dalle cospirazioni politiche. Nel 1435 tutti i Chiavelli furono uccisi il giorno dell’Ascensione nella Chiesa di San Venanzo, a Fabriano; nel 1476, a Milano, il duca Galeazzo Visconti fu assassinato da un gruppo di cospiratori. Ben più nota è la Congiura dei Pazzi che ebbe luogo due anni dopo a Firenze.
Era domenica 26 aprile 1478. La cittadinanza era raccolta nel Duomo. Durante la celebrazione della messa, nel momento in cui il sacerdote che officiava la messa innalzò il Sacramento, furono pugnalati Lorenzo e Giuliano de Medici.
Giuliano morì in una pozza di sangue ai piedi dell’altare mentre suo fratello, si difese coraggiosamente e, sebbene ferito, fuggì nella sagrestia, dove si rinchiuse con il poeta Angelo Poliziano.

La Congiura dei Pazzi non fu la prima di cui furon vittima i Medici. Già nel 1466, Piero de Medici sfuggì miracolosamente ad un omicidio orchestrato dal ricco mercante Luca Pitti, col sostegno del duca di Ferrara. L’assassinio avrebbe avuto compiersi sul sentiero che quotidianamente portava Piero in una delle sue ville alla periferia di Firenze, ma uno stratagemma di suo figlio Lorenzo rovinò tutto.

A differenza di questa, la Congiura dei Pazzi riuscì, almeno in parte.L’omicidio dei fratelli Medici doveva in realtà compiersi un  giorno prima, il 25 aprile, sabato santo, per avvelenamento, durante una festa che i due avevano organaizzato in una delle loro case di campagna. Fu tutto rinviato perché Giuliano non partecipò al banchetto.

I Pazzi spostarono tutto l’indomani. Francesco de Pazzi e Bernardo Bandini, incaricati di uccidere Giuliano, stavolta andarono a prendere la loro vittima fin sotto casa per assicurarsi la sua presenza. Se la cospirazione avesse avuto successo, sarebbero diventati la più potente famiglia fiorentina, ma non fu così. Tra coloro che attaccarono i due fratelli c’erano mercenari, ma anche un paio di religiosi, i preti Antonio Maffei e Stefano da Bagnone, che avrebbero dovuto uccidere Lorenzo, ma questi riuscì a svincolarsi dalla loro presa. Il Duomo era pieno di gente e si scatenò panico e confusione. Gli assassini approfittarono del caos per fuggire, ma una volta fuori dalla cattedrale, tutti macchiati di sangue, non fu difficile identificarli.

Una volta catturati, furono linciati dalla gente e appesi ai balcone di fronte al Palazzo della Signoria, sede del governo. Tra quei corpi pendeva anche quello dell’arcivescovo di Pisa, Francesco Salviati, cosa che costrinse il papa a scomunicare i Medici.

Il colpo di stato era fallito, ma a Firenze le acque non restarono calme a lungo. Così, sul finire del secolo, la discesa in Italia di Carlo VIII trovò un pusillanime Piero de Medici alla guida di Firenze. Intimorito dal francese, Piero acconsentì a qualsiasi richiesta, regalando quattro piazzeforti sui confini di Toscana. Accusato di viltà e debolezza venne cacciato dalla città con una sentenza datata 9 novembre 1494. La città fu governata da Savonarola ed allora furono i Medici a tramare per tornare al potere. Fu portata alla luce una cospirazione guidata dal Bernardo del Nero e Lamberto dell’Antella contro i piagnoni per riportare a Firenze il dominio pallesco. Tutti i cospiratori furono decapitati nel Palazzo del Bargello il 21 agosto 1497.

Il problema era di fondo. La dialettica politica che languiva all’interno degli stati della Penisola, le lotte fra i principi e le oligarchie per la conquista del potere, le fragili e volubili alleanze trovarono in Firenze un terreno particolarmente fertile in ragione del fatto che la signoria medicea, rappresentando solo una supremazia di fatto non però sostenuta dal crisma della legittimità, conferiva ad altre famiglie il diritto di riaprire i giochi di potere per eliminare gli odiosi rivali anche con la complicità di appoggi esterni. Così anche nel Regno di Napoli si ebbe, nel 1485, una segreta macchinazione, passata alla storia col nome di Congiura dei Baroni, e generata proprio dalla debolezza della legittimità regale.

Ferrante d’Aragona, più di suo padre Alfonso V, provò a schiacciare il particolarismo feudale ed il potere dei baroni, tuttavia non aveva l’autorità del padre. Era un figlio illegittimo, concepito con Gueraldona Carlino. Alfonso V aveva fatto tutto il possibile per legittimare la sua corona, aveva pure indotto il parlamento napoletano a proclamarlo erede, aveva persino ottenuto una bolla da papa Eugenio IV per il riconoscimento dei suoi diritti di successione. Tuttavia alla sua morte, i baroni si ribellarono, gli angioini rinnovarono le loro pretese sul regno ed i papi li sostennero. Callisto III con una nuova bolla dichiarò vacante il trono di Napoli, Pio II acconsentì invece all’incoronazione di Ferrante, ma i baroni trovarono il sostegno di papa Innocenzo VIII e si armarono contro il re. Scoperti, molti di essi, con l’inganno di un perdono, furono invitati ad una festa a Castelnuovo, ma finirono invece arrestati e molti ammazzati. I pochi sopravvissuti furono gettati nelle segrete da dove non videro più la luce.

 

 

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

 

historiaregni

Historia Regni è un portale telematico dedicato alla storia, anzitutto quella italiana. Nasce su iniziativa di Angelo D’Ambra, è senza scopo di lucro e si avvale di collaborazioni gratuite. Le foto presenti sono state, in parte, prese da internet e quindi valutate di pubblico dominio. Se gli autori avessero qualcosa in contrario alla pubblicazione, non avranno che da segnalarlo al nostro indirizzo email info@historiaregni.it e si provvederà alla rimozione.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *