L’influenza della Battaglia di Canne sul pensiero militare

In nessun momento Canne è scomparsa dalla storia militare, ma la sua memoria, specialmente la sua memoria moderna, ha assunto un impulso proprio, accelerando la battaglia al livello di leggenda e glorificando Annibale come sua mente. Probabilmente, anche se questo è proceduto di fronte a una inevitabilità: tutte le battaglie decisive producono perdenti e vincitori, sia vittime che vincitori.

Poiché né AnnibaleCartagine ebbero molto futuro, la memoria di Canne e della sua perpetuazione ricadde su chi l’aveva persa. Per Polibio e Livio, la battaglia fu un disastro, attribuita più all’incapacità e all’inesperienza di Terenzio Varrone che all’astuzia di Annibale. Nel resto degli storici – Plutarco, Cesare, Tacito, Svetonio, Sallustio e Vegezio – l’assenza di qualsiasi analisi, e persino di una specifica menzione della battaglia, attesta probabilmente una propensione a trascurare quello che, a detta di tutti, fu un misero episodio per Roma. In altre parole, Canne, nella misura in cui fu considerata dai romani che vennero successivamente, fu ricordata come un avvertimento, non come un’opportunità.

Quando il Medioevo si stabilì su quello che era stato l’impero a ovest, e il pensiero militare romano qui svanì, solo Bisanzio rimase preoccupata per un approccio sistematico alla guerra. La classe dirigente di Costantinopoli era estremamente interessata alla leva militare poiché le sue forze erano spesso in inferiorità numerica, ma la pratica marziale era compilata e registrata in una serie di testi che affrontavano direttamente i problemi e le opportunità dei comandanti. Date le circostanze, ci si poteva aspettare che le gesta di Annibale, ed in particolare la Battaglia di Canne, fossero ricordati sotto una luce favorevole, ma per la maggior parte di questi manuali tattici (ad esempio i Praecepta Militaria dell’imperatore Niceforo II Foca o i Taktika di Niceforo Urano) rimasero solo guide pratiche per l’organizzazione, l’equipaggiamento e il dispiegamento delle unità di combattimento nel modo più efficace. Il più interessante di questi scritto, lo Strategikon, attribuito all’imperatore – soldato Maurizio, arrivò in modo allettante vicino a raccomandare un approccio simile a Canne: “Non ammassate tutte le vostre truppe davanti, e anche se il nemico è superiore numericamente, dirigete le vostre operazioni contro la sua retroguardia od i suoi fianchi”. La battaglia, però, non viene specificatamente citata, e si riferisce ad Annibale in due soli aneddoti slegati.

Molto probabilmente l’autore dello Strategikon ed altri a Costantinopoli ebbero accesso a fonti rilevanti e furono consapevoli dell’importanza di Canne, ma non si registrò una vera analisi dei fatti. Ciò non sorprende: Canne rivestì un piccolo se non addirittura alcun ruolo nel plasmare la guerra in Europa durante il Medioevo, forse, per la natura spontanea ed individuale della guerra di quell’epoca. Un’apparente inversione nella valutazione della storica battaglia la vediamo sul finire del XVI secolo nei Paesi Bassi quando due membri casa dominante dei Nassau, il conte Willem Lodewijk e suo cugino Maurizio, Principe d’Orange, escogitarono il principio del fuoco a raffica e, con riferimento ad antichi testi – nello specifico trassero ispirazione dalle intercambiabili formazioni della triplex acies romana descritta nei Tactica di Eliano -, elaborarono la base del “contromarciare” ( truppe che si ritirano tra le fila dopo aver scaricato le proprie armi, e si muovono in avanti dopo aver ricaricato).

Lo si vide nella battaglia di Nieuwpoort e qui si scoprirono anche le difficoltà del modello. Dopo varie vicissitudini i nederlandesi ottennero una sorta di vittoria perché costrinsero gli spagnoli a ritirarsi con pesanti perdite, ma rimanendo in una posizione strategicamente vulnerabile. Il combattimento con le armi da fuoco basato sullo scaricamento della raffica e sul ricaricamento, un modello destinato a dominare la guerra in Europa per la maggior parte dei successivi due secoli, non si adattava bene a produrre risultati simili a quelli di Canne, poiché si basava più sull’attrito che sull’impeto, più su un cauto dispiegamento che una decisiva manovra tattica.

Nel mondo moderno, invece, l’immagine di Canne divenne l’ “ideale platonico di vittoria”. Fu il risultato dell’ossessione di un uomo, il conte Alfred von Schlieffen, capo di stato maggiore prussiano dal 1891 al 1905. L’interesse di Schlieffen per la battaglia verteva su parecchi fattori :

1) La posizione strategica della Germania, posta tra Russia e Francia, sue avversarie, che rendeva molto desiderabile una rapida vittoria sull’una o l’altra.

2) L’esempio di Helmuth von Moltke, suo predecessore allo stato maggiore, il quale, nel 1870 a Sedan, aveva circondato i francesi e catturato Napoleone III con una manovra a tenaglia rendendo quasi inevitabile la vittoria nella guerra franco-prussiana.

3) Infine, tutto fu appreso dalla lettura di Schlieffen della storia antica, nello specifico del primo volume della Storia dell’Arte della Guerra di Hans Delbruck, con la sua estesa descrizione della battaglia di Canne.

Sulla base di queste riflessioni, si ritenne che la vittoria di Annibale divenne l’ispirazione del piano di Schlieffen, l’attacco alla Francia attraverso il Belgio nelle prime fasi della Prima Guerra Mondiale. In realtà, non solo tutta l’esistenza del piano di Schlieffen come schema complessivo di battaglia è stato messo in dubbio, ma le raccomandazioni del capo di stato maggiore prussiano per una guerra contro la Francia tra il 1901 ed il 1905 furono basate su una concentrazione di forze su un fianco del nemico, un approccio che non si adattava al modello di Canne, a dispetto dei successivi sforzi di far aderire il piano a questo contesto. Ciò non sta a significare che von Schlieffen non fosse ossessionato da Canne o che non valutasse la maggior parte della storia militare recente su ciò che chiamava “la perfetta battaglia di annientamento”, ma semplicemente è una questione di tempi.

Il corpus delle opere di von Schlieffen – nelle quali la battaglia di Canne veniva studiata – pubblicato nel 1913, non sembra che abbia avuto una grande influenza fino a dopo la Prima Guerra Mondiale quando fu inferito che la Germania aveva perso la prima battaglia della Marna (e di conseguenza la guerra) per non essersi tenuta fedele alle raccomandazioni di von Schlieffen. Questo impostò il tenore della successiva generazione di pensatori militari tedeschi e di altri paesi – anche negli Stati Uniti gli studi di von Schlieffen su Canne ebbero molta influenza fin dalla pubblicazione delle sue opere in inglese nel 1931 – e fece sognare di una futura Canne resa più plausibile dall’avvento dei veicoli corazzati.

Fu nella Seconda Guerra Mondiale che apparve una pletora di luminari militari esperti di Canne, un buon numero dei quali, specialmente fra i tedeschi, cercarono di infliggere ai propri nemici un fato simile. Heinz Guderian pensò i suoi carri armati come l’equivalente della cavalleria di Asdrubale che faceva piazza pulita intorno al nemico per sconfiggerlo. Anche Rommel, nel 1941, mentre inseguiva l’VIII Armata britannica verso Tobruk, pensò che “una nuova Canne stesse per prepararsi”. Persino di fronte al disastro, i tedeschi non si allontanarono dallo schema.

Nel luglio 1943, l’assalto tedesco al saliente di Kursk – inteso come una gigantesca Canne – risultò in una disastrosa battaglia d’attrito dei mezzi corazzati attaccanti contro le ben preparate  e ben disposte difese sovietiche. Kursk, dove la Wehrmacht si dissanguò per il sogno di Schlieffen della “perfetta battaglia d’annientamento” segnò l’ultima volta in cui la Germania fu capace di montare operazioni offensive sul Fronte Orientale. Tuttavia, i tedeschi non furono gli unici a rispondere al canto delle sirene di Canne.

I comandanti americani, in opposizione alla cautela dei britannici, avevano una mentalità offensiva e di conseguenza aperti a ripetere le gesta di Annibale. In particolare, Dwight Eisenhower aveva nutrito il sogno di una vita di emulare l’accerchiamento dei romani del generale cartaginese. Per l’iniziale invasione della Germania previde una grande manovra simile a Canne con un movimento a tenaglia sulla Ruhr. Anche George Patton, il più audace fra gli ufficiali generali americani in Europa, fu ben consapevole dell’impresa di Annibale. Nel 1939 scrisse: “C’è un vecchio proverbio che dice: per realizzare una Canne, devi avere un Varrone… al fine di ottenere una grande vittoria, devi avere un comandante nemico stupido. Da ciò che sappiamo al momento, i Polacchi sono qualificati…”.

Con le guerre del periodo della Guerra Fredda e quelle successive, le possibilità di realizzare una nuova Canne sono difficili da ottenere, ma finché il sogno di annientare altri gruppi di persone in grandi numeri permane, Canne non sarà dimenticata.

 

 

 

 

 

 

 

Autore articolo: Vincenzo Zazzeri, appassionato di storia militare romana, della Guerra Civile americana e delle due guerre mondiali.

Bibliografia: Robert L. O’Connell, The Ghosts of Cannae. Hannibal and the darkest hour of the Roman Republic, Random House, New York, 2010.

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