Il confine (Racconto breve)

Esistono cortine, barriere, confini, limiti insuperabili. O così crediamo.A volte la realtà, come la mente umana, segue percorsi sconosciuti o inaspettati, si insinua in pieghe ignote, in situazioni casuali o volute, in meandri oscuri della mente, e travolge il limite.Cade ogni barriera che sembrava inviolabile o che neanche si conosceva, e si resta esposti ad aspetti della realtà, o della propria anima, oscuri.Esistono barriere sconosciute ai più, esistono limiti che alcuni superano. Questa è la storia del primo re ostrogoto.

***

Il Re sta morendo.

Immobile sul suo letto, insensibile, solo un lento respiro tradisce il barlume di vita che ancora ristagna in lui, come un alito di vento appena percettibile in una desolata pianura, prima della piatta immobilità.

Il suo corpo, un tempo robusto, è ormai fragile per i fardelli del tempo, quasi dimenticato dalla morte; la sua mente, però, era rimasta lucida fino quasi alla fine.

Ora galleggia nel buio. Accanto a lui, nella tenda reale, sono state raccolte le sue armi ed i suoi oggetti più belli, pronti per la sepoltura.

Le donne hanno già iniziato a levare i loro lamenti alle divinità; gli schiavi stanno deviando il corso di un fiume per scavare il suo sepolcro; dopo aver reso, con onore, il Re alla terra, il fiume sarebbe stato fatto tornare nel suo letto, così da coprire e nascondere la tomba.

Gli schiavi sarebbero stati poi uccisi affinché non rivelassero il segreto, mentre cento cavalieri avrebbero cavalcato più volte lungo le rive per confondere ogni traccia. Accanto al Re ci sono i suoi guerrieri più fedeli, compreso il suo figlio primogenito.

Da ore non si era allontanato dal letto del padre morente, non era uscito dalla tenda reale. I suoi occhi sono lucidi dalla commozione e dal dolore, ma anche dall’orgoglio e dall’onore di ereditare la corona ed il comando.

Per molti anni era stato il braccio del Re e la sua spada, da quando l’anziano sovrano era diventato troppo vecchio per combattere ed aveva preferito dedicarsi alla gestione del Regno, all’amministrazione della giustizia, agli studi del passato ed ai progetti per il futuro.

Nei tempi passati, il Re era stato un grande guerriero, che guidava i suoi uomini davanti a tutti, sconfiggendo nemici e conquistando terre; poi, con l’età, la brama di potere si era in parte appagata ed aveva lasciato che il figlio maggiore si conquistasse l’onore in battaglia, mentre lui iniziava a dedicarsi a ciò che lo aveva sempre affascinato, ma che non aveva potuto appagare per le responsabilità del suo ruolo: bambino curioso di sole e di luna, di cielo e di prateria, avrebbe preferito seguire lo sciamano piuttosto che i guerrieri, ma suo padre, il Primo Re, lo aveva portato sempre con lui in battaglia e lo aveva addestrato esigente al combattimento.

La morte del Primo Re, avvenuta troppo presto, gli aveva recato l’amara eredità del suo ruolo e dei suoi doveri. E si era dedicato ad essi con tutto il suo impegno ed il suo valore, sublimando la sete della curiosità e della conoscenza con l’esigente arsura della responsabilità e dell’onore. Le stesse coseche poi lui aveva in seguito preteso anche da suo figlio adolescente. Dopo tanti anni guidava ancora il suo popolo, ma aveva lasciato al suo primo nato la spada di guerriero e di conquista, tenendo per se stesso lo scudo della protezione. Il suo primogenito voleva conquistare l’ammirazione ed il rispetto del padre, voleva emulare e superare le sue antiche imprese e non capiva perché il padre fosse diventato amante delle lettere e della cultura dei popoli contro cui combattevano, invece che dei loro beni e delle loro ricchezze, come era usanza da sempre e come lui stesso gli aveva insegnato anni prima.

Questo aveva causato liti e dissapori tra i due, tra il vecchio Re ed il Re futuro, che osservava con risentimento come il padre aveva avuto modo di conquistarsi gloria nei combattimenti, ed ora invece frenava senza spiegazioni lui, ora che era venuto il suo tempo di coprirsi di onore. Il vecchio Re guardava il figlio con occhi diventati pazienti, ma che ancora brillavano facilmente di antico furore, e capivale esigenze del giovane, pur non riuscendo a parlare alla sua anima. Lui era forse ormai appagato ed il suo ciclo era concluso. Era giunto il tempo di suo figlio, anche se ancora il suo corpo e la sua mente erano attivi. Specialmente la sua mente. Notizie di terre lontane, di uomini dal grande intelletto e dall’immenso sapere erano giunte fino alle sue praterie; racconti di stupendi palazzi, di statue fatte non con l’argilla ma con il metallo temprato delle armi, o in candida pietra, resa viva da intensicolori; pergamene e libri decorati con meravigliosi disegni e forme strane che erano lettere e scrittura.

Lui non sapeva leggere, non aveva avuto modo e tempo di imparare, ma la sua mente era diventata avida non più di nemici sconfitti, di terre e popoli conquistati, assoggettati o distrutti, ma di novità meravigliose, di mondi strani e sconosciuti, della storia passata e persino della storia futura. Aveva assoldato degli scribi e catturato degli schiavi che leggevano per lui tutti i libri che era riuscitoa conquistare o a comprare, tutti i testi che descrivevano storie e paesi così diversi da quelli che conosceva, che parlavano di uomini e donne sconosciuti, di idee e pensieri nuovi; vicende e scene che mai avrebbe immaginato prendevano ora vita davanti ai suoiocchi mentre ascoltava quelle letture, e si illuminavano di verità.Iniziò a capire anche la scienza. Vennero nuove estati, nuove nevi, nuove terre, nuove conquiste, nuove vite, nuove morti. Ad un certo punto, però, gli anni divennero troppi. Nonostante questo, comunque, manmano che il suo corpo rattrappiva, la sua mente si ampliava; man mano che la vecchiaia avanzava, la mente del Re tornava indietro, legato sempre più ai ricordi ed ai sogni, finché, alcuni giorni prima, arrivò al limite: il suo corpo rimase immobile e restò solo la mente, rimasero soltanto i ricordi ed i sogni. Si vede seduto al sole. Sogna l’estate, ed il vento fresco e lieve che porta ancora, dell’età più bella, il sospiro di rose e di dolori, di una stanchezza che ostentaal sole il canto e brucia, accanto al sospirato amore. Di corpi immersi al vento e di languori, immensi come il cielo, vede l’immagine fugace e stanca. A larghe ondate gli si disperde la mente e della vita ormai non rimane che un corto soffio di decadenza; ogniondata, ogni respiro, trascina via con sé granelli di pensiero e di vita, come fa la risacca con la sabbia.

Nel momento in cui, al confine con la morte, la mente sta per abbandonare il corpo, il velo si squarcia: il passato, il presente, il futuro el’eterno si mescolano insieme senza limiti netti; immagini del passato si confondono col presente e, in una incomprensibile trascendenza dalla realtà, anche col futuro e col possibile. Travolto il limite, tutto decade.Ora, morente sul suo letto, anche lamentesi disperde nel buio, galleggia in un oceano di niente.

Una nebbia senza luce lo avvolge, e immagini di combattimenti, guerre, morti, incendi e distruzione illuminano fiocamente la sua mente confusa, che sprofonda sempre più in un vuoto oscuro. Un barlumedi luce. Ora si allontana, ma non sparisce.Vede scene luminose di grandi palazzi e di campi coltivati che inondarono la sua mente, mescolandosi alle immagini oscure, oscillando tra il buio e la luce. Vede volti sorridenti di uomini, donne e bambiniche hanno lineamenti somiglianti ai suoi, che vivono in pace, che insieme leggono libri, che studiano la luna e le stelle, vede oggetti brillanti salire verso il cielo. Torna il buio, ma un raggio di luce scende verso di lui, sempre più luminoso, accecante ma dolce: una luce bianca che lo attira a sé, irresistibile, amica; un sentiero di luce e di pace. La sua mente si protende verso di esso con gioia infinita, sale alla luce; si sente accolto e sereno, in un’estasi senza limiti. Amato. All’improvviso, però, unostrappo improvviso. Un dolore lacerante frena l’ascesa della sua mente e si sente scaraventato di nuovo verso il buio. Vuole disperatamente tornare alla luce ma, come in un nuovo, doloroso parto, emerge per un istante nell’ombra crudele della sua tenda reale e vede un gruppo di suoi guerrieri, vede il suo primogenito a testa china, commosso come non lo aveva mai visto, gli occhi arrossati ed umidi, la bocca distorta in una smorfia che tenta invano di mascherare un’espressione di sofferenza interiore quasi ignota al suo volto; vede il proprio corpo rinsecchito, immobile sul suo letto, senza respiro. Tutto questo in un attimo. Poi si trova imprigionato in quel suo corpo immobile e, con un respiro profondo ed improvviso, spalanca gli occhi.

Vede il figlio che spalanca i suoi, di occhi, ed arretra sorpreso. Meraviglia, dolore, gioia. ‘Padre…’ inizia; parole di affetto che non aveva mai detto si accavallano nella sua mente, ma la voce non riesce ad esprimerle, non trova l’inconsueta via; alza una mano per toccare il volto del Re, ma si blocca; avvicina il viso per un inconsapevole desiderio di una carezza mai ricevuta, ma inconsciamente sempre anelata sin da quando era bambino. Lo guarda senza parole.

Il Re lo capisce; ora capisce tante cose. Troppo tardi, forse. ‘Figlio…’Con un grande sforzo, solleva il suo esile braccio ed apre lentamente la mano in una sconosciuta carezza al volto del suo erede, le dita secche come rami che sfiorano, in un leggero soffio di vento quasi inavvertibile, quel viso già scavato dalle rughe del tempo e delle responsabilità, solchi in una pelle asciutta come cuoio, in quel momento stranamente bagnata.

La voce del Re è un esile mormorio, anch’essa come un leggero soffio di vento nell’arida steppa. Un sommesso sussurro diparole mai dette. ‘Figlio mio, sii valoroso, ma anche generoso; non solo con gli amici ma anche con i nemici. Non desiderare solo la guerra ma anche la pace. Non vergognarti di amare. Come invece ho fatto io…

‘La mano ricade sul letto, un lungo respiro soffiafuori tutta l’aria e, con essa, la vita. Hunuill, il vecchio Re, è morto.

Il nuovo Re, Athal, figlio di Hunuil, figlio di Ostrogoth, il Primo Re di tutto il popolo Ostrogoto, lascia che le lacrime rivelino, senza nasconderlo, il suo sentimento.

 

 

 

 

 

Autore: Righi Luigi

 

 

 

 

Righi Luigi, di professione farmacista, è autore del romanzo ucronico “Il Regno di Tadinum”.

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