Lorenzo De Conciliis, profilo di un liberale irpino
Carlo Belviglieri, in Storia d’italia dal 1814 al 1866, riporta: “Il prete Minichini, che già con ardenti discorsi aveva più volte scossi ed esaltati gli spiriti dei soldati, con una ventina di Carbonari unissi a quelli, ed insieme marciarono sopra Avellino, nella speranza di attirare popolo e guarnigione. Trovavasi colà il luogotenente colonnello Lorenzo De Conciliis, capo dello stato maggiore di Pepe, il quale, saputa la alzata d’insegne e la marcia, che gli sembrava prematura, fece dire al Morelli, di cui amicissimo era, sostasse un giorno a Mercoliano, per dargli tempo di preparare le proprie milizie a secondare quelle di Nola. Date infatti sue disposizioni, recossi in persona a concertarsi con Morelli e con Minichini, e scrisse una lettera al generale Colonna, per prevenirlo che allo indomani le truppe sarebbero entrate in Avellino per giurare nel nome di Dio fedeltà al re ed alla Costituzione. Lo stile della lettera era imperativo, il messaggiero chiedeva risposta, e subito. La città era agitata, le autorità non potevano contare sopra forza veruna da opporre, perchè la guarnigione, composta di trecento uomini del reggimento Sannita, erasi già pronunciata la sera innanzi. Il giorno tre, all’albeggiare, avendo il De Conciliis riunito le milizie, di concerto col Morelli, cavalcò verso Avellino, preceduto da uno stuolo di Carbonari, portando alla testa le bandiere coi tre colori della setta. La truppa andò loro incontro, e tutti insieme entrarono nella città, fra le acclamazioni della moltitudine.Le autorità, che erano riunite all’Intendenza, furono esortate dal Morelli a decidersi per la causa costituzionale; il che ottenuto, modesto quanto animoso, rassegnò il comando a De Conciliis, che fu acclamato il Quiroga napoletano; la giornata ebbe termine col giuramento di combattere per la libertà”.
La ricostruzione operata dalla Gran Corte Speciale di Napoli che lo condannò alla pena di morte (“col terzo grado di pubblico esempio”), riferisce: “L’accusato ex Tenente-colonnello Lorenzo de Conciliis era d’intelligenza col Menichini: lo sollecitò con messi alla esecuzione della cospirazione già tra loro stabilita: e quando la masnada dei ribelli fu giunta in Monteforte, si abboccò egli con Morelli nelle vicinanze di Mercogliano, e lo incoraggiò alla ribellione: procurò ai ribelli provenuti da Nola una buona accoglienza in Mercogliano, e Monteforte; essendo come Capo dello Stato Maggiore il Luogotenente dell’ex Generale Pepe, diè ordine per la riunione dei Militi alla ribellione; cavalcò pel circondario di Avellino accendendovi il fuoco della rivolta; diede indi mano all’entrata dei ribelli in Avellino medesimo; esautorò, e mise colle guardie in casa il fedele Intendente della provincia marchese di S. Agapito, istallando in di lui luogo il Segretario generale Lucente; che era immischiato nella congiura. Mediante il piano, che gli formò l’ex Tenente del Genio Giuseppe de Donato, fortificò le gole del Gaudo, e quindi lo spedì in Foggia per sovvertire anche la Provincia di Capitanata. Egli il de Conciliis dichiarò Avellino Quartier generale dei così detti Costituzionali; prese il comando supremo de’ribelli, che poi rassegnò all’ex Generale Pepe, e venne con essi in questa Capitale, ove fu uno de’ membri della Commessione creata per distribuire premj, ed onori a quei ribelli, che eransi contraddistinti nella ribellione. Fu fatto Comandante del Castello di S. Eramo, e la circostanza porto, che fosse sopraccaricato di onori. Prima del giorno sei Luglio, mantenne manifesta corrispondenza col reo contumace accusato ex Generale Michele Carrascosa per mezzo dei parlamentarj , che costui gl’inviava. Finalmente all’approssimarsi l’Armata Austriaca a questa Capitale scomparve dal Regno”.
Autore articolo: Angelo D’Ambra