Mulini, acqua e farina nella Napoli spagnola
Le vedute mostrano bene i tanti mulini a vento presenti in tutto il litorale urbano di Napoli nel Cinquecento. Cronachisti e studiosi ne hanno individuato numerosi anche all’interno, sotto le arcate del ponte della Maddalena, sia a vento che ad acqua, ed ancora almeno una trentina ve ne erano, ad acqua, nelle aree paludose di Poggioreale. Macinavano il grano della città, ma non furono sufficienti al suo accresciuto fabbisogno. Il viceré Raimondo de Cardona, in un grande tentativo di rilancio dell’industria molitoria ed assicurare grano alla crescente popolazione, assegnò metà del flusso idrico ai proprietari dei mulini, ma la situazione non migliorò. Nel 1556, col consenso del viceré, il duca d’Alba, furono così stipulati accordi coi proprietari dei mulini di Sarno e, più tardi, negli anni del Conte di Lemos, furono edificati tre nuovi mulini all’altezza di Porta Capuana, Porta Nolana e Porta del Carmine.
In quella città ve ne erano otto, cinque del conte di Sarno, Vincenzo Tuttavilla, due della mensa vescovile ed uno del monastero di San Martino di Napoli. Per risolvere il problema degli alti costi di spostamento del grano e della farina tra Napoli e Sarno, il Tuttavilla e suo figlio Muzio concepirono l’idea di portare l’acqua della sorgente di Santa Maria della Foce, a Sarno, sino a Torre Annunziata, attraverso un canale artificiale che fu detto “fosso del conte”. Il progetto si completò con l’avallo del nuovo viceré Juan de Zuniga ma nacque una inaspettata disputa. Il conte di Celano temeva per i suoi mulini in località Bottaro, presso Scafati, e pure monsignor d’Acquino si oppose per conto della mensa vescovile.
Fu Domenico Fontana a sciogliere la diatriba: “Si disputava se la detta acqua poteva venir dalla foce di Sarno alla Torre dell’Annunziata per far diversi molini, e anco si litigava tra il Conte di Sarno, e il Conte di Celano padrone di Scafato, qual vi ha undici molini, e doi valchiere, se levando la’cqua dal fiume che fa macinare detti molini, e di Scafato per far questi molini alla Torre dell’Annunziata haveria apportato danno a detti molini di Scafato, e perciò il Sacro Consiglio ordinò al Signor Fulvio di Costanzo all’hora consigliero regio ,e hoggi Regente di Cancelleria, e al Signor Consigliero Montoja insieme con esso me che dovessimo andare a vedere detta differenza, e veduta che l’hebbero mi ordinorno detti Signori che sopra di ciò ne facessi relazione, come feci dicendo che detta acqua si poteva condurre benissimo alla Torre del Annonziata , e che non haveria impedito la macina alli molini di Scafato, poichè questo fiume è grossissimo, e che facendo questa impresa haveria apportato grandissimo utile a questa città, poichè avevo veduto, che in questo paese si pativa grandemente di macinare, bisognando mandare molto lontano, con grandissimo danno e spesa della città”.
Ma, ottenuti i permessi e costruito il canale, Muzio Tuttavilla ebbe bisogno del Fontana per rivedere il progetto perchè l’acqua “più tosto tornava in dietro, che andava avanti”. Alla morte del conte, Domenico Fontana portò a termine i lavori necessari a rendere efficiente il canale. L’ingegnere stesso scrisse: “l’opera è riuscita bellissima, e utilissima a questa Città di Napoli, essendo li detti mulini li più comodi, e più vicini alla città di tutti li altri, macinando mille cinquecento tumoli di grano in ventiquattro hore e forsi più, e si possono condurre per terra e per mare secondo che corrono li tempi”. Nel frattempo però il carico di debiti occumulati dai Tuttavila era divenuto insostenibile, e, nel 1601, gli Eletti – e dal 1609 il Sacro Regio Consiglio – presero in gestione gli otto mulini dell’area. Era anche sorta, per ordine del vicerè Enrico de Guzman, conte di Olivares, la Dogana della Farina, presso il Mandracchio, a Napoli, un grande magazzino edificato dal Fontana per concentrarvi le farine prima della distribuzione ai panificatori.
Nuovi sforzi per aumentare il grano di Napoli portarono il Conte di Lemos ad affidare all’architetto Alessandro Ciminelli la costruzione di un nuovo canale che, sfruttando la sorgente di località La Preziosa, limitrofa alla piana di Volla, andò ad alimentare tre nuovi mulini eretti nel fossato delle mura orientali, all’altezza di Porta Capuana, Porta Nolana e Porta del Carmine. L’opera fu inaugurata il 25 novembre del 1615.
Il nuovo canale, muovendo da Volla, giungeva, per un lungo tratto sia all’aperto che sottoterra, tramite archi e pilastri, sino a Napoli, entrandovi nel tracciao dell’odierna via Foria, per arrivare ai nuovi tre mulini che procurarono all’erario una rendita annua di quarantamila ducati e, in larga parte, risolsero il problema dei prezzi maggiorati che la farina taccava in inverno, quando la navigazione era impedita dalle avverse condizioni del mare e risultava difficile portare il grano alle macine di Torre Annunziata.
Autore articolo e foto: Angelo D’Ambra
Bibliografia: G. Fiengo, L’acquedotto di Carmignano e lo sviluppo di Napoli in età barocca