L’Inquisizione spagnola e i reati di eresia, poligamia, sodomia e bestialità

L’Inquisizione spagnola fu uno strumento di assimilazione delle minoranze recentemente convertite, ma ha anche “corretto” la concezione di cattolicesimo dei vecchi fedeli, punendo la poligamia e lo stupro, oltre alla bestemmia ed al sacrilegio, cioè l’ingiuria materiale fatta ad oggetti sacri, anche insegnamenti di catechismo e cristologia errati, ovvero i cosiddetti “eretici contro la propria volontà”, nonché reprimendo pratiche popolari pagane.

Il 7 aprile 1521, il Cardinale Adriano, che governava la Spagna in assenza di Carlo V, pubblicò il primo editto dell’Inquisizione contro Lutero. Era proibito leggere le sue opere e tutti gli esemplari dei suoi testi devono essere consegnate alle autorità. Però in Spagna il luteranesimo suscitava curiosità e i libri protestanti trovavano ampia circolazione dal confine francese. A ciò si aggiungeva grande confusione sul tema. Nel 1523 fu arso a Maiorca Gonzalvo el Pintor, considerato luterano perché non andava a messa, altri furono tacciati di eresia per critiche alla decima, alle preghiere o ad alti prelati. Di Lutero probabilmente non sapevano nulla. Il primo vero luterano spagnolo fu forse Francisco de San Roman, mercante convertito a Brema che tentò a sua volta di convertire pure Carlo V, a Ratisbona. L’imperatore lo fece arrestare e lo spedì all’Inquisizione spagnola. Rifiutatosi ad ogni ritrattazione morì sul rogo. Era il 1520.

A partire dal 1557 furono individuati dei focolai protestanti all’interno del paese, a Siviglia, a Valladolid, a Toledo. Si ricorse agli autodafé che prima erano usati per giudeizzati e maomettizzati.

A partire dalla metà del Cinquecento l’Inquisizione protesse il matrimonio monogamico in un contesto in cui la poligamia di fatto era possibile, consolidando la proibizione del divorzio e del concubinaggio e la condanna dell’adulterio, quindi della prostituzione. Lo fece

con un certo ritardo perché solo col Concilio di Trento si affermano principi che oggi appaiono basilari, come l’indissolubilità e gli impedimenti del matrimonio e solo allora si definirono in modo preciso le modalità con cui contrarre un’unione matrimoniale.

Bigamia e poligamia appartenevano a giudaismo ed islamismo, ma non apparvero collegate all’apostasia e vennero punite con pene decisamente lievi. Sodomia e bestialità vennero, invece, punite assimilando la spietatezza delle condanne dell’Antico Testamento. Questi reati avvenivano per strada, spesso i vagabondi violentavano i bambini, nelle campagne, nei conventi, in famiglia. La castrazione dei sodomiti era già prevista dal Concilio di Toledo del 693; il Fuero Real del XIII secolo prevedeva evirazione e morte, parimenti accadeva per chi aveva praticato sesso con bestie; le Partidas di Alfonso X risparmiavano chi aveva subito la sodomizzazione con violenza e i ragazzini inferiori ai quattordici anni; le prammatiche del 1497 considerarono questi delitti come “delitto di eresia o lesa maestà” e introdussero il rogo e la confisca dei beni, tuttavia nella pratica pare che la garrota sostituì spesso le fiamme.

E’ però da notare che l’Inquisizione e le esigenze della monarchia spagnola si integrarono sempre, così, nel 1572, dopo Lepanto, e per molti anni, le condanne a morte per eresia, sodomia e bestialità furono sistematicamente commutate in pene alle galere, parimenti le pene dei poligami. Allo stesso modo, nel 1604, stabilita la pace con l’Inghilterra, il Santo Uffizio sospese le cause contro gli inglesi.

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

Bibliografia: Bartolomé Bennassar, Storia dell’Inquisizione spagnola dal XV al XIX Secolo

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