Le merci movimentate nei porti nel primo decennio unitario

L’articolo La mancanza di porti nel Regno delle Due Sicilie presente su questo sito appartiene a quell’elenco di pubblicazioni con le quali, dati alla mano, abbiamo provato a sfatare una certa mitologia contemporanea poggiante su ricostruzioni storiche decisamente barcollanti. Ciò che ci spinge a tornare sull’argomento è un interessante commento critico in cui si è sostenuto che nel decennio 1861-1871 nel resto d’Italia solo due porti, quelli di Genova e Venezia, fossero considerati davvero importanti, inseriti in un più ampio elenco di dodici, e che sette porti del Sud avessero una movimentazione di gran lunga superiore a quella dei restanti italiani. A tal riguardo si è citato l’Annuario Statistico Italiano (anno I, 1878, pp. 14-15). Asserzioni di questo genere sembrano decontestualizzate e impostate su una lettura vacillanti delle fonti.

Fino al 1919, infatti, la parte settentrionale del Regno d’Italia era fortemente deficitaria di coste rispetto al resto della penisola, gli unici litorali presenti erano il ligure ed il veneto. L’area adriatica tra Ravenna e Grado era risaputamente una desolazione di sabbia. Dunque, a fronte del divario dei chilometri di costa tra Nord e Sud, non può stupire che i porti di Genova e Venezia fossero ritenuti tra i primi dodici.

Nel Meridione erano, poi, collocati non sette, ma due porti (ovvero quelli di Napoli e Brindisi). Degli altri cinque quattro erano siciliani (Palermo, Messina, Catania e Trapani), l’altro sardo (Cagliari). I porti annoverati al Centro erano Livorno, Ancona e Civitavecchia.

Tuttavia, leggendo il citato Annuario Statistico Italiano, si scopre che la somma delle merci movimentate nei due porti meridionali, nei quattro siciliani e in quello sardo, rapportata in percentuale al totale nazionale, oscilla tra un minimo del 41,41% nel 1863 ad un massimo del 53,88% nel 1869 con una media decennale del 49,40%. Dunque i due porti del Nord, Genova e Venezia con quelli del centro, cioè cinque contro sette, superavano tutti gli altri per merci movimentate. In più, scorporando Cagliari dal Sud, le merci transitate nei sei porti meridionali, sempre rapportate al totale nazionale, oscillano tra un minimo del 41,39% nel 1864 ad un massimo del 51,03% nel 1869 con una media decennale del 46,50%.

Ad essere precisi, se suddividiamo più correttamente l’Italia in Nord, Centro, Sud ed Isole notiamo che le merci movimentate dai due porti del Sud, cioè Napoli e Brindisi, sempre rapportate al totale nazionale, oscillano tra un minimo del 15,02% nel 1865 ad un massimo del 19,66% nel 1862 con una media decennale del 16,96%.

Valori distanti sia dal Nord (minimo del 26,45% nel 1871 e massimo del 32,48% nel 1862 con una media decennale del 29,53%), sia da quelli del Centro (minimo del 16,54% nel 1862 e massimo del 26,79% nel 1863 con una media decennale del 21,07%) e superiori solo alla Sardegna, minimo del 2,78% nel 1870 e massimo del 3,49% nel 1867 con una media decennale del 2,90% (e si tenga presente che l’isola contribuiva solo per il 2,3% alla popolazione totale del regno).

Infine, è interessante notare che se nel 1861 per il porto di Brindisi transitava solo lo 0,43% del totale nazionale nel 1871 questa percentuale era salita al 3,41% con un incremento del 1172,31%.

Evidentemente con l’unità qualcosa di buono era stato ottenuto.

 

 

Autore articolo: Enrico Pizzo, classe ’74, residente sui Colli Euganei. Appassionato di storia veneta e storia dei sistemi monetari preunitari.

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