L’Operazione Opera

Alla fine del 1970, a seguito dell’acquisto da parte degli irakeni di un reattore nucleare francese di classe “Osiride”, i servizi segreti israeliani sospettarono che Saddam Hussein volesse dare inizio ad un programma militare per lo sviluppo di armi nucleari. Fu così che maturò l’Operazione Opera.

A seguito di vari report dell’intelligence sullo stato di avanzamento della costruzione del nuovo sito nucleare, le IDF israeliane decisero che era essenziale distruggere il reattore prima che questo fosse caricato con combustibile nucleare, al fine di minimizzare gli effetti della distruzione del reattore sulla popolazione civile.

I pianificatori presero in considerazione solo un’azione condotta da aerei da combattimento e il problema principale che dovettero prendere in considerazione era il fattore distanza; infatti le basi militari israeliane e il sito del reattore erano separati da oltre 1600 chilometri il che significa che gli aerei che sarebbero stati impegnati nell’operazione non avrebbero avuto possibilità di un facile rifornimento visto che avrebbero dovuto penetrare in spazio aereo “nemico” sorvolando Arabia Saudita e Iraq.

Dopo molte discussioni, e tenendo in considerazione che l’intelligence israeliana non poteva garantire accurate informazioni sullo stato delle difese contraeree irachene, i militari israeliani conclusero che l’attacco sarebbe stato condotto da una formazione di aerei da combattimento multiruolo F-16A “Falcon” dotati di serbatoi di carburante (due subalari di 1.400 litri e uno ventrale da 1.100 litri), ed armati con bombe “stupide” a caduta libera Mk84 (peso nominale di 2 000 lb, – 908 kg) scortati da una formazione di aerei da superiorità aerea F-15A “Eagle” dotati anch’essi di serbatoi e armati di missili AIM-9 Sidewinder e AIM-7 Sparrow.

L’operazione Babilonia (chiamata anche operazione Opera, in ebraico מבצע אופרה, Mivtza) fu lanciata il 7 giugno 1981 e il gruppo d’attacco era composto da otto F-16A, i velivoli 107, 113, 118, 129, del “117 Squadron” e dal 239, 240, 243 e 249 del “110 Squadron”, ciascuno con due bombe Mark-84 scortati da sei caccia F15; la formazione partì dalla base aerea di Etzion e, volando a 800 metri dal suolo, penetrò nello spazio aereo tra la Giordania e Arabia Saudita utilizzando codici di identificazione dei paese sorvolati (recuperati dal Mossad).

Dopo aver raggiunto lo spazio aereo irakeno, e aver sganciato i serbatoi di carburante ormai vuoti nel deserto arabo, la formazione si divise; gli F16, scortati da due F15, continuarono il volo verso l’obiettivo ad una quota di 30 metri dal suolo mentre i restanti quattro F15 si dispersero nello spazio aereo irakeno con il compito di confondere gli addetti radar della Difesa Aerea.

A 20 km dalla struttura del reattore di Osiraq la formazione di F16 salì a 2.100 metri puntando sulla centrale nucleare; a 1.100 metri dall’obiettivo gli F-16 iniziarono a sganciare le bombe Mark 84 a coppie, a intervalli di 5 secondi.

Secondo la relazione di Israele, tutte le sedici bombe, a meno di due che non esplosero, colpirono e distrussero la struttura del reattore; quando la difesa antiaerea irachena, presa alla sprovvista, aprì il fuoco gli aerei salirono ad una altitudine di 12.200 metri e tornarono in Israele.

Nessun aereo israeliano fu danneggiato dall’antiaerea a difesa della centrale ma nell’attacco rimasero uccisi dieci soldati iracheni e uno scienziato francese.

L’Assemblea Generale dell’ONU, spinta dai francesi a causa della morte del proprio connazionale, condannò Israele con la risoluzione n. 36/27 del 13 novembre 1981 descrivendo il bombardamento come un atto di aggressione premeditato e senza precedenti, e chiedendo a Israele di pagare un rapido e adeguato indennizzo per i danni e le perdite di vite umane che aveva causato; la stessa risoluzione ammonì Israele di astenersi dal continuare con simili operazioni in futuro.

Uno dei piloti di F16 della formazione d’attacco era Ilan Ramon che in seguito sarebbe diventato il primo astronauta israeliano che perì il 1° febbraio 2003 nel disastro della Space Shuttle Columbia; al momento dell’attacco era il più giovane dei partecipanti a due settimane di distanza dal suo 27° compleanno.

 

 

 

Autore: Federico di Miceli

Bibliografia: M. Rubinstein e R. Goldman, The Israeli Air Force Story; A. Frediani, Guerre e battaglie del Medioriente nel XX Secolo; S. Dunstan, La guerra dello Yom Kippur : il conflitto arabo-israeliano del 1973; S. Katz, Le Forze di Difesa Israeliane dal 1973; G. Rottmann, Gli eserciti della Guerra del Golfo; S. Beltrame, Storia del Kuwait; A. Bin, R. Hill e A. Jones, Desert Storm a forgotten war

Federico Di Miceli è tenente colonnello in servizio effettivo. Appassionato di storia militare e di veicoli corazzati, ha prestato servizio in Bosnia, Kosovo, Albania e Afghanistan.

 

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