L’inaugurazione della Napoli-Portici

Riportiamo dagli Annali civili del Regno delle Due Sicilie, pubblicati a Napoli nel 1839, la descrizione della giornata di inaugurazione della prima linea ferroviaria italiana. Il testo ci fornisce una grande mole di particolari interessanti, il discorso di Ferdinando II, i suoi propositi di raggiungere l’Adriatico con la linea ferrata ed il giudizio dei contemporanei su questo re.

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Era il dì 3 di ottobre dell’anno 1839. La popolazione della città di Napoli e delle terre vicine sapeva, per avvisi fatti pubblici, che seguirebbe con solennità l’aprimento della strada ferrata: accorreva in grandissimo numero, come ad uno spettami nuovo.
Tutte le deliziose ville traversate dalla strada s’andavan riempiendo di gentiluomini e di dame vestite come in giorno di festa; nei campi e nelle vie pubbliche, dove queste sono intersecate dalle rotaie di ferro, erasi gittata sin dalle prime ore del mattino una folla di gente d’ogni condizione e stato venuta dalla città o dalle vicinanze del contado: la quale ad ogni istante cresceva per nuovo popolo sopravveniente; bramosi essendo tutti di vedere per quelle piagge, state dianzi si quete stanze degli agricoltori, la straordinaria macchina mossa dal vapore camminar sola e trarsi dietro un seguito lungo di carrozze o carri.
Fino sulle onde del mare, che furono placidissime in quel dì, vedevi gran numero di barche cariche di uomini e donne remigare e farsi presso alla marina, nelle parti dove la via ferrata scopre il destro lato al lido.
Chi conosce lo spirito pronto, la immaginativa e la fantasia potente del popol napolitano, non dee maravigliare che con tanto entusiasmo traesse d’ogni parte sulla nuova strada, e giunto colà facesse allegrezza grande come per faustissimo avvenimento Non si può con parole descrivere come si commova e ratto s’infiammi una gran moltitudine all’aspetto di cosa nuova, grata e maravigliosa: ed in verità, sur un sentiero apparecchiato prestamente in un breve anno venia, mirabil cosa, a mostrarsi la locomotrice, non come già si mostrò agl’inglesi e francesi, sorta a poco a poco in maggior perfezione dopo cento e cento tentativi ed esperimenti, ma già tutta elegante di forme, pronta, perfetta e velocissima a un corso, che oltrepassa i venti.
Intanto, presso al Granatello, là sopra il ponte che unisce le due rupi su cui ora si riman divisa la villa Carrione, era preparato un gran padiglione addobbato splendidamente di arazzi e velluti cremisini per la maestà del re e per la sua real famiglia: al fianco gli sorgeva un devoto altare. Quel ponte è a capo della lunga linea retta della strada, la quale d’ivi si discopre al guardo per 3823 metri, pari a 2 miglia e 1/6. Da un lato era altra tenda per ambasciadori e ministri di potentati stranieri, pe’ capi della real corte del re, pe’ suoi ministri segretari di Stato: una terza tenda ci avea pe’ generali dell’esercito e dell’armata, per primari ufiziali del Regno civili e militari e per altre persone ancora invitate.
Di sotto il ponte, sulla sponda sinistra della strada, destinavasi un luogo ricinto ai soci della Compagnia e ad altri gentiluomini ancora; e da ultimo, in un altro spartimento sorto per cure della città di Napoli, il sindaco avea raccolto gran numero di nobili e di persone altre invitate. Le milizie d’infanteria e di cavalleria tutte in armi ed in arredo eran disposte da un capo all’altro della strada, e principalmente alla villa Carrione, alle stazioni, ai 67 siti ove son ponti od aquidotti, e ne’ luoghi dove le rotaie intersecano le vie pubbliche: né di tanto numero di soldati potea farsi di manco, se si volea esser sicuri che nessun sinistro accidente venisse a turbare l’allegrezza del giorno; mentre la calca popolare impaziente e bramosissima di tutto vedere pressava d’ogni banda e facea le viste di voler invadere gli steccati della stra per farsi luogo sin presso le rotaie di ferro.
La Compagnia, che ha sua sede in Parigi per l’impresa di questa nostra strada, fin d’allora che seppe il primo tratto esser vicino a compiersi, mandava qui in Napoli suo commessario il sig. L. Teofilo Dubois, affinchè insieme al gerente ed ingegnere signor Armando Bayard ed al signor Clemente Falcon, che già trovavasi commessario tra’ soci residenti in Napoli, avessero tutti uniti fatto ossequio alla maestà del re nel giorno che le piacesse intervenire all’apertura del cammino ferrato.

Alle ore dieci del mattino il Vescovo Monsignor Giusti accompagnato dal clero andava ad assidersi a fianco all’ altare: le due tende laterali al ponte e i sottoposti ricinti già pieni erano degl’illustri personaggi e degli altri cittadini con molte dame invitati, quando l’artiglieria del castello del Carmine, vicino alla principale stazione della via, diè il segnale che il Re colla sua Real Famiglia partiva dalla città per al ponte della villa Carrione. Quivi arrivato il Re, il Ministro degli Affari Interni mosse incontro a lui a fargli onore ed accoglienze, e guidollo al padiglione apparecchiato per la Maestà Sua: colà le presentò co’ due commessari della Compagnia l’ingegnere Armando Bayard, profferendo queste parole: “Sire ho l’onore di presentare alla M.V. i rappresentanti e l’ingegnere direttore della Compagnia, che ha intrapreso la strada di ferro da Napoli a Nocera e Castellammare. Lieti di poter mostrare nell’apertura del primo tratto di essa con quanto impegno abbian cercato di corrispondere agli obblighi contratti per eseguir ciò che han fatto intraprendere la saggezza e il desiderio della M.V. di procurar ai suoi sudditi non meno che all’industria nazionale nuovi vantaggi, essi sperano di ottenere la sua lusinghiera approvazione. Ove Ella, o Sire, vorrà degnarsi di palesarla, io non dubito che tale incoraggiamento e la successiva protezione che vorrà loro accordare, li conforterà a proseguire in più ampia scala un’opera, che richiamerà sopra la Sua Real Persona le benedizioni de’contemporanei e l’ammirazione de’posteri”. Quindi mosse verso il Re il commissario francese Dubois, e parlò nella sua natia favella:
“Gli Stati più prosperi quelli sono che si danno alle industrie. I principi della età che volge, quando la pace loro consente una felice quiete, ripongono ogni gloria nel proteggere e produrre in vita queste sorgenti di ricchezza e prosperità. La Maestà Vostra degnando promuovere una grande impresa ed esserne anch’ella partecipe, rende testimonianza del suo verace amore pe’sudditi, e gl’innalza al grado di quelle nazioni, tra le quali tanto crebbero le vie ferrate. Una Compagnia di Francesi che va altera degl’incoraggiamenti, che ogni di sempre ottiene dalla Maestà Vostra, dava a me l’alto onore, ch’io per lei le manifestassi la infinita gratitudine. Ella del pari è riconoscente allo zelo di chi curava l’adempimento d’ogni volontà del Re: donde deve credersi in questa, più bella regione d’Italia messo ad effetto il detto del celebre Hutskinson, che a’ concetti di cose industriali non si dee opporre nè dogana nè frontiera. E qual non sarebbe davvero il giusto orgoglio di quel gran politico della Gran Brettagna s’ egli oggi anche qui vedesse i progressi della navigazione mossa dal vapore, di che nel vostro porto di Napoli si ha un esempio sì bello? La compagnia è certa che i signori Bayard de la Vingtrie e de Vergès daranno alla M. V. ed ai Napolitani pronto ed intiero adempimento di tutte le loro promesse. Eglino si mostreranno a Napoli quali sempre furono nella Francia, uomini di prudente arditezza, non osanti mai di dar principio a cose impossibili, sapienti a condurre imprese che altri per avventura menerebbero a caso. L’immenso ponte ch’essi gittarono a Cubsac, sulla Dordona, sarà per loro gloria ricordato negli annali delle grandi opere di arte francesi. Or chiamando sul destino di questa nuova strada le benedizioni celesti, il Clero napolitano si è unito concorde ai nostri animi per riferire ogni cosa a Dio.
Sire, i Francesi bramosi della riuscita di questa via ferrata, la cui inaugurazione si fa con la vostra augusta presenza, si congiungono ai Napolitani, oggidì loro fratelli nelle industrie, e fanno voto al cielo perchè loro conservi la M. V. e tutta la sua Regal Famiglia. A noi è dato vedere nella vostra regia persona un principe saggio, degno delle umane prosperità, amato da’ sudditi, possante, non d’altro bramoso che della felicità loro, Re giusto e religioso. Noi la preghiamo di continuarci a proteggere”.
Al quale discorso piacque al Re di rispondere in questi termini e cortesemente favellando nell’idioma francese.
“Rendo a voi ringraziamenti per quanti felici auguri da parte di tutta la Compagnia porgeste a me ed alla mia famiglia. Grande oggidì è la mia gioia al veder Francesi e Napolitani accomunare le loro forze industriali in una utile impresa. Questo cammino ferrato gioverà senza dubbio al commercio: ed io ho protetto ad ogni modo questo primo saggio fatto di quà dalle Alpi. Pur oggi considerando come tale nuova strada debba riuscire di utilità al mio popolo, assai più godo nel mio pensiero che terminati i lavori fino a Nocera e Castellammare, io possa vederli tosto proseguiti per Avellino fino al lido del mare Adriatico. Allora mi reputerò anche più contento di unirmi co’ Francesi io medesimo nell’impresa novella. Io poi sono pago assai del modo come l’ingegnere sig. Bayard ha condotto i lavori di questo primo tratto della via, su cui ora imploriamo le benedizioni di Dio. Or che ritornerete in Francia voi, sig. commessario, parlate da mia parte alla Compagnia; fatela certa ch’io non desisterò dal proteggerla”.

Finito il parlare del re, un segnale fu dato di sopra il padiglione, cui risposero immantinente gli spari delle artiglierie de’ forti del Granatello e del Carmine. E ratto dalla stazione di Napoli mosse velocemente la locomotrice seguita da nove grandi carri, in cui erano 258 uffiziali dell’esercito, dell’armata e delle regie segreterie di Stato.
Sopra uno di que’ carri, scoperto, dava fiato alle trombe una compagnia militare; sopra un altro, una mano di soldati agitava a dimostrazion di giubilo alcune aste con banderuole in cima. In nove minuti e mezzo la macchina giunse da Napoli al Granatello: e di là anco velocemente sen tornò quivi d’onde era partita. Allora il vescovo, vestito de’ suoi abiti pontificali, recitò le preghiere, indi benedisse la nuova strada ferrata: e intantochè tutti gli astanti si prostravano ginocchioni, le artiglierie facevano rimbombar l’aere d’una salva festiva.
Ed ecco giungere un’altra volta la locomotrice col seguito de’ suoi carri, nel mezzo de’ quali vedevi una carrozza ornata pel re ed altra per la sua regal corte. La macchina s’arrestò di sotto il ponte Carrione; ed il re colla sua regal famiglia per una scala a posta fatta discese sulla via ferrata: indi discesero pure per altre scale i personaggi stati accolti nelle tende allato al regio padiglione. Allora il Re, facendo onore al Ministro degli Affari Interni, ai due commissari, ed all’ingegnere Bayard, volle s’assidessero con lui nella medesima carrozza; mentre in tutti gli altri carri entravano i principi e le principesse della real casa, e quindi tutti gli altri personaggi e gentili dame discese dalle tende. Giunta la macchina con la gran comitiva al Granatello, il Re, i reali principi e le principesse calati da’ carri insieme col Ministro degli Affari Interni, co’ due commessari e col Bayard, visitarono gli edifizi della stazione; e vista la locomotrice sur una piattaforma girante rivolgersi verso la capitale, risalirono nelle carrozze. In tutto quel tempo alcune bande militari poste alle due stazioni e in varie altre parti della via faceano risuonare l’aria di liete musiche: indi, ad uno sparo di cannone del forte vicino, la macchina col suo seguito mosse dal Granatello, e passando velocissimamente tra i plausi e le grida di gioia d’immenso popolo, le quali ai suoni degl’istrumeni s’univano, in soli dieci minuti fu giunta alla città. A quell’arrivo succedeva un’ultima salva delle artiglierie del castello del Carmine, ed il Re disceso nella corte della stazione gradiva gli si presentassero dal Bayard il sig. Bagros, direttor de’ lavori, ed il sig. Errico Falcon vicedirettore, e tutti coloro a cui era commesso alcun ufizio per la Compagnia della strada ferrata: indi prima di partirsi, ed esserndo assai pago di quel giorno, indirizzo un’ altra volta cortesi parole ai commessari della Compagnia, e fece nuovo elogio della alacrità e della scienza con che l’opera era stata diretta dall’ingegnere Bayard.
Alle ore quattro dopo mezzodì, la via venne aperta al pubblico traffico. La locomotrice due volte parti per al Granatello, e due volte tornò alla città prima che annottasse, traendo sempre tutti i carri pieni di gente allegrissima ebalda di trascorrere con tale e tanta prestezza quel nuovo sentiero. Niuno accidente sinistro, neppur lievissimo, interruppe la letizia di quel giorno di festa pe’ Napolitani.
In quel medesimo dì volle il Re premiare con bel modo i meriti dell’ingegnere Armando Bayard de la Vingtrie, e lo elesse cavaliere del regio ordine di merito di Francesco I: e insieme con lui fece anche cavaliere dell’ordine istesso il sig. L. Teolilo Dubois per testimoniare aggradimento alla sua persona ed alla Compagnia francese, la quale appresso alla M. S. avealo spedito commessario.

 

 

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