Ascoli Piceno, il porto della discordia

Nel 1211 l’imperatore Ottone IV riconobbe a Fermo i diritti sulla costa dal fiume Potenza sino al Tronto. Nel 1245, però, Federico II li concesse ad Ascoli Piceno. Non poté che scoppiare un’astiosa guerra tra le due città.

Nel 1323 la scelta dello Svevo fu confermata da Papa Giovanni XXII che premiò così la città che l’aveva difeso dalla ribellione di Fermo togliendo ben nove castelli ai nemici. Il pontefice acconsentì a che Ascoli si dotasse di un porto fortificato capace di accogliere nello Stato Pontificio le navi e le merci che si muovevano lungo le sponde dall’Adriatico. A tal fine, Giovanni XXII guidò le ambasciate che condussero all’accordo di pace, nel 1326, con Venezia. Alla regina dell’Adriatico era garantita la libera circolazione nel territorio ascolano, mentre Ascoli ottenne il diritto ad esportare prodotti nella laguna veneta.

Il porto sorse sotto la Rocca di Monte Cretaccio, forte di due torri d’avvistamento e sette torrioni. Una vera e propria fortezza difficile da espugnare. L’anno dopo, infatti, i fermani tentarono un attacco a sorpresa, ma, gli ascolani, informati da spie, riuscirono a respingerlo restando ben chiusi nelle fortificazioni che avevano eretto.

Fu solo nel 1349 che quella fortezza, al termine di un aspro assedio durato oltre un mese, fu presa e distrutta. Protagonista dell’assedio furono le truppe fermane guidate di Gentile da Mogliano, eletto capitano generale. Fu l’atto che segnò le fortune del condottiero, acclamato gubernator honoris populi et communis firmi. Ciò che resta della fortezza è una torre collocata nella villa dei Marchesi Laureati. La torre appare maestosa, a base quadrata, con beccatelli e piombatoi, costituita in muratura a sacco con paramenti esterni ed interni in laterizio, e ben testimonia quanto dovesse essere massiccia la fortezza.

Ascoli, in tutta risposta, s’affidò invece a Galeotto Malatesti, signore di Rimini, che sconfisse Gentile ripetutamente. Nel novembre del 1348 l’esercito ascolano si scontrò con quello fermano a San Severino. Quest’ultimo, sconfitto, abbandonò il campo lasciando nelle mani del nemico molti prigionieri e vettovaglie. Galeotto Malatesti attaccò e i castelli di Marano, Castignano, Corridonia e Carassai, infine inflisse una umiliante sconfitta a Gentile da Mogliano a Civitanova, catturando suo figlio Ruggiero e inducendolo a chiedere la pace.

Nel 1351 le due antiche rivali stipularono così un accordo che lasciò il porto ad Ascoli, ma consentì ai fermani il suo impiego.

Autore articolo: Angelo D’Ambra

 

Bibliografia: F. A. Marcucci, Saggio delle cose ascolane

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Un pensiero su “Ascoli Piceno, il porto della discordia

  • 17 Febbraio 2023 in 18:46
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    Galeotto Malatesta, no Malatesti!!!

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