Nelle terre dei profumi e dei veleni
Il nostro collaboratore Alessandro Pellegatta ha appena completato la scrittura di un nuovo volume, che verrà edito dalla Luni editrice di Milano e avrà una prefazione del prof. Francesco Surdich, uno dei massimi esperti italiani della storia dell’esplorazione e coloniale del nostro paese. Il volume si intitola Nelle terre dei profumi e dei veleni. Esploratori italiani dell’Ottocento nel Sud Est asiatico e ricostruisce l’affascinante percorso degli esploratori italiani che, a cavallo tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, esplorarono il Far East, questa remota regione del mondo, proprio in un periodo storico in cui l’Italia stava guardando all’Africa. Oltre a Odoardo Beccari, si avventurarono con lui in questa remota area del mondo altri esploratori italiani che oggi sono in pochi a ricordare; Giacomo Doria, Luigi Maria d’Albertis, Enrico Alberto d’Albertis, Elio Modigliani, Giovanni Battista Cerruti e Lamberto Loria. Dettero addio alla “civiltà” attratti irresistibilmente dalla foresta, che come scrisse Beccari “[…] ispira più timore dell’oceano e del deserto […]: nella foresta più si avanza e più sembra che il mondo si chiuda dentro di noi”. Quasi ignorati dalle nostre autorità governative, seppero avventurarsi per amore di scienza e di conoscenza, sfidando rischi di ogni genere e malattie, affrontando l’ignoto e scrivendo pagine importanti della crescita scientifica e culturale del nostro paese, contribuendo altresì alla nascita di alcune scienze che all’epoca erano ai primordi, come l’antropologia e l’etnografia.
L’Italia di quegli anni, si è già detto, guardava soprattutto all’Africa: nel 1869, anno dell’apertura del Canale di Suez, Raffaele Rubattino aveva rilevato la baia di Assab e nel 1885 saremmo sbarcati a Massaua. Ma questi esploratori seppero guardare altrove, e senza particolari aiuti esterni affrontarono territori lontanissimi e quasi sconosciuti per amore di scienza e di conoscenza.
Parlare dei nostri esploratori in queste terre lontane non appartiene solo alla storia, ma ci potrà aiutare ad avere maggiore conoscenza e rispetto per il mondo che dobbiamo salvare e per il futuro che dobbiamo costruire. Beccari vide nel Borneo il luogo della foresta-rifugio, un’oasi di salvezza, e come Thoreau anelò a un’esperienza primitiva, sopportando la solitudine e i pericoli con leggerezza, cercando la comunione con la natura. Oggi, pensando a lui e agli esploratori italiani citati in questo volume, abbiamo il dovere di preservare quello che rimane di questa natura selvaggia di questi luoghi e, con essa, la nostra umanità.
Nel loro arduo e spesso irrisolto compito di esplorare e di penetrare l’ignoto, nelle difficoltà oggettive di conoscere e comprendere ciò che era sconosciuto e diverso, e nel coraggio con cui affrontarono disagi e malattie, sta tutto il fascino di questi studiosi-esploratori che vengono raccontati nel volume, attratti dai “profumi” e dai “veleni” di terre lontane, da un altrove che da mito divenne progressivamente realtà conosciuta (per poi essere nuovamente mitizzato e sublimato nelle pagine di Emilio Salgari).
Oggi la Nuova Guinea e le foreste di tutto il Sud Est Asiatico sono aggredite, come quelle dell’Amazzonia (dove operò un altro grande esploratore italiano, Ermanno Stradelli, oggi dimenticato dai più) dalla deforestazione illegale. La rapina delle terre (land grabbing) costituisce la prima causa documentata di violazione delle leggi. Milioni di ettari di foreste umide sono concesse in licenza per la “conversione” in piantagioni su scala industriale e per creare allevamenti di bestiame, con sistematica distruzione della biodiversità e messa in pericolo delle popolazioni indigene. Nella seconda isola più grande del mondo, la Nuova Guinea, irrimediabilmente ai margini dell’atlante, le popolazioni indigene sono ancora impegnate in una lotta mortale contro i governi centrali e nella difesa di uno degli ultimi habitat realmente vergini.
Parlare pertanto dei nostri esploratori in queste terre lontane non appartiene solo alla storia, ma ci potrà aiutare ad avere maggiore conoscenza e rispetto per il mondo che dobbiamo salvare e per il futuro che dobbiamo costruire. Beccari vide nel Borneo il luogo della foresta-rifugio, un’oasi di salvezza, e come Thoreau anelò a un’esperienza primitiva, sopportando la solitudine e i pericoli con leggerezza, cercando la comunione con la natura. Oggi, pensando a lui e agli esploratori italiani citati in questo volume, abbiamo il dovere di preservare quello che rimane di questa natura selvaggia di questi luoghi e, con essa, la nostra umanità.
Autore articolo: Luigia Maria de Stefano